Giudici che proteggono giudici: perché l’indagine sull’esplosione di Beirut è un bidone

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GIUDICI CHE PROTEGGONO GIUDICI: PERCHÉ L’INDAGINE SULL’ESPLOSIONE DI BEIRUT È UN BIDONE[1]

Il giudice investigativo capo Tarek Bitar rifiuta di perseguire i suoi colleghi magistrati che firmarono per scaricare, immagazzinare e poi ignorare i nitrati di ammonio che hanno devastato Beirut nell’agosto 2020

Di Radwan Mortada, 28 ottobre 2021

I libanesi sono divisi sul comportamento del giudice Tarek al-Bitar, il principale inquirente giudiziario della gigantesca esplosione avvenuta nel porto di Beirut il 4 agosto dell’anno scorso.

Una parte si fida ciecamente dell’uomo, ritenendo che Bitar guiderà il combattimento contro l’attuale corrotta classe politica del Libano e che scoprirà l’identità dei responsabili dell’esplosione mortale.

L’altra parte lo considera uno strumento in mani straniere utilizzato per creare sedizione in Libano prendendo di mira figure politiche che criticano gli Stati Uniti. La resistenza libanese, Hezbollah, è stata la prima a gettare sospetti sul comportamento di Bitar, le cui accuse arbitrarie e faziose sembrano prendere di mira solo una parte della classe politica.

Le accuse di Hezbollah si sono gradualmente intensificate nel corso dei mesi. Quando Bitar iniziò ad occuparsi dell’indagine sull’esplosione – è stato il secondo giudice a occuparsene – il Segretario Generale di Hezbollah Hassan Nasrallah lo esortò a pubblicare il rapporto tecnico riguardante il sito dell’esplosione, in modo da soffocare le voci infondate sul ruolo del gruppo [Hezbollah] nell’esplosione, o le accuse secondo cui esso aveva immagazzinato “armi” nel Porto di Beirut.

Ma Bitar non rispose alla richiesta di trasparenza di Nasrallah, e permise alla disinformazione politica e mediatica di correre in modo incontrollato durante una crisi nazionale.

Un esempio di tutto ciò riguarda un presunto “testimone” di nome Imad Kashli che apparve su un organo di informazione libanese sostenendo di aver trasportato nitrato di ammonio per conto di Hezbollah dal Porto di Beirut ad un villaggio nel sud, in quella che poi si scoprì essere una falsa testimonianza. Bitar non prese provvedimenti contro Kashli con il pretesto che costui era “malato”, e gli organi di informazione non si sono mai presi la briga di confutare o di ritrattare questa storia inventata.

Inoltre, i bersagli presi di mira da Bitar sostengono che le accuse del giudice non sono imparziali, ma deliberatamente selettive. Il ruolino dei suoi interrogatori si concentra soprattutto su personalità appartenenti ad uno schieramento politico, escludendo in modo ingiustificabile ufficiali che occupano esattamente le stesse cariche ma che hanno opinioni politiche opposte. Bitar ha interrogato l’ex comandante delle Forze Armate libanesi (LAF) Jean Kawahji, per esempio, mentre ha omesso di interrogare l’attuale comandante delle LAF Joseph Aoun, un protetto di Washington.

Aoun non può essere bypassato o assolto dalle sue responsabilità. L’esplosione è avvenuta sotto la sua sorveglianza, durante il suo incarico. I detrattori di Bitar giustamente fanno notare che la responsabilità ultima dell’esplosione di Beirut riguarda i magistrati e i militari libanesi. I primi hanno firmato le carte che hanno permesso l’immagazzinaggio illegale a Beirut dei nitrati di ammonio, mentre i secondi hanno la parola finale su ogni esplosivo che si trovi all’interno dei confini legali del Libano.

Il fatto che Bitar abbia omesso di interrogare l’attuale dirigenza dell’esercito, la maggior parte dei giudici, i Ministri della Giustizia e della Difesa, e la commissione sui casi del Ministero della Giustizia ha sollevato perplessità, ovviamente. Nasrallah non ha usato mezzi termini quando ha affermato, in un recente discorso, che la responsabilità più grande della calamità del 2020 ricade sui giudici che hanno dato il permesso di scaricare grandi quantità di esplosivi a base di nitrato di ammonio da una nave straniera sequestrata dalle autorità libanesi, e che hanno poi dato il permesso di immagazzinare queste sostanze in condizioni di pericolo all’interno del Porto di Beirut.

