Vincenzo Vinciguerra: Leggende metropolitane

LEGGENDE METROPOLITANE

Di Vincenzo Vinciguerra

Don Luigi Sturzo diceva che in Italia c’è libertà di stampa ma non una stampa libera. E, difatti, i giornalisti italiani, con poche eccezioni, si sono sempre distinti per la pubblicazione delle veline provenienti dalle segreterie dei partiti politici, del potere economico e finanziario, dei servizi di sicurezza, del ministero degli Interni, del Comando generale dell’Arma dei carabinieri, del governo. In altre parole hanno sempre servito con zelo gli interessi di chi comanda e ha potere.

Il risultato è stato che i giornalisti hanno creato delle vere leggende metropolitane, fra le quali spicca quella dell’eversione nera, poi trasformata in eversione di destra, che avrebbe combattuto ferocemente contro lo Stato democratico per trasformarlo in qualcos’altro che nessuno è riuscito a definire.

Il tempo non è passato invano per gli storici che si distinguono per serietà e onestà intellettuale, così che oggi l’immagine di una destra eversiva appare sempre più sbiadita e, viceversa, si fa strada la verità su una destra che, fin dal suo esordio nel dicembre del 1946, si è schierata con lo Stato e la Democrazia cristiana per combattere il comunismo.

A rilanciare la leggenda metropolitana dell’”eversione di destra” è oggi la procura della Repubblica di Bologna rappresentata dal suo dirigente, Giuseppe Amato, e dal pubblico ministero, Antonello Gustapane.

Il rappresentante dell’accusa, nell’aula della Seconda sezione penale del Tribunale di Bologna, in un processo chiaramente strumentale a mio carico per diffamazione nei confronti del defunto Paolo Signorelli, promosso dalla sua sconosciuta figlia Silvia, si spinge a ipotizzare l’esistenza di una destra “buona” che non attaccava le forze dell’ordine e una “cattiva” che lo faceva.

Ci sarà tempo e modo per rispondergli, per ora ci limitiamo a confutare con nomi, fatti e cifre la favola dell’attacco allo Stato portato avanti dal neo-fascismo, ovvero dall’eversione di destra.

Il Movimento sociale italiano è stato costituito nel mese di dicembre del 1946, Ordine nuovo si rende autonomo (almeno ufficialmente) dal partito nel 1956, Avanguardia nazionale giovanile è fondata da Stefano Delle Chiaie nel 1960.

Dovranno passare 27 anni prima che due imbecilli del Movimento sociale di Milano, nel corso di una manifestazione organizzata dal loro partito, uccidano senza averne alcuna intenzione un agente di polizia, Antonio Marino, il 12 aprile 1973 con un lancio di bombe a mano Srcm, una delle quali esplode sul petto dell’agente provocandone la morte.

Dovranno passare 19 anni perché un militante di Ordine nuovo, Mario Tuti, uccida due agenti di polizia, a Empoli, il 24 gennaio 1975, per evitare l’arresto, senza alcuna premeditazione.

Sarà necessario giungere al 6 febbraio 1980, perché altri missini uccidano un agente di polizia, a Roma, in un fallito tentativo di disarmarlo, senza alcuna, anche in questo caso, premeditazione in quanto erano certi che il giovanissimo agente si sarebbe impaurito e avrebbe consegnato loro il mitra in dotazione.

Sono passati 34 anni dalla fondazione del Movimento sociale italiano e la deriva delinquenziale dei suoi giovanissimi militanti, iniziata nel 1976-1977, produce ora i suoi effetti ma non c’è alcuna pianificazione negli omicidi che compiono.

Il 29 maggio 1980, a Roma, dinanzi al liceo “Giulio Cesare” sarà il gesto mal interpretato di un agente di polizia a indurli a sparare e ad ucciderlo.

Il 26 novembre 1980, a Milano, il missino Gilberto Cavallini uccide il brigadiere dei carabinieri, Ezio Lucarelli, all’interno di una carrozzeria, perché lo aveva riconosciuto. Uccide, quindi, per evitare l’arresto.

Il 5 febbraio 1981, a Padova, la banda Fioravanti uccide due carabinieri di pattuglia che li avevano sorpresi mentre tentavano di recuperare delle armi. Anche in questo caso il duplice omicidio risponde alla necessità di evitare l’arresto.

Perfino il duplice omicidio a Milano, il 10 ottobre 1981, di due agenti di polizia risponde ad una esigenza “difensiva”, in quanto i loro uccisori temevano di essere stati individuati e pedinati.

Fino a questa data, quindi, sono 10 gli appartenenti alle forze di polizia a morire per mano di militanti missini e di un ordinovista, in oltre 34 anni di storia del cosiddetto “neofascismo”, nessuno dei quali con premeditazione ma per evitare l’arresto – in ben due casi – e per stupidità in altri tre.

