Pepe Escobar: Lula del Brasile in una giungla di specchi

LULA DEL BRASILE IN UNA GIUNGLA DI SPECCHI[1]

Ancora nei guai giudiziari e non osando presentarsi come un leader rivoluzionario, Lula nondimeno non dovrebbe essere sottovalutato

Di Pepe Escobar, 17 marzo 2021

Una sorprendente decisione della Corte Suprema che, sebbene non definitiva, ripristina i diritti politici di Lula ha colpito il Brasile come una bomba semiotica e ha immerso la nazione in un reality show condotto in una giungla di specchi frantumati.

All’inizio, sembrava che tre variabili chiave sarebbero rimaste immutate:

  • L’esercito brasiliano conduce lo show – e questo non cambierebbe. Costoro mantengono un totale potere di veto sulla possibilità che Lula possa correre per un terzo mandato presidenziale nel 2022 – oppure che venga neutralizzato, ancora una volta, mediante qualunque manovra giuridica ritenuta necessaria, al momento della loro scelta.
  • Il Presidente Bolsonaro – la cui popolarità si attesta intorno al 44% — avrebbe ora libero sfogo per mobilitare tutti i settori della destra contro Lula, sostenuto dalla classe dirigente brasiliana.
  • Il Ministro dell’Economia pinochetista Paulo Guedes continuerebbe ad avere libero sfogo per distruggere completamente lo stato, l’industria e la società brasiliana per conto del 0.001%.

Il Ministro dell’Economia Paulo Guedes

Ma poi, 48 ore dopo, è arrivato il tour de force di Lula: un discorso e una conferenza stampa al ritmo di combo che sono durati per tre ore proustiane – una performance iniziata con un lungo ringraziamento nella quale, significativamente, i primi due nomi sono stati il Presidente dell’Argentina Alberto Fernandez e Papa Francesco, che implicano un futuro asse strategico Brasile-Argentina.

Durante queste tre ore, Lula ha operato un magistrale bombardamento preventivo. Pienamente consapevole di non essere ancora fuori dai guai legali, lungi da ciò, egli non poteva forse presentarsi come un leader rivoluzionario. Nella complessa matrix brasiliana, solo l’evoluzione dei movimenti sociali creeranno nel lontano futuro le condizioni politiche per qualche possibilità di rivoluzione radicale.

Così Lula ha optato per il miglior gioco rimasto: egli ha completamente cambiato la narrazione tracciando un netto contrasto rispetto alla terribile landa desolata presieduta da Bolsonaro. Egli ha sottolineato il welfare della società brasiliana; il ruolo necessario dello stato, come fornitore dei servizi sociali e organizzatore dello sviluppo; e l’imperativo di creare lavori e aumentare gli introiti della popolazione.

“Io voglio che le Forze Armate si prendano cura della sovranità della nazione”, egli ha sottolineato. Il messaggio politico all’esercito brasiliano – che possiede tutte le carte nell’attuale sciarada politica – è stato inequivocabile.

Sull’autonomia della Banca Centrale Brasiliana, egli ha osservato che i soli che hanno tratto profitto sono “il sistema finanziario”. Ed egli ha detto molto chiaramente che la principale circostanza per la quale “costoro dovrebbero aver paura di me” sarà se pezzi pregiati del Brasile produttivo – come nel caso del gigante dell’energia nazionale Petrobras – verranno venduti per nulla. Così egli si è fermamente posizionato contro l’attuale spinta alla privatizzazione neoliberista.

Obama-Biden

Pur sapendo che Obama-Biden sono stati i (silenziosi) supervisori del colpo di stato giudiziario al rallentatore contro la Presidente Dilma Roussef dal 2013 al 2016, Lula non poteva permettersi di essere provocatorio nei confronti di Washington.

Astenendosi dallo scagliare una bomba a frammentazione egli non ha menzionato che l’allora Vice-Presidente Biden trascorse tre giorni in Brasile nel maggio 2013 e che incontrò Dilma – discutendo, tra le altre questioni chiave, delle favolose riserve di petrolio sottomarine. Una settimana dopo, la prima puntata di una tumultuosa rivoluzione colorata brasiliana investiva le strade.

Lula ha sfiorato un’altra potenziale bomba a frammentazione quando ha detto: “Avevo l’intenzione di costruire una forte valuta con Cina e Russia in modo da non essere dipendenti dal dollaro americano. Obama lo sapeva”.