Le scelte di Bitar conducono a dei confronti armati

Voci trapelate sui media e dall’interno dei corridoi della magistratura libanese, hanno invece deviato la colpa su ministri e su membri del parlamento (deputati), rivelando che costoro sarebbero stati arrestati anche prima che Bitar notificasse i mandati di comparizione. Inoltre, gli sono state attribuite delle affermazioni secondo cui egli voleva combattere, non vendicare, la classe politica, affermazioni che egli non ha negato nel corso di un’intervista, confermando in tal modo le parole che gli erano state attribuite.

Il suo comportamento e la faziosità dell’indagine hanno quindi rafforzato i sospetti contro Bitar, da cui ci si aspettava, come minimo, che gestisse questo procedimento in modo imparziale, e che mostrasse la propria buona fede mettendo a tacere le dicerie e la disinformazione.

Il discutibile comportamento del giudice ha infine indotto i sostenitori dei movimenti Hezbollah, Marada e Amal, e membri delle organizzazioni professionali (avvocati ecc.), a tenere una protesta davanti al Palazzo di Giustizia di Beirut.

Il 14 ottobre, una dimostrazione pacifica da parte di questi gruppi è stata fatta oggetto di un’imboscata nel quartiere Tayouneh di Beirut da parte dei cecchini del partito delle Lebanese Forces (LF). Il fuoco esploso dai cecchini sui tetti ha provocato rapidamente uno scontro armato che ha ucciso sette sostenitori di Hezbollah e di Amal ferendone dozzine di altri. L’attacco avrebbe potuto rapidamente dare luogo ad una guerra civile se non fosse stato per i pubblici appelli di Nasrallah alla moderazione, che hanno dato spazio ad un’indagine condotta dai servizi segreti militari, sotto la supervisione della magistratura, che questa settimana ha convocato il leader delle LF Samir Geagea per interrogarlo. Questo caso è tuttora in corso.

I magistrati e i militari responsabili degli esplosivi

Perché Bitar è passato sopra alle responsabilità dei magistrati e dei militari riguardanti i nitrati di ammonio e la loro giacenza nel porto per sette anni? Perché egli persiste nel concentrare la sua indagine principalmente su ministri e su parlamentari, nonostante che l’esplosione sia stata un fallimento soprattutto dal punto di vista giudiziario e della sicurezza?

Se l’esercito avesse espletato la sua funzione, affidata in modo esclusivo all’esercito libanese dalla Legge sulle Armi e sulle Munizioni del paese, supervisionando l’immagazzinamento, la distruzione o la ri-esportazione del nitrato, la devastante esplosione sarebbe stata evitata.

Analogamente, se i giudici avessero fatto il proprio lavoro, una decisione legalmente vincolante, non politica, avrebbe assicurato la distruzione o l’esportazione immediata dei materiali esplosivi dal Deposito 12 del Porto di Beirut.

Nonostante la negligenza dei suoi colleghi magistrati, il giudice Bitar è stato notevolmente timido nell’individuare le loro responsabilità per il periodo che ha preceduto l’esplosione. La politicizzazione della sua indagine ha quasi sepolto la distribuzione legale delle responsabilità – la verità, per così dire – dell’esplosione.

I giudici che hanno scampato il “giudizio” di Bitar

Fino ad oggi, i “guardiani della giustizia” continuano a rimanere impuniti. Ma i nomi di sette giudici e di un procuratore sospettati di negligenza sono stati identificati come i maggiori responsabili dei fallimenti della magistratura: i giudici Jad Maalouf e Carla Shawah della Corte per le Questioni Urgenti di Beirut, i giudici Marwan Karkabi e Helena Iskandar del Ministero della Giustizia, il capo del Dipartimento Esecutivo di Beirut Mirna Kallab, il commissario governativo del Tribunale Militare giudice Peter Germanos, il Procuratore Generale della Corte di Appello Ghassan Khoury, e il procuratore Omar Tarabah.

L’Internal Security Forces (ISF) del Libano aveva identificato questi giudici in un rapporto presentato al giudice Bitar all’inizio della sua indagine.

