Un articolo di John Wear sui processi per crimini di guerra tenuti dagli Alleati

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EBREI VENDICATIVI INFIRMANO LA CREDIBILITÀ DEI PROCESSI PER CRIMINI DI GUERRA TENUTI DAGLI ALLEATI

Di John Wear

L’International Military Tribunal (IMT) (Tribunale Militare Internazionale) di Norimberga, i dodici processi secondari di Norimberga (NMT), e numerosi altri processi vengono ripetutamente citati come prova della veridicità dell’Olocausto. Ad esempio, il giudice ebreo americano Norbert Ehrenfreund ha scritto:

I tedeschi del 21° secolo sanno cosa accadde durante l’era nazista perché essi lo apprendono a scuola, attraverso i programmi televisivi e varie altre fonti. E questa informazione non proviene da vociferazioni o da discutibili dicerie. Né si tratta di una fabbricazione del popolo ebraico, come viene suggerito da alcune fazioni antisemitiche. Le prove dell’Olocausto si basano sui fatti di solide prove prodotte al processo [di Norimberga][1]

Questo articolo documenta l’operato di alcuni avvocati, inquirenti e testimoni ebrei le cui parole e le cui azioni provano che i processi per crimini di guerra condotti dagli Alleati furono procedimenti politicamente motivati che non riuscirono a produrre prove credibili del cosiddetto Olocausto.

Benjamin Ferencz

Benjamin Ferencz, un inquirente ebreo americano dei crimini di guerra, nacque in Transilvania e crebbe a New York City prima di conseguire la sua laurea in giurisprudenza a Harvard. Egli ebbe l’incarico di indagare sui campi di concentramento di Buchenwald, Mauthausen e Dachau dopo la guerra[2].

Ferencz afferma in un’intervista di non avere un’alta opinione dei processi per i crimini di guerra a Dachau condotti dall’esercito americano:

Io ero lì alla liberazione, come sergente della Terza Armata, l’Armata del generale Patton, e il mio compito era quello di raccogliere i registri del campo e le testimonianze dei testimoni, che diventarono le basi per le incriminazioni…Ma i processi di Dachau furono totalmente spregevoli. Non c’era nulla che somigliasse allo stato di diritto. Assomigliavano più a delle corti marziali. Ad esempio, essi potevano portare alla sbarra 20 o 30 persone, e metterle in riga, ognuna con un numero su un cartellino legato al collo. La corte consisteva di tre ufficiali. Nessuno di loro aveva alcuna formazione legale, per quanto abbia potuto constatare; se qualcuno di loro l’aveva si trattò di un caso fortuito. Un ufficiale venne assegnato come avvocato difensore, un altro come pubblico ministero, il terzo come giudice. Il pubblico ministero si alzava e diceva qualcosa del genere: “Noi accusiamo tutti voi di essere colpevoli di crimini contro l’umanità e di crimini di guerra e di maltrattamento dei prigionieri di guerra e di altre brutalità commesse nel campo, tra il 1942 e il 1943: cosa avete da dire al riguardo?”. Ad ogni imputato veniva concesso circa un minuto per difendersi, che equivaleva di solito a proclamarsi non colpevole. Un processo ad esempio, che durò due minuti, perseguì 10 persone e le condannò tutte a morte. Non era la mia idea di un procedimento giudiziario. Voglio dire, ero un laureato di Harvard giovane e idealista[3].

Ferencz inoltre asserisce che nessuno, lui compreso, protestò contro queste procedure nei processi di Dachau[4]. Ferencz dice poi riguardo ai processi militari a Dachau: “Pensavo che tutto ciò fosse ingiusto? Non proprio. Costoro stavano nel campo; essi videro cosa accadde…Ma ero disgustato”[5].

L’avvocato difensore che si occupò del processo di Mauthausen e poi dei processi di Dachau sostenne che le confessioni firmate dagli accusati, utilizzate dall’accusa con grande effetto, erano state estorte agli imputati mediante violenze fisiche, coercizioni e inganni[6]. Benjamin Ferencz ammette in un’intervista che egli utilizzò minacce e intimidazioni per ottenere confessioni:

Lei sa come ottenni le dichiarazioni dei testimoni? Andavo in un villaggio dove, diciamo, un pilota americano era stato paracadutato ed era stato picchiato a morte e mettevo tutti contro il muro. Poi dicevo: “Chiunque mente sarà fucilato sul posto”. Non mi accadde mai che le dichiarazioni ottenute con la forza venissero invalidate[7].