Questo è giusto: ma Lula avrebbe potuto sottolineare che questa fu verosimilmente la motivazione fondamentale per il colpo di stato – e per la distruzione di un emergente Brasile, all’epoca la sesta più grande economia del mondo e che accumulava un vasto capitale politico in tutto il Sud Globale.

Lula è lungi dall’essere sicuro a sufficienza da prendersi il rischio di accusare l’intera complessa operazione di Obama/Biden/FBI/Dipartimento della Giustizia che ha creato le condizioni per il racket investigativo in guisa di “autolavaggio”, ora totalmente smascherato. Lo stato profondo americano sta guardando. Guardando tutto. In tempo reale. E costoro non lasceranno senza combattere che la loro neo-colonia tropicale sgusci via.

Tuttavia, il Lula Show è stato un invito ipnotico e incantatore a decine di milioni di persone incollate ai loro smartphone, una società esausta a livello terminale, inorridita e infuriata per una tragedia su più fronti presieduta da Bolsonaro.

Di qui l’inevitabile, successivo vortice.

Cosa bisogna fare?

Se si confermerà come il definitivo “ragazzo da cui si torna”, Lula dovrà affrontare una fatica di Sisifo. Il tasso di disoccupazione è, a livello nazionale, al 21.6%, e oltre il 30% nelle regioni più povere del nordest.

Esso raggiunge quasi il 50% nella fascia dei giovani tra i 18 e i 24 anni. L’aiuto governativo di emergenza in tempi di pandemia era stato fissato inizialmente a poco più di 100 dollari — a causa delle forti proteste dell’opposizione. Ora che è sceso ad una misera quantità di 64 dollari, l’opposizione si aggrappa ai precedenti 100 dollari che aveva rifiutato.

Per il 60% della classe lavoratrice brasiliana i salari mensili sono inferiori a quella che era la paga minima nel 2018, all’epoca valutata intorno ai 300 dollari.

In contrasto con l’impoverimento senza sosta, una grossa parte degli industriali brasiliani vorrebbe vedere la dura orchestra neoliberista di Guedes continuare a suonare incontrastata. Tutto ciò implica un iper-sfruttamento seriale della forza lavoro ed una svendita indiscriminata delle risorse del paese. Una larga parte dei depositi sottomarini – in termini di riserve già scoperte – non è più di proprietà brasiliana.

L’esercito ha di fatto consegnato l’economia della nazione alla finanza transnazionale. Il Brasile virtualmente dipende dall’agroindustria mercenaria per pagare i suoi conti. Non appena la Cina raggiungerà la sicurezza alimentare, con la Russia come principale fornitore, questo accordo svanirà e le riserve estere diminuiranno.

Parlare di “deindustrializzazione” in Brasile – come fa la sinistra liberale – non ha comunque senso, poiché gli stessi industriali rapaci sostengono il neoliberismo e il rentismo.

Se si aggiunge a questo un’esplosione del traffico di droga come diretta conseguenza del crollo industriale della nazione, insieme a quella che potrebbe essere definita come la progressiva evangelizzazione in stile americano della vita sociale che esprime l’anomia dominante, noi abbiamo il caso più spaventoso di un capitalismo disastroso che devasta un’importante economia del Sud Globale nel 21° secolo.

E allora cosa bisogna fare?

Nessuna pistola fumante

Ovviamente la pistola fumante non c’è. Ma tutto il gioco delle ombre indica un accordo. Ora a quanto pare a radunarsi attorno a lui sono, con l’eccezione dell’esercito, gli stessi attori che hanno cercato di distruggere Lula – quella che è soprannominata la “giuristocrazia”, i potenti interessi dei media, la dea del mercato.

Il Presidente del Brasile Jair Bolsonaro

Dopo tutto Bolsonaro, l’incarnazione di un progetto militare srotolato almeno dal 2014 – non è solo inadeguato per gli affari: la sua illogicità psicotica è assolutamente pericolosa.

Per esempio, se Brasilia estromette Huawei dal 5G in Brasile, più prima che poi i mercenari dell’agroindustria mangeranno i loro baccelli di soia, perché la rappresaglia cinese sarà devastante. La Cina è il primo partner commerciale del Brasile.