La responsabilità dei magistrati per l’esplosione è stata anche persa di vista a causa dell’attenzione dei media locali sulla classe politica del Libano a partire dal 17 ottobre 2019, quando nacque una “rivoluzione” di strada come risposta al crollo economico del paese. La tendenza prevalente nel paese è stata di attribuire tutta la colpa ai politici e ai banchieri che hanno lasciato che questo accadesse.

Così non ci sarebbero state conseguenze per Bitar se egli avesse intrapreso il percorso facile, concentrandosi sui facili “cattivi”, e non avesse creato problemi ai suoi colleghi magistrati o all’establishment militare “neutrale” del Libano.

Bitar ha fatto qualche verifica, ma fondamentalmente ha giocato a softball con i magistrati. Per esempio, egli ha richiesto formalmente che il pubblico ministero della Corte di Cassazione verificasse separatamente la negligenza dei giudici di Beirut Maalouf e Shawah per accusarli del crimine di dolo probabile, come il resto degli imputati nel caso.

Sebbene sia trascorso più di un anno da quando l’indagine sull’esplosione è iniziata, ogni azione contro i giudici, o anche controllare le loro pratiche o ascoltare le loro dichiarazioni, è stata ritardata per mesi, sebbene il ruolo di uno di costoro – Jad Maalouf – sia cruciale.

Maalouf ha firmato la decisione di scaricare il nitrato di ammonio della nave e di nominare una guardia giudiziaria come capo del porto, Mohammad al-Mawla. Dopo che Mawla aveva sostenuto di non avere le chiavi del deposito, Maalouf avrebbe dovuto nominare un’altra guardia giudiziaria e stabilire un periodo di tempo per l’esercizio della sorveglianza, il che non è accaduto. Bitar ha ascoltato le dichiarazioni di Maalouf e di Shawah solo come testimoni, a differenza di altri che egli intende incriminare. Perché?

La pratica del carico di nitrato di ammonio è andata avanti e indietro per anni tra la Direzione delle Dogane e il Giudice delle Questioni Urgenti Maalouf. Diverse lettere sono state inviate al Direttore Generale delle Dogane Badri Daher per riesportare il materiale, ma il Giudice Maalouf ha continuato a ripresentare la richiesta e a inviarla alla commissione dei casi del Ministero della Giustizia, che ha risposto solo una volta approvando la riesportazione.

Maalouf era stato incaricato di trasferire la proprietà della merce nel giro di una settimana, anche se l’Articolo 13 della Convenzione di Amburgo delle Nazioni Unite permette la distruzione della merce – e se la merce è pericolosa, senza trasferire la sua proprietà – senza pagare il risarcimento al proprietario. La Convenzione di Amburgo, firmata nel 1978 e attuata nel novembre 1992, costituisce l’insieme delle “Regole di Amburgo” delle Nazioni Unite riguardante le spedizioni delle merci via mare che ha unificato il sistema legale che regola i diritti e i doveri degli spedizionieri, dei corrieri e dei destinatari sotto il contratto di trasporto delle merci via mare.

Secondo gli esperti della materia, il giudice Maalouf avrebbe dovuto decidere di distruggere questi materiali altamente pericolosi in base sia all’Articolo 13 della Convenzione di Amburgo che delle clausole del paragrafo 2 dell’Articolo 579 del Codice di procedura civile libanese; vale a dire, senza richieste da parte di chicchessia e a prescindere dai diritti dei proprietari, che non hanno diritto ad un risarcimento per la distruzione delle merci pericolose.

Invece, quattro anni sono stati spesi nell’emettere notifiche, o nel richiedere discussioni sulla giurisdizione e sulla legalità di vendere o distruggere le merci. Se il giudice Maalouf avesse preso la decisione di distruggere i nitrati di ammonio immediatamente, il Libano avrebbe certamente evitato le conseguenze distruttive dell’agosto 2020.

Lo stesso ragionamento si applica alla sospettata giudice Shawah, che è stata deferita all’accusa insieme a Maalouf, ma fonti giudiziarie dicono a The Cradle che ella non ha ricevuto nessun documento o revisione da nessuno da quando ha rilevato il caso dei nitrati di ammonio da Maalouf.

Il giudice Bitar ha anche chiesto al pubblico ministero della Corte di Appello di verificare la sospetta negligenza del Pubblico Ministero giudice Khoury per aver autorizzato la chiusura dell’indagine sui nitrati. Ma Bitar ha omesso di fare questo passo per mesi, e fino al giorno prima, egli credeva che la Corte di Cassazione potesse ricusarlo in base alle azioni legali intraprese dagli imputati e dai ministri che lo hanno accusato di parzialità.