Ferencz, che gode di una reputazione internazionale come sostenitore della pace nel mondo, riferisce inoltre una storia riguardante il suo interrogatorio di un colonnello delle SS. Ferencz spiegò che egli estrasse la pistola per intimidirlo:

Cosa fai quando egli pensa di essere ancora al comando? Devo mostrargli che comando io. Tutto quello che devo fare è premere il grilletto e segnarlo come “auf der Flucht erschossen” [colpito mentre cercava di fuggire]…Io dissi: “Lei signore ha una sporca uniforme, se la tolga!”. Lo feci spogliare e gettai i suoi vestiti fuori della finestra. Egli stette lì nudo per mezzora, coprendosi i testicoli con le mani, non sembrando l’ufficiale delle SS che si diceva che fosse. Poi dissi: “Ora ascolta, tu ed io avremo un chiarimento. Sono un ebreo—mi piacerebbe ucciderti e segnarti come ‘auf der Flucht erschossen’, ma farò quello che tu non faresti mai. Ti siederai e scriverai esattamente quello che è successo—quando sei entrato al campo, chi stava lì, quanti sono morti, perché sono morti, ogni altra cosa su tutto ciò. Oppure, tu non devi fare questo—non ne hai l’obbligo—tu puoi scrivere una lettera di cinque righe a tua moglie, e noi cercheremo di recapitarla…”. [Ferencz ottiene la dichiarazione desiderata e continua]: Io poi mi recai da qualcuno che stava fuori e dissi: “Maggiore, ho questo affidavit, ma non lo userò—è una confessione estorta. Io voglio che lei entri, che sia cortese con lui e che gliela faccia riscrivere”. La seconda [confessione] sembrava essere okay—gli dissi di conservare la seconda e di distruggere la prima. Ecco come andò[8].

Il fatto che Ferencz minacciò e umiliò il suo testimone e lo riferì al suo superiore indica che egli operava in una cultura in cui tali metodi illegali erano accettabili[9]. Qualunque laureato in legge di Harvard sa che tali prove non sono ammissibili in una legittima aula di tribunale.

Robert Kempner

Robert Kempner fu il procuratore capo americano nel Processo ai ministri a Norimberga, in cui 21 dirigenti governativi tedeschi furono imputati. Kempner era un ebreo tedesco che aveva perduto la sua posizione come Principale Consulente Legale del Dipartimento di Polizia prussiano a causa delle leggi razziali nazionalsocialiste. Egli emigrò dapprima in Italia e poi negli Stati Uniti. Kempner era rancoroso riguardo alla sua esperienza ed era voglioso di perseguire e di far condannare i dirigenti tedeschi che avevano avuto responsabilità governative[10].

Kempner convinse il sottosegretario Friedrich Wilhelm Gaus, un importante dirigente del ministero degli esteri tedesco, a diventare testimone per l’accusa nel Processo ai ministri. La trascrizione dell’interrogatorio di Gaus da parte di Kempner rivela che Kempner persuase Gaus a scambiare il ruolo di imputato con quello di collaboratore dell’accusa. Pochi giorni dopo un giornale tedesco fece un servizio su una lunga dichiarazione manoscritta di Gaus in cui Gaus ammetteva la colpa collettiva dei membri del governo tedesco. Kempner aveva fornito al giornale l’accusa di Gaus[11].

Molte persone diventarono critiche dei pesanti metodi di interrogatorio utilizzati da Kempner. Nel caso di Friedrich Gaus, per esempio, Kempner aveva minacciato di consegnare Gaus ai sovietici se Gaus non avesse collaborato[12]. Il legale Charles LaFollete disse che i metodi illeciti di interrogare utilizzati da Kempner “erano risaputi a Norimberga per tutto il tempo in cui stetti lì e [erano] oggetto di proteste da parte di quelli di noi che avevano previsto che sarebbe venuto il giorno, proprio come ora lo sperimentiamo, in cui i tedeschi avrebbero cercato di presentare come martiri i criminali comuni sotto processo a Norimberga”[13].