Le pieghe del complotto chiave rimangono senza risposta. Per esempio, se la decisione della Corte Suprema – che potrebbe essere capovolta – è stata presa solo per proteggere l’indagine dell’”autolavaggio”, in realtà un racket, e la sua superstar in stile Eliot Ness, l’ora screditato giudice provinciale Sergio Moro.

O se una nuova via crucis giudiziaria per Lula verrà scatenata se i manipolatori lo decideranno. Dopo tutto, la Corte Suprema è un cartello. Virtualmente ognuno degli 11 giudici è compromesso in un modo o nell’altro.

La variante capitale è cosa vogliono davvero i padroni imperiali. Nessuno all’interno della tangenziale ha una risposta conclusiva. Il Pentagono vuole una neo-colonia – con un’influenza Russia-Cina minima, e cioè un BRICS fratturato. Wall Street vuole il massimo saccheggio. Allo stato attuale, sia il Pentagono che Wall Street non sono mai stati così bravi.

Obama-Biden 3.0 vuole una certa continuità: il sofisticato progetto della prima metà degli anni 2010 di fare a pezzi il Brasile mediante una Guerra Ibrida sviluppata sotto il loro patrocinio. Ma ora tutto ciò deve procedere sotto una direzione “accettabile”; per i democratici la dirigenza Bolsonaro, ad ogni livello, è irrimediabilmente collegata a Trump.

Così questo è l’accordo cruciale da osservare nel lungo periodo: Lula/Obama/Biden 3.0.

Gli addetti ai lavori di Brasilia vicini all’esercito stanno sostenendo che se il consorzio stato profondo/Wall Street ottiene il suo nuovo cesto di leccornie – la Cina fuori dal 5G, la vendita delle armi accresciuta, la privatizzazione di Eletrobras, nuove politiche sui prezzi di Petrobras – l’esercito potrebbe di nuovo sbarazzarsi di Lula in qualunque momento.

Sempre in modalità negoziale, Lula era stato in azione anche prima della decisione della Corte Suprema. Alla fine del 2020, Kirill Dmitriev, capo del Fondo sovrano russo che ha finanziato il vaccino Sputnik 5, si è incontrato con Lula, dopo che egli aveva identificato l’ex presidente come uno dei firmatari di una petizione del premio Nobel dell’Economia Muhammad Yunus che chiedeva che i vaccini contro il Covid-19 vengano resi bene comune. L’incontro era stato fermamente incoraggiato dal Presidente russo Putin.

Questo alla fine ha prodotto la disponibilità di milioni di dosi di Sputnik 5 per un gruppo di stati brasiliani del nordest. Lula ha esercitato un ruolo chiave nel negoziato. Il governo federale, inizialmente si era piegato alla pesante pressione americana per demonizzare Sputnik 5, ma poi di fronte ad un disastro vaccinale, è stato costretto a saltare sul carro e ora sta addirittura cercando di prendersene il merito.

Lula riceve una dose del vaccino Sinovac contro il Covid-19

Attualmente, questa avvincente frenesia politica da telenovela potrebbe mostrare tutti i segni distintivi di un incrocio da guerra psicologica tra le MMA[2] e la WWE[3] – con protagonisti pochi bravi ragazzi e una grande quantità di mascalzoni.

Alla casa (l’esercito) piacerebbe dare l’impressione di controllare tutte le scommesse. Ma Lula – come il consumato professionista della politica che “vola come una farfalla e punge come un’ape” – non dovrebbe mai essere sottovalutato.

Non appena l’addomesticamento del Covid-19 lo permetterà – in larga misura grazie a Sputnik 5 – la migliore scommessa di Lula sarà quella di mettersi per strada. Scatenare le malconce masse lavoratrici nelle strade, energizzarle, parlare con loro, ascoltarle. Internazionalizzare il dramma brasiliano e nel contempo cercare di colmare il divario tra Washington e i BRICS.

E agire come il vero leader del Sud Globale che non ha mai cessato di essere.

 

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: https://asiatimes.com/2021/03/brazils-lula-in-a-wilderness-of-mirrors/

[2] Nota del traduttore: la sigla MMA sta per Mixed Martial Arts, arti marziali miste.

[3] Nota del traduttore: la sigla WWE sta per World Wrestling Entertainment, che è un’azienda statunitense che si occupa prevalentemente di wrestling.

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