Hezbollah è preparato ad espellere l’America dal Libano

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HEZBOLLAH È PREPARATO AD ESPELLERE L’AMERICA DAL LIBANO[1]

Mentre l’interferenza americana nel crollo del Libano continua, Hezbollah minaccia misure ritorsive per espellere l’influenza americana da tutte le istituzioni libanesi

12 ottobre 2021

In un annuncio deciso che non è stato ripreso da testate estere, il capo del Consiglio Esecutivo di Hezbollah, Hashem Safieddine, ha dichiarato che il gruppo di resistenza libanese cercherà di espellere l’ingerenza e l’influenza americana dalle istituzioni statali libanesi.

“Gli Stati Uniti sono un nemico non meno ostile di Israele, e qualche volta più ostile di Israele”, ha sostenuto Safieddine, che è un confidente particolarmente stretto del Segretario Generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, durante una riunione interna del partito tenutasi il 4 ottobre. “Non possiamo negare la sicurezza, il potere finanziario ed economico e l’influenza dell’America; ha una forte presenza nello stato libanese”.

Secondo fonti di Hezbollah, il comando dell’esercito libanese, guidato dal Generale Joseph Aoun, capeggia la lista delle istituzioni sotto forte influenza americana, seguito dalla Banca Centrale del Libano, e da altri dipartimenti della sicurezza, amministrazioni dello stato e ministeri economici libanesi, tutti profondamente infiltrati dagli “yes-men” dell’America.

Se la dichiarazione di Safieddine – fatta mentre Hezbollah sfidava le minacce israeliane e l’assedio americano importando combustibile iraniano per alleggerire la tremenda crisi energetica del Libano – è giunta inaspettata, essa ha nondimeno costituito una marcata escalation rispetto alla tesi abituale di Nasrallah secondo cui l’ambasciata americana in Libano è un “nido di spie”.

Non è un segreto che gli Stati Uniti sono impegnati in una missione per districarsi militarmente nei mesi a venire da varie zone di conflitto nell’Asia occidentale, in particolare dai teatri siriano e iracheno. Ma prima di agire in tal senso, Washington sembra intenzionata a mettere un freno al potente ruolo regionale di Hezbollah per bilanciare la propria declinante influenza nella regione.

Questo spiegherebbe il recente fermento di attività diplomatica nel Levante, ad iniziare dall’incontro tra il Re Abdullah di Giordania e il Presidente americano Joe Biden, durante il quale il primo ha tranquillamente informato il secondo che il Presidente siriano Bashar Assad ha intenzione di restare.

Il rapporto speciale della Giordania con la Siria è tale che il Re Abdallah è desideroso di trovare un rimedio, poiché il futuro del suo paese dipende dal ripristino del corridoio giordano tra la Siria e gli stati del Golfo Persico per riavviare la sua economia. Vi è anche il suo assai ambizioso “Piano del Levante”, un progetto economico congiunto tacitamente concordato da Giordania, Siria, Iraq e Libano per incentivare le loro economie e mettere in moto la ricostruzione regionale – ma questo piano è stato drasticamente decurtato da Washington, e riconfigurato per includervi solo Giordania, Iraq ed Egitto.

La sua ultima versione semplicemente non è un’alternativa sostenibile e valida, e così gli occhi americani sono decisamente fissati sui risultati elettorali dell’Iraq, dove essi sperano nel ritorno in carica del premier iracheno amico degli americani Mustafa al-Kadhimi, che può portare avanti la loro visione. Anche Hezbollah, come uno degli influenti mediatori della regione negli affari politici iracheni, sta attentamente osservando la nuova mappa politica che si dispiega in Iraq.

Ma gli Stati Uniti sanno molto bene che, date le divisioni politiche e religiose tra i libanesi, la principale area di vulnerabilità di Hezbollah è in Libano, il rifugio del gruppo di resistenza. Così, Washington non risparmia gli sforzi per assediare Hezbollah in casa.

Questa strategia è iniziata infliggendo sanzioni contro ricche personalità e banche scite con l’accusa – spesso senza prove – di aver finanziato le attività del gruppo di resistenza. È proseguita imponendo un devastante embargo economico e petrolifero all’intero paese, e bloccando la capacità del Libano di estrarre gas dal proprio mare facendo pressioni sulla compagnia francese Total con la divulgazione di un rapporto scoraggiante su queste risorse energetiche.

Tuttavia, gli Stati Uniti non hanno avuto successo, né con la pressione economica esercitata internamente sui libanesi, né con le misure esterne imposte agli stati del Golfo – guidati dall’Arabia Saudita – per limitare il commercio, gli investimenti e i prestiti alla gravemente colpita economia di Beirut.