Durante il Processo ai ministri, Kempner cercò di influenzare anche il segretario di Stato tedesco Ernst von Weizsäcker. Tuttavia, Weizsäcker si rifiutò coraggiosamente di collaborare. Richard von Weizsäcker, che aiutò a difendere suo padre al processo, scrisse: “Durante il procedimento Kempner una volta mi disse che sebbene la nostra difesa fosse molto buona, essa era segnata da un errore: avremmo dovuto assumere lui, Kempner, come avvocato difensore di mio padre”. Richard von Weizsäcker si rese conto che le parole di Kempner erano null’altro che puro cinismo[14].

Il dr. Arthur Robert Butz conclude che “vi sono ottimi motivi, basati sugli archivi, per ritenere che Kempner abusò del potere che aveva nei tribunali militari, e che produsse delle ‘prove’ mediante metodi impropri che prevedevano minacce e varie forme di coercizione”[15].

La tortura dei testimoni

I pubblici ministeri ebrei spesso utilizzarono la tortura per riuscire a far condannare gli imputati tedeschi a Norimberga e in altri processi postbellici. Un esempio eloquente dell’uso della tortura per ottenere delle prove è la confessione di Rudolf Höss, che era stato comandante ad Auschwitz durante la guerra. la testimonianza di Höss all’IMT fu la prova chiave presentata per documentare il programma di sterminio tedesco. Höss disse che più di 2.5 milioni di persone erano state sterminate nelle camere a gas di Auschwitz, e che altri 500.000 detenuti erano morti lì per altre cause[16]. Nessun difensore della vulgata olocaustica oggi accetta queste cifre gonfiate, e altre parti cruciali della testimonianza di Höss all’IMT sono largamente riconosciute come non vere.

Nel 1983, il libro anti-nazista Legions of Death di Rupert Butler affermò che il sergente ebreo Bernard Clarke e altri ufficiali britannici torturarono Rudolf Höss per indurlo a una confessione. La tortura di Höss fu particolarmente brutale. Né Bernard Clarke né Rupert Butler trovano qualcosa di sbagliato o di immorale nella tortura di Höss. Costoro non sembrano rendersi conto delle implicazioni dei loro resoconti. Bernard Clarke e Rupert Butler dimostrano che la testimonianza di Höss a Norimberga venne ottenuta mediante tortura, e costituisce perciò una prova non credibile per l’accertamento di un programma di genocidio da parte dei tedeschi contro l’ebraismo europeo[17].

Bernard Clarke non fu il solo ebreo che torturò dei tedeschi per ottenere le loro confessioni. Tuviah Friedman, per esempio, fu un ebreo polacco che era stato detenuto nei campi di concentramento tedeschi. Friedman per sua propria ammissione picchiò un giorno fino a 20 prigionieri tedeschi per ottenere confessioni e scoprire membri delle SS. Friedman affermò che “Mi diede soddisfazione. Volevo vedere se essi avrebbero pianto o implorato pietà”[18].

Molti degli inquirenti nei processi condotti dagli Alleati erano rifugiati ebrei provenienti dalla Germania che odiavano i tedeschi. Questi inquirenti ebrei diedero sfogo al loro odio trattando i tedeschi con brutalità per estorcere loro delle confessioni. Un reporter che seguiva il processo di Dachau lasciò il proprio lavoro perché era scandalizzato di ciò che stava succedendo lì nel nome della giustizia. Egli in seguito testimoniò in una subcommissione del Senato americano che gli interroganti più brutali erano stati tre ebrei di origine tedesca[19].

Oltre ad aver torturato imputati per farli confessare, alcuni imputati non vissero per vedere l’inizio dei loro processi. Ad esempio, Richard Baer, l’ultimo comandante di Auschwitz, negò categoricamente l’esistenza delle camere a gas omicide nei suoi interrogatori pre-processuali al processo su Auschwitz di Francoforte. Baer morì nel giugno 1963 in circostanze misteriose mentre era detenuto in custodia pre-processuale. Un’autopsia effettuata su Baer alla Facoltà di Medicina dell’Università di Francoforte disse che l’ingestione di un veleno inodore e non corrosivo non poteva essere esclusa come causa della morte.

