Da Vincenzo Vinciguerra ricevo e pubblico questo ulteriore contributo sulle sue recenti – e finora vittoriose – controversie giudiziarie. Naturalmente, ci tengo a precisare che la responsabilità dei contenuti dei suoi articoli è di esclusiva pertinenza dell’autore, e non del sottoscritto che quegli articoli pubblica. Buona lettura!
E TRE
Di Vincenzo Vinciguerra
Non è vero che la vita in carcere sia monotona, non la mia almeno, perché punteggiata dai sabotaggi processuali dell’ufficio matricola del carcere di Opera e dal comportamento ostile (a mio onore) dei secondini, ma anche perché vivacizzata dalla persecuzione giudiziaria intrapresa da anni dai figli di Paolo Signorelli, Luca e Silvia.
I due agiscono di concerto ma è la femmina, Silvia, che si è esposta presentando ben quattro (ripeto, quattro) querele per diffamazione nei miei confronti, colpevole – dice – di aver definito il padre un collaboratore dei servizi segreti.
Dicevo, quattro querele. Nell’ordine: una a Milano, una a Verona, una a Bologna e una a Viterbo.
Si potrà convenire che persone normali che si ritengono offese per certe dichiarazioni alla stampa sono solite presentare una querela per diffamazione accettando, poi, il verdetto del giudice.
Silvia Signorelli è una persona normale, sia chiaro, ormai anziana, che dopo alcuni decenni si è accorta che deve difendere la memoria del padre offesa dalla collaborazione con gli apparati di sicurezza, che io affermo da quarant’anni, però ne ha presentate quattro, il che fa ritenere che l’obbiettivo del suo agire non sia quello di tutelare la memoria del padre defunto ma altro, non specificato.
Sono amici, i fratelli Signorelli, di Valerio Fioravanti, il “sociopatico con tendenze paranoicali”, come lo ha definito la perizia psichiatrica alla quale è stato sottoposto nel 1981, autore del massacro alla stazione ferroviaria di Bologna del 2 agosto 1980 e, non a caso, è proprio nelle sentenze per quella strage che i giudici bolognesi definiscono Paolo Signorelli, “inequivocabile e apprezzato collaboratore del Sid”.
Il sospetto che quattro querele servano per trovare un giudice, anche uno solo, disposto a negare la verità da me affermata per dare poi a loro il modo per insinuare il dubbio sulla veridicità delle conclusioni alle quali è pervenuta la magistratura bolognese è legittimo.
Crollata la favola dello “spontaneismo” dei “ragazzini” dei Nar, seppellita la menzogna della “pista palestinese”, ora Valerio Fioravanti, amici e protettori, cercano un pretesto, uno qualunque, per riprendere l’attacco alla magistratura, tanto più – ma questo non lo dicono – che io ho sempre sostenuto la responsabilità del “sociopatico” e dei suoi colleghi nell’eccidio del 2 agosto 1980, a Bologna.
Il fine è evidente: si parte da Signorelli per arrivare alla strage, da un episodio minore a quello principale.
I sogni di gloria dei fratelli Signorelli, per ora, si sono infranti: la prima querela, presentata a Milano, è stata archiviata dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, perché infondata; la seconda, esaminata a Bologna, mi ha visto assolvere, il 17 gennaio 2024, perché “il fatto non sussiste”; la terza, è giunta a conclusione ieri, 4 giugno, con la mia assoluzione perché “il fatto non sussiste”.
Il bilancio per la querelante, il fratello e gli amici è sconfortante: un’archiviazione e due assoluzioni con formula piena.
Rimane a costoro l’ultima spiaggia, la querela presentata a Viterbo per un’intervista concessa a “Report” nel mese di gennaio del 2022, ad Opera.
La competenza sarebbe stata della procura della Repubblica di Milano ma Silvia Signorelli, memore dell’archiviazione della prima querela, ha scelto di presentarla a Viterbo.
Il rinvio a giudizio lascia perplessi, perché nella querela si mente con disinvoltura scrivendo che avrei affermato che Valerio Fioravanti “intratteneva rapporti” con Signorelli, che “collaborava con i servizi segreti italiani all’epoca della strage di Bologna del 2 agosto 1980, lasciando intendere che vi fosse un coinvolgimento di Signorelli nell’evento delittuoso”.
Ora, i rapporti di Signorelli con Fioravanti, a Roma, erano e sono il classico segreto di Pulcinella e, inoltre, i due li hanno entrambi ammessi in sede giudiziaria, quindi non si comprende dove sia la diffamazione.
I rapporti di Paolo Signorelli con i servizi segreti risalgono a data di gran lunga anteriore a quella del 2 agosto 1980 e ne fanno testo non solo le mie affermazioni ma gli esiti degli accertamenti svolti dalla magistratura.
Rimane la terza parte, quella in cui si afferma che avrei lasciato intendere il coinvolgimento di Signorelli nell’eccidio del 2 agosto 1980, a Bologna.