Non c’è traccia nelle azioni di questi militanti di destra di un preordinato attacco alle forze di polizia dello Stato perché gli omicidi avvengono per motivi ed in circostanze che escludono la premeditazione.

Si può, viceversa, convenire che, in tempi immediatamente successivi al duplice omicidio di Milano, si è evidenziata la volontà di uccidere con premeditazione uomini delle forze di polizia.

La data d’inizio è quella del 16 ottobre 1981, quando vengono uccisi il capitano di polizia, Francesco Straullu, e l’agente Ciriaco Di Roma in un agguato preordinato.

Segue l’omicidio dell’agente Ciro Capobianco, a Roma, il 5 dicembre 1981; l’uccisione del carabiniere Romano Radici, a Roma, il 6 dicembre 1981, per vendicare la morte di Alessandro Alibrandi, in realtà ucciso il giorno precedente da “fuoco amico” e non dalla polizia; l’omicidio di quattro agenti di polizia, a Roma, dal 6 maggio al 24 giugno 1982, per vendicare la morte di Giorgio Vale, avvenuta a Roma il 5 maggio 1982, per mano della polizia.

Anche in questi omicidi non si vede la volontà di attaccare lo Stato democratico perché la loro motivazione unica e sola, è la vendetta contro la polizia, accusata, solo a Roma, di aver usato la mano pesante nel corso degli interrogatori e di aver ucciso Alibrandi (falso!) e Vale (vero).

Ma se la morte di otto uomini delle forze di polizia può indurre qualcuno a parlare dell’esistenza di un’eversione di destra, dovrà comunque convenire che questa avrebbe attaccato lo Stato dal 16 ottobre 1981 al 24 giugno 1982.

È doveroso, a questo punto, rilevare che l’estrema destra in Italia è nata per volontà della Democrazia cristiana, del Vaticano, della Confindustria e dei servizi segreti americani nel dicembre del 1946, e nulla ha fatto contro lo Stato per 35 anni, fino al 16 ottobre 1981.

Non è credibile.

Lo Stato ha perso, per mano di militanti di destra, nel corso del dopoguerra, 18 uomini delle forze di polizia e due magistrati (Occorsio e Amato), 16 dei quali uccisi dal 1980 al 1982 e 4 dal 1973 al 1976.

Con queste cifre si può sostenere l’esistenza in questo Paese di una “eversione di destra” che ha attaccato lo Stato democratico con il proposito di distruggerlo?

Non è seriamente sostenibile.

L’estrema destra italiana ha sì adottato la violenza come metodo ma contro gli avversari politici e ideologici di sinistra, i comunisti, e contro il popolo.

Anche in questo caso la verità riposa sulle cifre, che non è possibile negare e neanche interpretare.

Dal 1972 al 1982, nell’arco quindi di un decennio, i militanti di destra uccidono 42 persone, cifra per difetto, 21 dei quali sono avversari politici, mentre altri due sono risparmiati perché al loro posto sono uccise per errore due persone estranee alla contesa politica.

Altri 21 sono uccisi nel corso di rapine, di un sequestro di persona (Olga Calzoni), per un lancio di molotov (Jolanda Palladino), per vendetta contro presunti delatori, due in carcere (Buzzi e Palladino), in totale 42.

A fronte di 3 agenti di polizia uccisi negli anni Settanta per le motivazioni sopra illustrate, sono 28 gli avversari politici e i cittadini ammazzati dai militanti di destra, mentre altri 14 saranno eliminati dal 1980 al 1982, quasi tutti dalla banda Cavallini-Fioravanti.

A questi 42 omicidi individuali bisogna aggiungere quelli delle stragi che, in 11 anni, ammontano a 130 cittadini innocenti.

Il raffronto delle cifre è eloquente: 172 cittadini uccisi, dei quali 29 avversari politici, comprendendo gli otto morti della strage di Brescia del 28 maggio 1974, a fronte di 22 uomini dello Stato.

Rilevando che le stragi avevano l’obbiettivo di consentire ai governi in carica di proclamare lo stato di emergenza e alle forze militari di compiere un golpe, si deve necessariamente ritenere che in Italia sono esistite una eversione “rossa” e una eversione di Stato, non nera ma bianca e atlantica.

Una verità faticosamente acquisita in oltre mezzo secolo di indagini storiche e giudiziarie, che oggi si vorrebbe negare, da parte sia degli eredi politici dello stragismo e del terrorismo di Stato che di alcuni magistrati di Bologna, nell’illusione di poter riportare indietro le lancette dell’orologio della storia affermando pseudo-verità che screditano chi le afferma.

 

Opera, 3 aprile 2023

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