È largamente risaputo sin dal rapimento di Adolf Eichmann in Argentina che il Mossad israeliano ha risorse enormi. Dato il fatto che il Procuratore Capo Fritz Bauer era un ebreo sionista, una circostanza che gli avrebbe dovuto precludere la conduzione dell’indagine pre-processuale, è sicuramente possibile che le forze dell’ebraismo internazionale fossero in grado di uccidere Richard Baer nella sua cella. Opportunamente, il processo su Auschwitz di Francoforte, in Germania, iniziò quasi immediatamente dopo la morte di Baer. Con la morte di Baer, i pubblici ministeri del processo furono in grado di ottenere il loro obbiettivo primario: rafforzare il mito delle camere a gas e stabilirlo come un fatto storico inattaccabile[20].

Le testimonianze dei falsi testimoni

I falsi testimoni vennero utilizzati nella maggior parte dei processi per crimini di guerra condotti dagli Alleati. Stephen F. Pinter prestò servizio come pubblico accusatore dell’esercito americano nei processi americani contro i tedeschi a Dachau. In un affidavit del 1960, Pinter disse che “testimoni notoriamente spergiuri” vennero utilizzati per condannare imputati tedeschi con imputazioni false e infondate. Pinter asserì: “Purtroppo, in conseguenza di questi errori giudiziari, molte persone innocenti vennero condannate e alcune vennero giustiziate”[21].

Joseph Halow, un giovane cronista giudiziario americano che si occupò dei processi di Dachau nel 1947, in seguito descrisse alcuni dei falsi testimoni dei predetti processi:

“…la maggior parte dei testimoni dell’accusa nei casi riguardanti i campi di concentramento divennero noti come ‘testimoni professionisti’, e tutti quelli che lavoravano a Dachau li consideravano tali. ‘Professionisti’, in quanto venivano pagati per ogni giorno in cui testimoniavano. Inoltre, erano riforniti gratis di vitto e alloggio, in un’epoca in cui queste cose erano spesso difficili da ottenere in Germania. Alcuni di loro stettero a Dachau per mesi, testimoniando in tutti i processi riguardanti i campi di concentramento. In altre parole, questi testimoni si guadagnavano da vivere testimoniando per l’accusa. Di solito, costoro erano ex detenuti dei campi, e il loro forte odio nei confronti dei tedeschi avrebbe dovuto, come minimo, mettere in discussione la loro testimonianza”[22].

Un esempio eloquente di testimonianza spergiura accadde nei processi di Dachau. L’inquirente ebreo americano Josef Kirschbaum portò un ex detenuto chiamato Einstein in tribunale a testimoniare che l’imputato Menzel aveva ucciso il fratello di Einstein. Menzel, tuttavia, rintuzzò tale testimonianza: gli bastò indicare il fratello di Einstein che stava seduto nell’aula mentre ascoltava la storia del suo omicidio. Kirschbaum perciò si rivolse ad Einstein ed esclamò: “Come possiamo portare questo porco alla forca, se tu sei così stupido da portare tuo fratello in tribunale?”[23].

L’utilizzo dei falsi testimoni è stato riconosciuto da Johann Neuhäusler, che era un ecclesiastico che aveva partecipato alla resistenza e che era stato internato in due campi di concentramento tedeschi dal 1941 al 1945. Neuhäusler scrisse che in alcuni dei processi condotti dagli americani “molti dei testimoni, forse il 90%, erano testimoni professionisti pagati [e] con precedenti penali che andavano dal furto all’omosessualità”[24].

