Vincenzo Vinciguerra: Una storia diversa

UNA STORIA DIVERSA

Di Vincenzo Vinciguerra

Ricevo e leggo il libro pubblicato dalla Casa editrice “Effepi”, “Belzec, Sobibor, Treblinka: Un’antologia revisionista”, a cura di Andrea Carancini.

Non è controstoria, perché una persona dell’onestà intellettuale e della preparazione storica di Andrea Carancini non mette in dubbio la persecuzione nazista degli ebrei, così come fanno gli storici di cui pubblica articoli e saggi.

Democratico e antifascista, Andrea Carancini, insieme a tanti altri, coglie nella narrativa ufficiale della persecuzione degli ebrei una mole impressionante di testimonianze contraddittorie che gli storici ufficiali preferiscono non analizzare criticamente, perché timorosi di essere accusati di “negazionismo”.

In realtà, qui nessuno nega niente ma si pone alla ricerca di una verità che sia lineare, confortata da testimonianze concordanti e convergenti, da dati scientifici inoppugnabili, in modo da consegnare alla storia e agli uomini una verità che non sminuisca la gravità di quanto accaduto ma la riporti alle sue reali dimensioni.

Gli storici che dissentono dalle verità ufficiali cercano un confronto che non viene accettato perché la Shoah, come la chiamano gli ebrei, è divenuta nel tempo l’arma più efficace per zittire quanti potrebbero criticare lo Stato di Israele.

Non è, quindi, una verità storica quella che viene ufficialmente affermata ma una verità politica posta al servizio dello Stato ebraico e dei suoi interessi.

Tanto è vero che si è giunti a fare del presunto – ma inesistente – “negazionismo” un reato penale da punire addirittura con il carcere, scelta che ci riporta ai tempi della Santa Inquisizione.

Non è negare chiedere di accertare se risponde a verità quanto testimoniano persone che hanno tutto l’interesse di distorcere la verità su quanto hanno visto e vissuto per i vantaggi personali che ne ricavano, e la certezza che a nessuno sarà data la possibilità di contraddirli.

Non è negare se si chiede di verificare l’esistenza di camere a gas nei campi di concentramento tedeschi, di forni crematori, di come funzionavano, con quale tipo di gas ecc. ecc.

Non lo è perché le contraddizioni sono tali e tante che gli storici, degni di questo nome, avvertono il diritto e il dovere di fare verifiche per giungere ad una verità senza aggettivi.

Nella storia dei campi di concentramento tedeschi manca, ad esempio, il capitolo relativo ai “kapò”, alle loro attività, alle loro responsabilità nelle vessazioni subite dai prigionieri, e molti di loro erano ebrei ai quali nessuno ha mai chiesto di testimoniare su quanto hanno visto e su quanto hanno fatto.

E, poi, ci sono i numeri dei morti.

Anche in questo caso l’accertamento è reso impossibile perché la cifra di 6 milioni di ebrei uccisi non può essere messa in discussione, pena la galera.

E perché bisogna accettare una cifra stabilita unilateralmente dai vincitori della Seconda guerra mondiale soprattutto quando è provato che Israele è stata costruita con il denaro che la Germania federale ha versato per ogni ebreo morto?

È una domanda, non una smentita.

Una domanda legittima, insieme a tante altre che storici pongono senza avere sentimenti antisemiti, senza alcuna avversione nei confronti del popolo ebraico, perché fanno solo il loro dovere di storici non di politici schierati da una parte o dall’altra.

È innegabile che la storia la scrive chi vince ma è legittimo che a distanza di decenni ci siano persone oneste che cercano di chiarire quello che è rimasto oscuro, di scoprire quello che viene taciuto, rivendicando il diritto di non farsi asservire da una propaganda che pretende di essere storia.

Ristabilire la verità sarebbe interesse dello stesso popolo ebraico, che non ha ragione di temere che la storia della sua persecuzione in Europa per mano nazista venga cancellata o sminuita.

Pretendere di imporre una “verità” che ha troppe lacune per essere vera con il codice penale, libri, films, sceneggiati, dichiarazioni di politici e di pseudostorici, nuoce all’ebraismo nazionale e internazionale perché ci saranno sempre uomini liberi, come Andrea Carancini, che non saranno disposti ad accettare senza obiezioni e senza porsi domande una storia che è funzionale solo a chi detiene il potere e con la forza esige che divenga verità.

La storia della Seconda guerra mondiale è ancora tutta da scrivere e al suo interno c’è anche quella della persecuzione degli ebrei, anch’essa tutta da studiare e analizzare con la serenità e il distacco che il tempo trascorso consente.

Il libro di cui Andrea Carancini è il curatore deve avere la massima diffusione per favorire un confronto serio ed approfondito che, se continua ad essere negato, se gli storici cosiddetti revisionisti saranno ancora additati come nemici del popolo ebraico, costringerà a chiedersi se i perseguitati di ieri si sono trasformati nei persecutori di oggi.

 

Opera, 10 maggio 2023

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3 Comments
    • MDA
    • 20 Maggio 2023

    Buonasera da Honolulu.
    C’è un amico qua analfabeta che non può scrivere che mi cheide come mai i terroristi destri che collaboravano con lo Stato per fare stragi contro i cittadini come vinciguerra, i nar sono sepolti vivi, mentre i terroristi sinistri che volevano sovvertire lo Stato e ammazzavano Moro invece sono ospitati a eventi e inaugurazioni librerie e sono liberi da 20 anni.
    Chiede il mio amico analfabeta.

    Rispondi
      • a.carancini
      • 20 Maggio 2023

      A questo commento, rispondo con le seguenti osservazioni: Vinciguerra non ha mai “collaborato” con lo Stato. I nar non sono “sepolti vivi”: anche Mambro e Fioravanti, non solo i “terroristi sinistri”, sono liberi da più di 20 anni e sono ospitati ad eventi. Da questo punto di vista, tra i predetti nar e i reduci del brigatismo non vi sono apprezzabili differenze.

      Rispondi
    • a.carancini
    • 20 Maggio 2023

    Messaggio per Maurizio D’Angelo: caro Maurizio, ho cestinato per errore il tuo ultimo commento. Me lo potresti cortesemente rimandare?

    Rispondi

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