Semmai, i tentativi americani di isolare il paese e di negargli gli approvvigionamenti ha fornito a Hezbollah l’impulso necessario a fronteggiare gli Stati Uniti direttamente, importando combustibile iraniano, e trasportandolo dalla Siria sanzionata dagli Stati Uniti.

Questa mossa non ha soltanto spezzato l’assedio americano forzando il suo consenso, ma ha provocato degli sforzi senza precedenti da parte degli americani per esentare il Libano dalle sanzioni di Washington contro la Siria, in modo che lo stato [libanese] ottenesse il gas egiziano e l’elettricità giordana.

Fonti rivelano che l’ambasciatrice americana a Beirut Dorothy Shea ha intrapreso una serie di visite private con il ministro dell’energia del Libano, con funzionari della sicurezza, e con il Procuratore Ghassan Oweidat. The Cradle ha appreso che ella ha personalmente reso visita a Oweidat due settimane fa, apparentemente per “ringraziarlo” per aver affidato dei bambini ad una famiglia americana. Durante l’incontro, le fonti dicono che Shea lo ha interloquito su dettagli riguardanti l’indagine sull’esplosione del porto di Beirut, e ha detto che gli Stati Uniti seguono il caso da vicino.

Le fonti, che parlano in condizione di anonimato, rivelano parimenti un’attività senza precedenti da parte dell’amministrazione americana nell’indagine sull’esplosione del porto di Beirut, poiché essa ritiene che l’indagine possa essere utilizzata per fare pressioni o per isolare Hezbollah. Esse citano una serie di incontri tra i rappresentanti dell’ambasciata americana e il principale inquirente Tariq al-Bitar, che vengono disonestamente presentati come incontri “di routine” perché uno dei sospetti in stato di fermo ha la cittadinanza americana.

Le fonti di Hezbollah, tuttavia, dicono a The Cradle che c’è il deliberato tentativo di caratterizzare falsamente il crimine dell’esplosione al porto esclusivamente come un attacco ai “cristiani”, e di perseguire Hezbollah privandolo delle sue alleanze nel governo. Il giudice Bitar ha già puntato il dito del sospetto contro gli alleati politici di Hezbollah e ha accusato il partito di proteggerli dalle loro responsabilità. Hezbollah, dicono le fonti, sta anche monitorando le incessanti attività delle organizzazioni finanziate dagli Stati Uniti che hanno diffuso molte delle narrazioni disinformanti sull’esplosione del Porto di Beirut.

Le preoccupazioni sul modus operandi di Bitar sono state rafforzate da una recente dichiarazione della Commissione degli Affari Esteri del Congresso americano, che “elogia l’integrità dell’inquirente Tariq al-Bitar ed esprime preoccupazione sul ruolo di Hezbollah nella sospensione dell’indagine sull’esplosione del Porto di Beirut”.

Hezbollah ha descritto questa accusa come un “giocare col fuoco”. I suoi dirigenti ritengono che ammonire gli Stati Uniti contro i tentativi di rimuovere Hezbollah dalle istituzioni statali libanesi serva anche ad ammonirli che l’opzione del contrattacco è sul tavolo. Questi messaggi segnalano anche agli Stati Uniti che se costoro persistono ad ingerirsi negli affari interni del Libano, Hezbollah sarà costretto ad agire in base a questa decisione, qualunque sia il suo costo interno.

Hezbollah è ben consapevole che la lotta per rimuovere le interferenze americane dal Libano comporterà un costo troppo alto da sopportare per il paese in questo periodo di crisi economica così dura. Forse è per questo che Safieddine ha moderato il suo linguaggio dicendo che Hezbollah valuterà innanzitutto i pro e i contro dell’intenzione di sradicare l’influenza americana dalle istituzioni libanesi. Ma una cosa è chiara: Safieddine ha cercato di mandare a Washington un avviso aggiornato: “Attenti. Non mettete alla prova la nostra pazienza”. Un passo falso dagli americani, e un contro può iniziare a sembrare un pro.

 

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: https://thecradle.co/Article/Analysis/2555?fbclid=IwAR2MSBeEHCkQEbTzspVmF4WrqzbfjvGReyti-YydgQvmCkySuyaH39ZJce8

One Comment
    • fulvio cintioli
    • 19 Ottobre 2021

    Resto grato per queste “finestre”. Resto ammirato, poi, per la fluidità del testo tradotto.

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