L’apocalisse di Dresda nel ricordo di un sopravvissuto

 

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SONO SOPRAVVISSUTO AL BOMBARDAMENTO DI DRESDA E CONTINUO A RITENERE CHE FU UN CRIMINE DI GUERRA[1]

Di Victor Gregg, 15 febbraio 2013

Come prigioniero di guerra detenuto a Dresda, ancora soffro i ricordi di quei terribili eventi e la mia rabbia rifiuta di placarsi.

Gli omicidi e gli spargimenti di sangue non erano una novità per me. Mi ero arruolato due anni prima dello scoppio della seconda guerra mondiale e nel corso del mio ventunesimo anno di età avevo preso parte ad una battaglia importante e a diverse altre di minore importanza. Avevo preso parte a combattimenti dove il terreno di fronte a me era ingombro dei resti di giovani uomini che un tempo erano stati pieni della gioia di vivere, di ridere e di scherzare con i loro compagni. Mentre gli anni della guerra passavano, il combattimento diventava più feroce, nuove armi venivano introdotte e nuovi giovani uomini diventavano i bersagli. Come feci a rimanere una persona sana di mente attraverso tutto questo non so.

Poi venne la sera del 13 febbraio 1945 – 68 anni fa questa settimana. Ero un prigioniero di guerra detenuto a Dresda. Erano circa le 10.30 della notte, le sirene dei raid aerei iniziarono il loro lugubre ululato e poiché questo accadeva ogni notte non ci si fece caso. La gente di Dresda credeva che fintanto che la Luftwaffe si fosse tenuta lontana da Oxford, Dresda sarebbe stata risparmiata. Le sirene si fermarono e dopo un breve periodo di silenzio la prima ondata dei ricognitori piombò sulla città sganciando i razzi illuminanti.

Con il cadere delle bombe incendiarie, il fosforo si attaccava ai corpi delle persone sottostanti, trasformandole in torce umane. Gli urli di coloro che venivano bruciati vivi si aggiungeva alle grida di quelli non ancora colpiti. Non c’era bisogno di razzi illuminanti per guidare la seconda ondata dei bombardieri verso il loro bersaglio, perché l’intera città era diventata una gigantesca torcia. Deve essere stata visibile ai piloti da un centinaio di miglia di distanza. Dresda non aveva difese, nessuna artiglieria contraerea, nessun riflettore, niente.

Il mio resoconto di questa tragedia, Dresda: la storia di un sopravvissuto, è stato pubblicato il giorno dell’anniversario questa settimana. Ho dato un certo numero di interviste in occasione della pubblicazione, nelle quali ho sostenuto che l’affare fu un crimine di guerra al massimo grado, una macchia per la reputazione degli inglesi che solo delle scuse effettuate pubblicamente con il massimo risalto sarebbero sufficienti a cancellare.

Molti – inclusi alcuni commenti scritti in calce agli articoli su questo sito – mi hanno criticato per questo. Nel leggere queste critiche devo ammettere che alcune delle cose che ho scritto hanno provocato in molte persone un certo dolore, ma a queste persone vorrei dire che in quanto essere umano ancora soffro a volte i ricordi di quei terribili eventi.

L’essere visto come una sorta di eroe da un lato, e un sostenitore del nazismo dall’altro, mi hanno insegnato che ogni questione ha molti punti di vista. Ho imparato a sforzarmi di comprendere coloro che sono in disaccordo con il mio modo di vedere. Come Kurt Vonnegut in Mattatoio n°5, ho scritto quello che ho vissuto. Non ho un interesse personale. Mi sono solo messo a sedere e ho cercato di svuotare la mente e di dissipare i residui degli incubi di cui occasionalmente ancora soffro.

La mia giustificazione per il fatto di nutrire ancora questi sentimenti sono gli eventi della storia europea a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. I massacri in Bosnia a Srebrenica, il lancio dei missili Tomahawk da parte degli incrociatori navali britannici nel centro di una abitata Benghazi, il modo in cui in quanto nazione tendiamo ancora a essere simpatetici verso l’uso di una superiore forza aerea per bombardare centri sovraffollati di profughi. Queste sono le ragioni per le quali la mia rabbia rifiuta di placarsi.

Forse dovrei essere più realistico e accettare il concetto della brutalità della razza umana, ma sono sempre stato un individuo ostinato. Non sono un diplomatico. Mi è solo accaduto di aver vissuto il peggio che l’uomo ha da offrire e non mi piace per niente. Tenendo presente che ho profondamente a cuore il futuro di tutti i miei figli e nipoti, permettetemi vi prego di esprimere la mia rabbia.

 

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: https://www.theguardian.com/commentisfree/2013/feb/15/bombing-dresden-war-crime

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