Un giornalista ebreo americano critica l’Anti-Defamation League

 

Introduzione di Andrea Carancini. L’autore del seguente articolo ha delle posizioni molto lontane dalle mie. Egli è infatti un sionista e un sostenitore dello Stato di Israele mentre io (e non solo io: lo dicono anche, tra gli altri, associazioni come B’Tselem, CODEPINK e Human Rights Watch) considero Israele uno stato fondato sull’apartheid. E certo non definirei la perdurante e brutale oppressione di Gaza da parte dello stato ebraico come un “conflitto di Israele con i terroristi di Hamas”. Ciononostante, ho deciso di tradurre l’articolo in questione perché l’analisi proposta dall’autore sulla valenza liberticida dell’operato dell’Anti-Defamation League è sagace e merita di essere conosciuta anche qui in Italia. A cominciare dall’affermazione che la repressione su Internet del revisionismo dell’Olocausto “ha aiutato a creare una china scivolosa” che ora minaccia le libertà di tutti. Un’ammissione di non poco conto, che aiuta a far capire l’epoca nella quale siamo entrati.

È L’ADL UNA MINACCIA PIÙ GRANDE PER LA LIBERTÀ DEGLI ESTREMISTI CHE PRENDE DI MIRA?[1]

Il nuovo accordo del gruppo per aiutare PayPal a bloccare i presunti radicali fa parte di un attacco corporativo di Big Tech alla libertà di espressione, e non è una difesa della democrazia.

Di Jonathan S. Tobin

5 agosto 2021/JNS – Gli americani si sono resi conto di una nuova realtà il mese scorso quando l’amministrazione Biden ha rivelato che essa stava “segnalando” i post pubblicati sui social che voleva che Facebook censurasse. L’addetto stampa della Casa Bianca Jen Psaki ha detto che il motivo di questo passo senza precedenti era di combattere la “disinformazione” sul COVID-19. Ma dopo un anno in cui gli oligarchi della Silicon Valley hanno lavorato con i loro alleati dei media mainstream per silenziare informazioni legittime, come l’inchiesta del New York Post sul portatile di Hunter Biden che ha messo il loro candidato presidenziale preferito in una luce sfavorevole, l’idea che il governo stia spingendo i proprietari delle superstrade dell’informazione del mondo a impegnarsi in una maggiore censura non è certo sorprendente.

Si scopre che Biden e i suoi alleati della Silicon Valley non sono i soli a cercare di esercitare il ruolo di “Grande Fratello” con il proposito di mettere a tacere quelli che essi ritengono siano cattivi soggetti. L’Anti-Defamation League sta usando la sua reputazione come un’autorità in materia di odio per cercare di bloccare quelle opinioni che essa ritiene immeritevoli di protezione. Il gruppo, che è passato dall’essere il difensore apolitico della comunità ebraica ad un’organizzazione partigiana alleata con il movimento “progressista”, sta lavorando con alcuni di quegli stessi oligarchi di Big Tech per impegnarsi in una forma di censura ancora più sofisticata.

L’ADL è stata ingaggiata da PayPal per definire i criteri che permetteranno a questo sistema di pagamento gigante di impedire ad ogni gruppo che essa bolla come “estremista” di utilizzare i propri servizi. In un’era precedente, quando l’ADL era un fidato cane da guardia dedito al suo compito di monitorare e parlare chiaro contro l’antisemitismo, un tale passo avrebbe potuto ispirare fiducia nelle decisioni della compagnia. Ma le azioni dell’ADL in anni recenti sotto la guida del veterano dell’amministrazione Obama Jonathan Greenblatt hanno reso evidente che non ci si può fidare di questo genere di potere. Ancora peggio, nell’agire come un complice volenteroso di quello che sembra essere l’ultimo episodio di un perdurante attacco corporativo contro la libertà di espressione, sta ironicamente diventando uno dei principali promotori di coloro che minano i valori democratici che essa sostiene di difendere.

Prove della cattiva decisione dell’ADL sono arrivate nel corso di quest’anno.

Volare sotto il radar è stato uno sforzo dell’ADL in associazione con Google e con una compagnia tecnologica britannica chiamata Moonshot CVE per “reindirizzare” gli utenti da siti che promuovono quello che ritenevano essere “estremismo violento” tramite annunci pop-up a quelli che presuntivamente smaschererebbero e sfaterebbero gli odiatori. Come gli efficaci sforzi di Big Tech per proteggere Joe Biden durante la campagna presidenziale, questo ha condotto non solo ad abusi e a domande sui suoi metodi ma anche a sospetti sul reale motivo dietro il progetto.

L’ADL ha iniziato a promuovere la censura su Internet nel 2019 apparentemente per fermare il negazionismo dell’Olocausto sui social. Ma l’aver iniziato a percorrere quella strada ha aiutato a creare una china scivolosa che nel gennaio 2021 ha provocato la chiusura degli account sui social di un presidente in carica degli Stati Uniti perché costui stava dicendo cose che non piacevano a Mark Zuckerberg di Facebook e a Jack Dorsey di Twitter, con il tumulto del 6 gennaio al Campidoglio americano che ha funto da pretesto per agire in tal modo.

A febbraio, l’ADL ha pubblicato uno studio che documenta le sue attività dal settembre al dicembre 2020 in cui essa segnalava più di 34,000 ricerche su Internet per quello che essa ha definito come discorso di odio.

Questo potrebbe suonare come una buona idea se potete convincere voi stessi che non vi sono pericoli connessi con il cercare di gestire in modo ultra-capillare ciò che alle persone è permesso di leggere su Internet. Ma questo programma ha creato dei problemi che avrebbero dovuto far suonare dei campanelli di allarme, anche se a causa della mancanza di controllo da parte dei media, pochi ne sono a conoscenza.

