Una cattiva notizia per l’imperialismo americano è una buona notizia per il resto dell’umanità

I candidati alle prossime elezioni presidenziali americane sono Donald Trump e Joe Biden. Possiamo essere certi che chiunque vincerà rafforzerà ulteriormente i legami – già solidissimi – degli Stati Uniti con Israele.

Cominciamo con Biden: il giornale ebraico Forward ha appena pubblicato un articolo in cui dice che la lunga devozione di Biden a Israele è un’ottima ragione per votarlo. L’articolo si intitola “38 miliardi di ragioni per votare Joe Biden”: si riferisce al pacchetto di aiuti a Israele di 38 miliardi di dollari, una somma che equivale a 7.000 dollari al minuto provenienti dai contribuenti americani. Questo denaro sta affluendo in Israele nonostante le difficoltà in cui versa l’economia americana, pesantemente danneggiata dalle chiusure causate dal COVID-19: 163.735 attività hanno chiuso i battenti e milioni di americani hanno perso il lavoro.

Secondo l’ex deputato americano Robert Wexler, Joe Biden ha avuto un ruolo determinante nella negoziazione del decennale pacchetto di aiuti a Israele – del valore, ripetiamo, di 38 miliardi di dollari – che il Congresso ha approvato nel 2016: il più grande nella storia degli Stati Uniti. Biden si è sempre opposto all’esigenza di fornire aiuti a Israele condizionandoli al rispetto di quei diritti umani che lo stato ebraico viola da sempre, sia nei confronti dei palestinesi che degli appartenenti a confessioni religiose diverse da quella ebraica, come i musulmani e i cristiani. Secondo Biden, sarebbe assolutamente scandaloso prevedere delle condizionalità per gli aiuti a Israele.

Biden si è anche impegnato a preservare il vantaggio militare qualitativo di Israele nei confronti degli stati arabi, ed è quindi improbabile che un’eventuale amministrazione Biden autorizzerebbe la vendita degli aerei F-35 o di altre armi sofisticate ai vicini di Israele senza l’approvazione dello stato ebraico.

Tutto ciò, nonostante il fatto che Israele disponga di uno dei più potenti eserciti del mondo, oltre a essere l’unico paese del Medio Oriente provvisto di armi nucleari.

Ma come mai Biden ha tutta questa devozione nei confronti di Israele? “Se volete sapere perché Joe Biden non dice una parola critica di Israele” – afferma il sito mondoweiss.net – “riflettete sul fatto che Haim Saban, che è uno dei più grandi raccoglitori di fondi e donatori di Joe Biden, e che ha raccolto 4.5 milioni di dollari per lui due settimane fa, ha detto: ‘Io sono un ragazzo impegnato su una sola questione e la mia questione è Israele’”.

Saban era presente alla Casa Bianca lo scorso 15 settembre per l’annuncio della normalizzazione dei rapporti tra Israele da un lato e gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein dall’altro, e ha ripetutamente elogiato Jared Kushner, il genero di Trump e uno degli artefici dell’accordo. Sono i mega-donatori ebrei i veri pivot della politica estera americana (e della corsa alla Casa Bianca).

Haim Saban ringrazia Jared Kushner

E così, mentre Saban finanzia Biden, la Republican Jewish Coalition (Coalizione ebraica repubblicana) sta promuovendo Trump, e a tal fine ha riversato 3.5 milioni di dollari in annunci televisivi per Trump nella Florida del sud. In uno degli annunci il narratore dice: “Solo un candidato si è schierato con la comunità ebraica: il Presidente Donald Trump, il presidente più filo-israeliano della storia”.

Uno dei più noti sostenitori di Trump è il miliardario ebreo Sheldon Adelson, quello che aveva dichiarato a suo tempo di rimpiangere di aver fatto il servizio militare negli Stati Uniti piuttosto che in Israele. Ebbene, costui, insieme a sua moglie Miriam, ha donato 75 milioni di dollari a un super PAC che, a settembre, ha inondato di annunci contro Joe Biden gli stati dove è più incerto l’esito del voto. Ricordiamo che il PAC (Political Action Committee) è un comitato che raccoglie fondi per effettuare donazioni a sostegno del proprio candidato o per ostacolare i candidati avversi. I soldi elargiti al super PAC Preserve America (quello nato per promuovere la rielezione di Trump) hanno portato le donazioni degli Adelson ai candidati e ai comitati repubblicani all’enorme cifra totale di 176 milioni di dollari per il ciclo elettorale dell’anno 2020.

La coppia aveva in precedenza elargito 50 milioni di dollari al Senate Leadership Fund, un altro super PAC del partito repubblicano il cui scopo è difendere la maggioranza dei repubblicani in Senato. Ulteriori 40 milioni erano stati elargiti al Congress Leadership Fund, il super PAC repubblicano che difende la propria maggioranza nella Camera dei deputati.