Falsi testimoni oculari ebrei sono stati spesso utilizzati per cercare di far condannare imputati innocenti. Ad esempio, John Demjanjuk, un cittadino americano naturalizzato, venne accusato da testimoni oculari di essere la guardia omicida di Treblinka chiamata Ivan il Terribile. Demjanjuk venne deportato in Israele, e una corte israeliana lo processò e lo condannò primariamente sulla base delle testimonianze oculari di cinque sopravvissuti ebrei di Treblinka. L’avvocato difensore di Demjanjuk scoprì alla fine nuove prove che dimostravano che il sovietico KGB aveva incastrato Demjanjuk falsificando documenti che lo mostravano presuntivamente come una guardia di Treblinka. La Corte Suprema israeliana decise che i resoconti dei cinque testimoni oculari non erano credibili e che Demjanjuk era innocente[25].

Un altro esempio di falsa testimonianza oculare ebraica riguardante la storia dell’Olocausto accadde nel caso di Frank Walus, che era un operaio in pensione di Chicago accusato di aver ucciso ebrei nella sua nativa Polonia durante la guerra. Un’accusa da parte di Simon Wiesenthal che Walus aveva lavorato per la Gestapo indusse il governo americano ad intraprendere l’azione giudiziaria. Undici ebrei testimoniarono sotto giuramento durante il processo che Walus aveva ucciso degli ebrei durante la guerra. Dopo una costosa battaglia legale durata quattro anni, Walus fu infine in grado di provare che egli aveva trascorso gli anni di guerra come un adolescente che lavorava in fattorie tedesche. Un articolo pubblicato nel 1981 dell’American Bar Association concluse riguardo al processo di Walus che “…in un’atmosfera di odio prossima all’isteria, il governo perseguì un uomo innocente”[26].

Il ruolo accusatorio degli ebrei nei processi

Un russo chiese a Benjamin Ferencz perché gli americani non avevano semplicemente ucciso i criminali di guerra tedeschi. Ferencz rispose: “…noi non facciamo questo. Concederemo loro un giusto processo”[27]. Robert Kempner affermò che Norimberga e gli altri processi si erano risolti nel “più grande seminario di storia mai effettuato”[28]. In realtà, i tedeschi non ricevettero giusti processi dopo la seconda guerra mondiale, e i “processi” che ricevettero hanno esercitato un ruolo fondamentale nel costituire la fraudolenta storia dell’Olocausto.

Gli ebrei hanno esercitato un ruolo cruciale nell’organizzare l’IMT a Norimberga. Nahum Goldmann, un ex presidente del World Jewish Congress (WJC), affermò nelle sue memorie che il Tribunale di Norimberga fu un’idea dei dirigenti del WJC. Goldmann disse che solo dopo gli insistenti sforzi dei dirigenti del WJC i leader Alleati si persuasero ad accettare l’idea del Tribunale di Norimberga[29]. Il WJC esercitò anche un ruolo importante ma meno visibile nella prassi quotidiana del processo[30].

Due ufficiali ebrei dell’esercito americano (coinvolti allo scopo) esercitarono parimenti un ruolo chiave nei processi di Norimberga. Il tenente colonnello Murray Bernays, un eminente avvocato di New York, persuase il Ministro americano della Guerra Henry Stimson e altri a mettere sotto processo gli sconfitti leader tedeschi[31]. Il colonnello David Marcus, un fervente sionista, fu il capo della Sezione Crimini di Guerra del governo americano dal febbraio 1946 all’aprile 1947. Marcus venne posto al vertice della Sezione Crimini di Guerra per “assumere il compito gigantesco di selezionare centinaia di giudici, pubblici ministeri e avvocati” per i processi NMT di Norimberga[32].

Questa influenza ebraica indusse gli Alleati a prestare una particolare attenzione al presunto sterminio dei sei milioni di ebrei. Il procuratore capo americano Robert H. Jackson, per esempio, dichiarò nel suo discorso di apertura al Tribunale di Norimberga: “I crimini più barbari e numerosi pianificati e commessi dai nazisti sono stati quelli contro gli ebrei…È mio proposito mostrare il piano e il disegno a cui tutti i nazisti sono stati fanaticamente devoti, quello di annichilire tutto il popolo ebraico…Lo scopo dichiarato era la distruzione del popolo ebraico nel suo complesso…La storia non registra un crimine mai perpetrato contro così tante vittime o che sia stato attuato con una crudeltà così calcolata”[33].