Si scopre che le diversioni patrocinate dall’ADL ed eseguite da Moonshot non inviavano necessariamente questi presunti cercatori del discorso di odio verso siti web dove sarebbe stato loro insegnato ad essere gentili. In realtà, in un caso documentato i buonisti high tech hanno inviato gli utenti sul sito web di qualcuno che definisce sé stesso come “Spasimante della Quinta Colonna”, un personaggio di Internet che si presentava come un proprietario di armi del sud con vedute progressiste e un largo seguito su Youtube. Ma uno sguardo più ravvicinato alla persona, il cui vero nome è Justin King, ha rivelato che egli è un anarchico di sinistra con un curriculum criminale che include il traffico di esseri umani. Egli promuove regolarmente anche l’antisemitismo sul suo sito web. È stato solo per caso che ricercatori indipendenti che già conoscevano le attività di King si sono imbattuti nel fatto che costui veniva aiutato da un programma promosso dall’ADL.

I dirigenti di Google sono stati interrogati su questo ad un’udienza al Congresso ma non avevano spiegazioni. Lo stesso è vero di Moonshot e dell’ADL, che si sono finora rifiutati di commentare al riguardo. E gli stessi organi mediatici corporativi che blandiscono l’amministrazione e gli sforzi censori di Big Tech non hanno mostrato nessuna curiosità di scoprire altri “errori” come questo. Coloro che sanno come il loro programma funzionava dicono che non c’è modo di sapere con sicurezza quanti di questi errori il progetto abbia commesso data la cecità partigiana dei suoi promotori verso l’odio proveniente dalla sinistra.

Una parte del problema è costituita da una mancanza di trasparenza. Nessuno che è coinvolto in questo programma è disposto a parlare dei dettagli dell’algoritmo utilizzato per produrre un risultato così disastroso o sul quando o come lo utilizzeranno di nuovo. Ma ciò che sappiamo da quello che l’ADL ha rivelato quando essa ha strombazzato il suo coinvolgimento in esso è che lo sforzo di “reindirizzare” è focalizzato sull’odio proveniente da fonti della destra.

Da quando Greenblatt ha sostituito Abe Foxman alla testa dell’ADL, essa ha ripetutamente dimostrato di essere ora solo un altro ausiliario del Partito Democratico. Questa è una vergogna poiché, a differenza della maggior parte dei gruppi ebraici nazionali, essa ha ancora un lavoro che deve essere fatto in termini di monitoraggio dell’antisemitismo. Intervenendo in lotte partigiane come la conferma alla Corte Suprema del giudice Brett Kavanaugh, la sua diffamazione dell’ex Segretario di Stato Mike Pompeo come un “islamofobo” e i suoi incessanti quanto discutibili sforzi di collegare l’ex Presidente Donald Trump agli antisemiti di destra, associati con la volontà di ammiccare a false analogie tra la sua amministrazione e i nazisti, l’ADL ha rinunciato al suo status non partigiano.

Questo è il contesto per capire come lo sforzo ADL/Moonshot di estirpare la “violenza di destra” ha funzionato. Esso ha ignorato il fatto che l’odio, per non parlare dell’antisemitismo, proviene anche dalla sinistra. Questa è la sola spiegazione del perché abbiano approvato i criteri per accertare se qualcuno stava cercando un sito di odio che includeva la digitazione delle parole “la verità su Black Lives Matter”. Chiunque fosse stato curioso sul movimento o che voleva saperne di più sulla sua opposizione allo Stato di Israele e al sionismo, o sul modo in cui la teoria critica della razza ha concesso un permesso all’odio per gli ebrei, veniva automaticamente bollato come odiatore dall’ADL e dai suoi partner.

Questo è più che ironico dopo l’ondata di violenza diretta contro gli ebrei americani sulla scia del conflitto di Israele con i terroristi di Hamas in maggio, e il modo in cui il movimento BLM e i suoi più eminenti sostenitori al Congresso hanno cercato di demonizzare Israele e i suoi sostenitori.

Tuttavia è la stessa ADL che è stata appena ingaggiata da PayPal per fissare i criteri che permetteranno al servizio di pagamento in rete globale di chiudere network finanziari che, secondo il gruppo, “sostengono l’estremismo e l’odio” o che mettono in pericolo “comunità a rischio”. Ancora, l’ADL non dice come prenderà le sue decisioni. I suoi precedenti, comunque, lasciano pochi dubbi sul fatto che al gruppo è stato dato maggiore potere da PayPal per mettere fuori dai giochi ogni gruppo che dissenta dal suo sostegno a BLM o ad altre cause di sinistra apponendo il marchio di estremista su di essi.

Questa prospettiva solleva più domande sul futuro della libertà di parola che risposte sul trattamento dell’estremismo.

Non c’è bisogno di essere un sostenitore di Trump o di avere la minima simpatia per i veri estremisti, sia di destra che di sinistra, per capire cosa significa tutto questo. La partnership dell’ADL con Big Tech dovrebbe suscitare le preoccupazioni di una crescente minaccia di un regime di tirannia corporativa liberale che – in nome della salvaguardia della democrazia, dell’”antirazzismo” e dell’opposizione all’estremismo – non solo intaccherà il discorso libero nella pubblica piazza ma lo bloccherà completamente. In quella che può essere l’espressione suprema della manipolazione, coloro, come l’ADL, che posano come i difensori della democrazia possono essere una minaccia molto più seria alle nostre libertà che i gruppi marginali che affermano di prendere di mira.

 

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: https://www.jns.org/opinion/is-the-adl-a-greater-threat-to-liberty-than-the-extremists-it-targets/

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