Sheldon e Miriam Adelson

In totale, il PAC Preserve America ha raccolto 83.76 milioni di dollari nel periodo compreso tra la sua creazione il 31 agosto scorso e la fine di settembre. Altri importanti donatori, oltre agli Adelson, sono Bernie Marcus (cofondatore di Home Depot, che è Il più grande distributore al mondo di prodotti per la casa e il bricolage), che ha donato 5 milioni, il banchiere Warren Stephens, che ha donato 2 milioni, e l’imprenditrice Diane Hendricks, che ha donato 1 milione.

Le donazioni arrivano quando il vantaggio in denaro di Trump su Biden, all’inizio molto consistente, si è sgretolato. Biden ha annunciato mercoledì che lui e i comitati a lui affiliati hanno raccolto un record di 383 milioni di dollari nel mese di settembre, e sono entrati nella fase finale della corsa con $ 432 milioni in banca.

Nel frattempo, un sondaggio effettuato in Israele rivela che il 63% degli israeliani ritengono che Trump “sarà migliore per Israele”. Il sondaggio ha riferito che il 63.3% degli interpellati preferisce il presidente in carica, il 18.8% preferisce il candidato democratico Joe Biden mentre il 10.4% ha detto che “entrambi sono egualmente buoni per Israele”. Indubbiamente, sono questi ultimi ad aver ragione: il sostegno incondizionato a Israele in America è assolutamente bipartisan.

E quindi Israele si ritiene autorizzato a proseguire nelle sue politiche illegali nei territori occupati: il governo israeliano quest’anno ha approvato più di 12.000 abitazioni di coloni ebrei nei territori occupati, abitazioni che sono illegali, secondo il diritto internazionale. Le approvazioni di giovedì 15 ottobre, insieme a più di 2.000 nuove case approvate il giorno prima da un comitato di pianificazione del ministero della Difesa, fanno parte di un boom edilizio che ha preso piede durante la presidenza del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Il totale delle unità abitative dei coloni approvate dal governo nel corso dell’anno 2020 è di 12.159, e altre potrebbero essere approvate prima della fine dell’anno.

Gli Usa: legali gli insediamenti israeliani nei Territori - Vatican News

E così, mentre l’annessione giuridica dei territori palestinesi occupati potrebbe essere sospesa, l’annessione di fatto, mediante l’espansione degli insediamenti coloniali, continua indisturbata. Ma Israele non si limita a opprimere i palestinesi: adesso caccia anche dal proprio territorio i funzionari delle Nazioni Unite impegnati finora a monitorare la predetta oppressione. Come lo fa? Rifiutando a tutti costoro i visti d’ingresso. Al Jazeera riporta infatti la notizia che nove dei 12 membri del personale straniero dell’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) – compreso il direttore James Heenan – hanno dovuto lasciare Israele e i territori palestinesi dopo che le autorità israeliane si sono rifiutate di rinnovare i loro visti. I visti dei rimanenti tre impiegati scadranno nei prossimi mesi.

Israele aveva sospeso i suoi legami con l’agenzia delle Nazioni Unite lo scorso febbraio, dopo che questa aveva pubblicato un elenco di più di 100 compagnie coinvolte nell’edificazione degli insediamenti illegali in Cisgiordania.

“Cacciare i gruppi che monitorano i diritti umani è parte di una chiara strategia che mira a imbavagliare la documentazione della repressione sistematica dei palestinesi da parte di Israele”, ha detto ad Al Jazeera Omar Shakir, responsabile di Israele e Palestina per conto di Human Rights Watch.

Uno degli abusi più gravi compiuti nell’ambito della predetta repressione sistematica è quello dei palestinesi sbattuti e lasciati marcire in galera senza accuse formali e senza processo, in base ad un semplice provvedimento amministrativo.

Tra le tante vittime di questa barbara pratica, emerge il caso di Maher al-Akhras, un palestinese di 49 anni che si trova ora in grave pericolo di vita a causa di uno sciopero della fame portato avanti ormai da 80 giorni. È un padre di famiglia: è sposato e ha sei figli. Il governo lo ha più volte messo in prigione ed egli ha già trascorso più di cinque anni nelle galere dello stato ebraico. L’ultimo arresto risale allo scorso 27 luglio: gli è stata inflitta una detenzione amministrativa di quattro mesi, che può essere rinnovata indefinitamente.

Il governo non ha portato accuse contro di lui e non gli è stato concesso nemmeno un processo, nemmeno nelle corti militari, dove c’è un tasso di condanna prossimo al 100% per quanto riguarda i palestinesi.