Il procuratore britannico Sir Hartley Shawcross fece eco alle parole di Jackson nel suo discorso conclusivo all’IMT. Grazie all’influenza ebraica, numerosi altri processi relativi all’Olocausto vennero in seguito condotti nella Germania ovest, in Israele e negli Stati Uniti, inclusi i processi altamente pubblicizzati di Gerusalemme contro Adolf Eichmann e John Demjanjuk[34].

L’influenza ebraica in Germania ha fatto sì che un imputato venga considerato colpevole semplicemente per aver prestato servizio in un campo di concentramento tedesco durante la guerra. Ad esempio, dopo essere stato assolto dalla Corte Suprema israeliana, John Demjanjuk venne nuovamente accusato con la motivazione che era stato una guardia chiamata Ivan Demjanjuk nel campo di Sobibor in Polonia. L’11 maggio 2009, Demjanjuk venne deportato da Cleveland per essere processato in Germania. Demjanjuk venne condannato da una corte penale tedesca come complice dell’omicidio di 27.900 persone a Sobibor e condannato a cinque anni di prigione. Nessuna prova venne presentata nel processo contro Demjanjuk che lo collegasse a crimini specifici. Demjanjuk morì in Germania prima che il suo appello potesse essere discusso da una corte d’appello tedesca[35].

Questa politica tedesca postbellica è mozzafiato nella sua doppiezza. Essa asserisce in modo scorretto che certi campi di concentramento tedeschi furono progettati e utilizzati con il solo scopo di sterminare gli ebrei quando, in realtà, nessuno di loro lo fu. Inoltre, questa legge tedesca asserisce che una persona è colpevole per il solo fatto di aver prestato servizio in uno di questi campi. Le persone possono essere ritenute colpevoli di un crimine anche quando non viene presentata nessuna prova che costoro commisero un crimine. Gruppi ebraici come il Simon Wiesenthal Center continuano a tutt’oggi, grazie a questa linea della dottrina legale tedesca, a perseguire e a far condannare altri tedeschi anziani che furono a suo tempo delle guardie[36].

Conclusione

L’IMT e i successivi processi per crimini di guerra condotti dagli Alleati furono una parodia di giustizia organizzata da ebrei che cercavano di demonizzare e di punire i tedeschi. Questi processi condotti dagli Alleati furono procedimenti politicamente motivati che accusarono falsamente i tedeschi di aver condotto una politica di genocidio contro l’ebraismo europeo.

 

Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: https://inconvenienthistory.com/12/3/7403#_ednref36

[1] Ehrenfreund, Norbert, The Nuremberg Legacy: How the Nazi War Crime Trials Changed the Course of History, New York: Palgrave MacMillan, 2007, p. 140.

[2] Stover, Eric, Peskin, Victor, and Koenig, Alexa, Hiding in Plain Sight: The Pursuit of War Criminals from Nuremberg to the War on Terror, Oakland, Cal.: University of California Press, 2016, p. 32.

[3] Stuart, Heikelina Verrijn and Simons, Marlise, The Prosecutor and the Judge, Amsterdam: Amsterdam University Press, 2009, p. 17.

[4] Ibidem.

[5] Lowe, Keith, The Fear and the Freedom: How the Second World War Changed Us, New York: St. Martin’s Press, 2017, p. 198.

[6] Jardim, Tomaz, The Mauthausen Trial, Cambridge, Mass.: Harvard University Press, 2012, p. 6.

[7] Brzezinski, Matthew, “Giving Hitler Hell”, The Washington Post Magazine, July 24, 2005, p. 26.

[8] Jardim, Tomaz, The Mauthausen Trial, Cambridge, Mass.: Harvard University Press, 2012, pp. 82-83.

[9] Ivi, p. 83.

[10] Weizsäcker, Richard von, From Weimar to the Wall: My Life in German Politics, New York: Broadway Books, 1997, pp. 92, 97.

[11] Ivi, pp. 97-98.

[12] Maguire, Peter, Law and War: International Law & American History, New York: Columbia University Press, 2010, p. 117.