Sembra che Bitar abbia inizialmente sospettato Khoury di coinvolgimento in attività criminali che hanno contribuito alla morte e al ferimento di persone e che hanno causato danno alla proprietà pubblica come conseguenza della decisione del giudice di accantonare il rapporto investigativo della Sicurezza dello Stato. Poi, inspiegabilmente, il giudice Imad Qabalan, il pubblico ministero della Corte di Cassazione, ha deciso che quei sospetti erano ingiustificati e ha bocciato le indagini di Bitar dicendo di considerare “il rapporto del giudice inquirente [Bitar] datato 24 settembre 2021 privo di qualunque sospetto e non comprovante colpe nei doveri professionali del giudice Khoury”.

I giudici quarto e quinto, Helena Iskandar e Marwan Karkabi, che hanno guidato la commissione dei casi del Ministero della Giustizia, sono sospettati di anni di procrastinamento prima di aver risposto alla corrispondenza del Direttore delle Dogane e del Giudice delle Questioni Urgenti. Sebbene avessero ricevuto numerose lettere, hanno risposto solo una volta proponendo di riesportare i nitrati senza seguire ulteriormente il caso, che è una ragione per la quale i nitrati di ammonio sono rimasti nel cuore di Beirut.

Il sesto giudice, Peter Germanos, venne contattato dagli inquirenti della Sicurezza dello Stato – quando egli era il rappresentante governativo presso il tribunale militare in relazione ai magazzini dei nitrati di ammonio – per ragguagliarlo sull’alto rischio di questi materiali. Ma Germanos disse loro che questo caso non rientrava nella giurisdizione della procura militare perché il giudice delle Questioni Urgenti aveva deciso di rimuovere quel materiale dal Deposito 12.

Sebbene la questione sia legata alla sicurezza nazionale dello stato libanese e chiaramente ricada all’interno della giurisdizione dei servizi segreti militari, Germanos ha deciso che essa non rientra nei poteri della Pubblica Accusa Militare. Perché?

Il giudice Germanos ha negato su Twitter di aver ricevuto alcun rapporto o minuta sui nitrati di ammonio da parte della Sicurezza dello Stato o da qualunque altra agenzia. Qui, l’indagine di Bitar deve scoprire quale parte dice la verità, tenendo presente che la maggior parte delle comunicazioni tra la polizia giudiziaria e il pubblico ministero vengono condotte oralmente, al telefono, fino a quando le minute dell’indagine scritta vengono stampate e sottoposte alla Pubblica Accusa.

Il settimo giudice – Mirna Kallab, capo del Dipartimento Esecutivo di Beirut – a seguito della corrispondenza con la commissione dei casi del Ministero della Giustizia sulla vendita dei nitrati, venne incaricato nello specifico di nominare un esperto di ispezioni. Fin dall’inizio, emerse una disputa tra il Ministero dei Lavori e la commissione dei casi su chi dovesse pagare la parcella dell’esperto, che non superò le 700 lire libanesi (approssimativamente 467$).

Qui, compare il nome del procuratore Omar Tarabah per aver procrastinato per più di un anno la corrispondenza relativa al pagamento della parcella dell’esperto per ispezionare la Rhusos, la nave che trasportò il nitrato di ammonio nel Porto di Beirut.

In poche parole, si ritiene che la ragione dell’indulgenza di Bitar nel ritenere giudici negligenti responsabili dell’esplosione di Beirut sia dovuta alla prevalente convinzione tra i giudici del bisogno di proteggere e di fornire immunità ai propri colleghi, a meno che essi diventino capri espiatori per la classe politica che vorrebbe anch’essa proteggere i propri colleghi con l’immunità.

Bitar avrebbe dovuto rifiutarsi di venire incontro alle esigenze degli establishment giudiziario e militare, e procedere nei confronti di chiunque egli avesse sospettato di negligenza, a prescindere dal rango dell’indagato. Non avendo agito in tal modo, questa indagine ora è un fallimento. A meno che Bitar cambi il suo comportamento e affronti queste due istituzioni protette, solo capri espiatori verranno accusati per l’esplosione più mortifera nella storia del Libano.

 

 

 

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: https://thecradle.co/Article/investigations/2994

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