Il tribunale ha detto che l’ordine amministrativo contro il detenuto era “giustificato”, ma ha ammesso che, a causa delle sue condizioni di salute, egli non costituisce una minaccia. Nonostante questo, Israele si ostina a non rilasciarlo. La sola concessione fatta dal governo è quella di non rinnovare l’ordine di detenzione amministrativa, che scade il 26 novembre, a meno che “non emergano nuove informazioni”. Al-Akhras ha respinto l’offerta: “Le mie sole condizioni sono la libertà oppure la morte”, ha detto.

In risposta a una delle petizioni del suo avvocato, il mese scorso la più alta corte israeliana avrebbe “congelato” l’ordine di detenzione amministrativa di al-Akhras. Ma tale “sospensione” non cambia nulla per il prigioniero: al-Akhras non è ancora libero di lasciare l’ospedale e di tornare a casa. Il gruppo israeliano per i diritti umani B’Tselem ha definito la “sospensione” dell’ordine di detenzione “una soluzione interpretativa inventata dall’Alta corte per evitare di prendere una decisione – e assumersi la responsabilità per i detenuti amministrativi sull’orlo della morte per lo sciopero della fame e che lo stato si rifiuta di rilasciare”.

In casi precedenti, i prigionieri palestinesi in sciopero della fame hanno accettato l’offerta dello stato di non rinnovare la loro detenzione amministrativa. Ma Maher al-Akhras continua il suo sciopero della fame.

Membri palestinesi del parlamento israeliano, la Knesset, hanno visitato al-Akhras in ospedale nelle scorse settimane, incluso Yousef Jabareen del partito della Lista Comune. “Se al-Akhras muore, sarà un’esecuzione senza processo”, ha detto Ofer Cassif, l’unico membro ebreo della Lista Comune.

Maher al-Akhras

Come si vede, il quadro che emerge da questi avvenimenti è fosco e desolante, ma non posso concludere questo post senza riferire ai lettori due buone notizie. Si tratta di due cattive notizie per l’amministrazione Trump e quindi, se sono cattive per l’amministrazione Trump, sono buone per il resto dell’umanità.

La prima notizia è che la settimana scorsa la Russia, la Cina e Cuba sono state elette nel Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite mentre l’Arabia Saudita (che era sponsorizzata dagli Stati Uniti) è stata bocciata. Il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha schiumato rabbia da tutti i pori.

L’Arabia Saudita fa parte, con gli Stati Uniti e Israele, dell’asse sionista che opprime il Medio Oriente e oltretutto ha un record spaventoso in fatto di violazione dei diritti umani. Qualcuno mi potrebbe obbiettare che anche la Cina viola i diritti umani, essendo una feroce dittatura comunista. A questo si può rispondere che la Cina almeno è una dittatura aperta e conclamata, non è una dittatura mascherata da democrazia come sono gli Stati Uniti d’America. L’asse Russia-Cina-Cuba è essenziale per l’integrazione eurasiatica e per la formazione di un mondo multipolare, non soggiogato dagli interessi di Washington.

E proprio nella direzione di un mondo non soggiogato da Washington va la seconda buona notizia della settimana: in Bolivia, le elezioni sono state vinte dal partito socialista di Evo Morales. L’ex ministro dell’Economia di Evo Morales Luis Arce e il suo vice, David Choquehuanca, hanno trionfato col 52-53% dei suffragi contro il 31% del principale sfidante, l’ex presidente centrista Carlos Mesa.

A quanto pare, il golpe del litio ha avuto vita breve. Ricordiamo infatti che la Bolivia dispone di numerosi giacimenti di litio, un metallo che stato definito l’”oro bianco”, poiché viene adoperato per fare le batterie ricaricabili dei telefoni cellulari, dei tablet e delle automobili elettriche. E ricordiamo anche che la caduta di Morales un anno fa era stata festeggiata in primis proprio dagli Stati Uniti, vogliosi di mettere le mani sull’”oro bianco” boliviano.

Comunque, non illudiamoci che il prossimo governo boliviano abbia vita facile: gli Stati Uniti hanno sempre considerato l’America latina come il proprio “cortile di casa” e sono ferocemente ostili nei confronti del socialismo bolivariano, così come sono ferocemente ostili nei confronti del socialismo arabo (quello propugnato da leader come Nasser, Saddam e Gheddafi). Il mondo, nonostante tutto, si muove verso una direzione multipolare e questo ai potentati di Washington proprio non piace.

One Comment
    • Io non sono un dicci'
    • 27 Ottobre 2020

    Nasser è stato un grande. Ha portato l’idea dell’educazione per tutti(education for all),pilastro della rivoluzione nasseriana e contro il regime delle troppe disuguaglianze di classe tipiche colonizzazione inglese. Questi sono i principi che bisogna riconsolidare oggi,soprattutto in Occidente per combattere le caste e ristabilire,nel medesimo tempo,i principi del cristianesimo.

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