[13] Frei, Norbert, Adenauer’s Germany and the Past: The Politics of Amnesty and Integration, New York: Columbia University Press, 2002, p. 108.

[14] Weizsäcker, Richard von, From Weimar to the Wall: My Life in German Politics, New York: Broadway Books, 1997, pp. 98-99.

[15] Butz, Arthur R., The Hoax of the Twentieth Century: The Case against the Presumed Extermination of European Jewry, Newport Beach, Cal.: Institute of Historical Review, 1993, p. 169.

[16] Taylor, Telford, The Anatomy of the Nuremberg Trials: A Personal Memoir, New York: Alfred A. Knopf, 1992, p. 363.

[17] Faurisson, Robert, “How the British Obtained the Confessions of Rudolf Höss,” The Journal of Historical Review, Vol. 7, No. 4, Winter 1986-87, pp. 392-399.

[18] Stover, Eric, Peskin, Victor, and Koenig, Alexa, Hiding in Plain Sight: The Pursuit of War Criminals from Nuremberg to the War on Terror, Oakland, Cal.: University of California Press, 2016, pp. 70-71.

[19] Halow, Joseph, “Innocent in Dachau: The Trial and Punishment of Franz Kofler et al.,” The Journal of Historical Review, Vol. 9, No. 4, Winter 1989-1990, p. 459. See also Bower, Tom, Blind Eye to Murder, Warner Books, 1997, pp. 304, 310, 313.

[20] Staeglich, Wilhelm, Auschwitz: A Judge Looks at the Evidence, Institute for Historical Review, 1990, pp. 238-239.

[21] Dichiarazione giurata e autenticata di Stephen F. Pinter, 9 febbraio 1960. Facsimile in Erich Kern, ed., Verheimlichte Dokumente, Munich: 1988, p. 429.

[22] Halow, Joseph, Innocent at Dachau, Newport Beach, Cal.: Institute for Historical Review, 1992, p. 61.

[23] Ivi, pp. 312-313; vedi anche Utley, Freda, The High Cost of Vengeance, Chicago: Henry Regnery Company, 1949, p. 195.

[24] Frei, Norbert, Adenauer’s Germany and the Past: The Politics of Amnesty and Integration, New York: Columbia University Press, 2002, pp. 110-111.

[25] Un eccellente resoconto del processo di Demjanjuk è fornito in: Sheftel, Yoram, Defending “Ivan the Terrible”: The Conspiracy to Convict John Demjanjuk, Washington, D.C., Regnery Publishing, Inc., 1996.

[26] “The Nazi Who Never Was,” The Washington Post, May 10, 1981, pp. B5, B8.

[27] Stuart, Heikelina Verrijn and Simons, Marlise, The Prosecutor and the Judge, Amsterdam: Amsterdam University Press, 2009, p. 16.

[28] Bazyler, Michael, Holocaust, Genocide, and the Law: A Quest for Justice in a Post-Holocaust World, New York: Oxford University Press, 2016, p. 106.

[29] Goldmann, Nahum, The Autobiography of Nahum Goldmann: Sixty Years of Jewish Life, New York: Holt, Rinehart and Winston, 1969, pp. 216-217.

[30] Weber, Mark, “The Nuremberg Trials and the Holocaust,” The Journal of Historical Review, Vol. 12, No. 2, Summer 1992, p. 170.

[31] Conot, Robert E., Justice at Nuremberg, New York: Harper & Row, 1983, pp. 10-13.

[32] Butz, Arthur R., The Hoax of the Twentieth Century: The Case against the Presumed Extermination of European Jewry, Newport Beach, Cal.: Institute of Historical Review, 1993, pp. 27-28.

[33] Office of the United States Chief of Counsel for the Prosecution of Axis Criminality, Nazi Conspiracy and Aggression (11 vols.), Washington, D.C.: U.S. Govt., 1946-1948. (The “red series”) / NC&A, Vol. 1, pp. 134-135.

[34] Weber, Mark, “The Nuremberg Trials and the Holocaust,” The Journal of Historical Review, Vol. 12, No. 2, Summer 1992, pp. 167-169.

[35] The Dallas Morning News, May 7, 2013, p. 9A.

[36] Ibidem.

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