In pratica, la querela si fonda non su una mia affermazione ma sull’interpretazione di una o più delle mie affermazioni da parte di Silvia Signorelli e amici.
Nessun commento sull’agire di personaggi sui quali non vogliamo infierire dopo le tre batoste processuali che hanno subito, ma è lecito chiedersi come ha fatto una procura della Repubblica a rinviarmi a giudizio per una interpretazione della querelante.
Vorrà dire che per i pubblici ministeri di Viterbo non le affermazioni ma le loro interpretazioni sono meritevoli di un processo.
Strano.
Ed è strana anche la conoscenza del procedimento penale da parte di secondini dell’ufficio atti interni di questa casa chiusa nel mese di maggio del 2022, uno dei quali voleva ad ogni costo indurmi a nominare un avvocato difensore.
Strano, perché io del procedimento penale di Viterbo ne sono venuto a conoscenza nei primi giorni di giugno del 2023, quando mi è stata notificata la chiusura delle indagini (quali?).
La lettera inviata da me alla procura della Repubblica per chiedere conferma o smentita dell’esistenza di un procedimento penale a mio carico, nel mese di maggio del 2022, e spiegazioni sul comportamento dei secondini di Opera non ha ottenuto risposta.
Ne riparleremo.
In conclusione, per ora ci bastano tre vittorie, senza fare previsioni su un’eventuale quarta.
Non è una battaglia che si avvia alla conclusione, quale che sia l’esito, ma che continua, ad esempio riparlando dell’omicidio del giudice Vittorio Occorsio.
Magari, in questo modo, gli darò modo di fare altre quattro querele anche se, visto l’argomento, ho i miei dubbi sulla loro possibilità di farle.
Opera, 5 giugno 2024
Carissimo Vincenzo,ti ammiro da sempre per il tuo coraggio e per la tua onestà intellettuale,ma anche per la forza con cui stai affrontando il carcere! Quei delinqienti pagheranno per i loro misfatti oltre questa vita.Io sono stato un fascista intellettuale,inizialmente iscritto ad Ordine Nuovo,ma ho presto capito chi manovrava qusesti poveretti da oltre confine,come pure fa intuire il delinquente Pierluigi Concutelli,ho conosciuto Ciccio Mangiameli ed altri professionisti,ora deceduti alcuni anche in modo tragico(Martinelli insegna).Così ho presto abbandonato la frequentazione di questi assassini in giacca e cravatta.Sto scrivendo un libro in proposito,ti può interessare?Coraggio per la tua opera che è anche il tuo riscatto.Vincenzo Ruffino(di Palermo).
Buonasera.
Il libro può interessare a me.
Un mio zio, morto relativamente giovane circa 30 anni fa, era organico di quegli ambienti.
E su di essi, mi piacerebbe saperne di più.
Grazie.
Gentile Sig. Vinciguerra, io da quel che ho letto su Peteano, non ho capito le seguenti cose fondamentali che spero Lei voglia chiarirmi :
– la bomba nella macchina la mise Lei ?
– chi vi aveva dato quella bomba ?
– l´esplosivo era C4 ?
– proveniva dal nasco di Aurisina sì o no ?
– altrimenti, da dove proveniva e chi ve lo aveva dato ?
La ringrazio di cuore dell´aiuto,
cordiali saluti,
Giorgio Morra.
Gentile signor Morra,
innanzitutto preciso che Vinciguerra non può rispondere alle sue domande in quanto, da recluso in condizioni molto particolari, non ha accesso ad un computer. Quanto al resto, è da una vita che Vinciguerra ha risposto ad interrogativi come quelli da lei posti. Ha dettagliatamente ricostruito la dinamica dell’attentato di Peteano nel suo libro “La strategia del depistaggio”, pubblicato nel 1994. Inoltre, in successivi e innumerevoli articoli, ha sempre smentito che l’esplosivo da lui utilizzato fosse C4 e che provenisse dal nasco di Aurisina.
Grazie gentile Sig. Carancini,
mi scuso di non aver letto il libro di Vinciguerra, mi riprometto di farlo quanto prima se riesco a reperirlo.
Spero di non abusare della Sua cortesia e disponibilità, se Le chiedo ancora nel frattempo :
– se non era C4, cos´era ?
– se non proveniva dal nasco, da dove proveniva ?
– chi lo aveva dato a Vinciguerra ?
– lo aveva avuto gratis o lo aveva pagato, e con quali soldi ?
– Vinciguerra all´epoca era latitante/clandestino, o lavorava ? Se clandestino, chi lo finanziava ?
– la strage di Peteano fu iniziativa autonoma di Vinciguerra, Ciccuttini e Boccaccio, oppure ebbe mandanti in Ordine Nuovo od altrove ? Se mandanti ebbe, chi furono ?
Grazie ancora e cordiali saluti,
GM
Vinciguerra ha sempre detto che l’esplosivo utilizzato a Peteano era esplosivo da cava, che lui si procurò sottraendolo da una cava. All’epoca, non era né latitante né clandestino. La strage di Peteano fu un’iniziativa autonoma.
Molte grazie.