Il nuovo libro di Carlo Mattogno su Robert Jan van Pelt

           

Carlo Mattogno, Le farneticazioni di Robert Jan van Pelt sui forni crematori di Auschwitz-Birkenau. Effepi, Genova, 2020, 269 pagine, 44 documenti, 28 €.

 

Introduzione

Robert Jan van Pelt è un crepuscolare epigono di Jean-Claude Pressac, al quale attinse con indecoroso saccheggio la struttura argomentativa dei propri libri riguardo ai crematori di Birkenau. Ciò appare evidente già nella sua prima opera su Auschwitz, redatta in collaborazione con Debórah Dwork, che gli diede una certa notorietà storiografica[1]. Essa gli valse anche l’assunzione da parte del collegio difensivo di  Deborah Lipstadt e della casa editrice inglese Penguin Books Ltd, che erano stati citati per diffamazione da David Irving, come esperto di Auschwitz, e in tale qualità egli redasse una “perizia” che divenne nota come The Pelt Report[2]. Il relativo processo, che conferì a van Pelt una immeritata aureola storiografica, si svolse dall’11 gennaio all’11 aprile del 2000 davanti alla Royal Court of Justice di Londra. Van Pelt rielaborò poi la sua perizia e due anni dopo la pubblicò col titolo The Case for Auschwitz. Evidence from the Irving Trial[3].  La grancassa mediatica promosse entusiasticamente van Pelt al rango di nuovo esperto mondiale (occidentale) di Auschwitz, al posto di Jean-Claude Pressac, il quale, a causa del suo crescente senso critico, perse gradualmente i favori degli ambienti storiografici che contano e morì negletto il 23 luglio 2003.

Il libro-perizia di van Pelt si contraddistingue per tre aspetti essenziali:

– Plagio sfrontato degli “indizi criminali” e di quasi tutto l’apparato argomentativo di J.-C. Pressac;

– Assunzione acritica e aprioristica della veridicità delle testimonianze dei membri del “Sonderkommando” (e anche di altri sedicenti testimoni oculari);

– Incapacità di interpretare correttamente i documenti nel loro contesto storico;

–  Ignoranza portentosa di tutto ciò che riguarda forni crematori, tecnica di cremazione e termotecnica.

A ciò vanno aggiunte ulteriori e gravi carenze metodologiche.

Per varie testimonianze fondamentali (in generale per tutte quelle in polacco, in particolare per quella di H. Tauber e per le deposizioni di R. Höss al processo di Varsavia, ma anche per gli interrogatori sovietici degli ingegneri della ditta Topf redatti in russo), egli non si rivolge mai ai testi originali, ma si affida a traduzioni spesso imprecise e monche, come mostrerò sotto.

Egli non considera mai le testimonianze nel loro complesso, ma seleziona sempre le parti apparentemente o realmente concordanti, tacendo le contraddizioni interne e reciproche e le assurdità che contengono.

Dove c’è reale concordanza tra due o più testimonianze, van Pelt afferma  apoditticamente che esse furono sempre rese “indipendentemente” l’una dall’altra, ma – come mostrerò nel paragrafo 16 – una  simile concordanza si realizza spesso su fatti palesemente falsi o assurdi, perciò non rimanda ad una realtà “vista” dai testimoni, ma a tematiche della propaganda nera inventate e diffuse capillarmente dai vari movimenti di resistenza di Auschwitz, che poi furono riprese da molteplici sedicenti testimoni “oculari”[4].

Nel 2009 ho già documentato l’inconsistenza delle tesi di van Pelt riguardo agli aspetti summenzionati[5]; successivamente, con un ulteriore approfondimento, ho anche messo in evidenza le sciocche menzogne alle quali egli ha fatto ricorso per coprire e giustificare le palesi assurdità del cosiddetto rapporto  Wetzler-Vrba e delle dichiarazioni di Ada Bimko[6].

La trattazione della problematica della cremazione da parte di van Pelt è inevitabilmente inconsistente e vacua, perché egli non si è curato minimamente di studiare la tecnologia e i risultati di esercizio dei forni crematori riscaldati con coke degli anni Venti e Trenta, né il sistema costruttivo e il funzionamento dei forni Topf di Auschwitz-Birkenau, né i principi basilari della termotecnica: nulla di tutto ciò. Egli invece ha assunto le deliranti dichiarazioni del “testimone oculare” Henryk Tauber come verità assoluta e poi ha cercato goffamente qua e là delle “conferme” a questi deliri.

Queste “conferme”, ovviamente, confermano soltanto la sua straordinaria ignoranza in materia.

Ritorno sull’argomento cremazione perché, nel 2014, van Pelt, nella sua autoillusione di essere un esperto mondiale in questo campo, ha redatto un articolo sui forni Topf che è apparso in un’opera collettiva sulla distruzione e l’occultamento dei resti umani nei casi di genocidio e violenza di massa[7]. E non c’è dubbio che in futuro, magari in occasione dell’ennesimo convegno olocaustico, van Pelt profonda di nuovo generosamente la sua insipienza sulla cremazione ad Auschwitz, come aveva già fatto al convegno storico internazionale che si svolse nel 2008  Oranienburg, dove aveva presentato due relazioni[8]  fantasiose e confusionarie, come ho documentato in un altro studio[9].

Giacché delirare humanum est, ma perseverare nel delirio diabolicum, riprendo e approfondisco la questione della cremazione ad Auschwitz-Birkenau, ampliando e completando ciò che ho già scritto in precedenza.

Espongo anzitutto le nuove tesi di van Pelt nello scritto «Sinnreich erdacht: maschines of mass incineration in fact, fiction, and forensics» (che sono nel complesso una riproposizione di quanto aveva già scritto in  The Case for Auschwitz), ma limitatamente al nucleo centrale – la problematica della cremazione – tralasciando le molteplici divagazioni aggiuntive[10].

Il titolo di questo studio è perfettamente consono alle metodiche “probatorie” messe in atto da van Pelt: ignorare la realtà, assumere una realtà fittizia fisicamente e chimicamente impossibile,  invocare dati scientifici puramente ipotetici o testimoniali-mendaci per “confermare” questa realtà immaginaria omettendo tutti i dati sperimentali che la contraddicono, è un procedimento mentale che si può definire soltanto farneticazione – o, peggio ancora, inganno intenzionale, sistematico e organizzato.

 

Contenuto

 

Introduzione

1) Le nuove tesi di Robert Jan van Pelt

2) L’interrogatorio di Fritz Sander sul “Forno crematorio per cadaveri con funzionamento continuo per uso di massa

3) La lettera di Fritz Sander ai fratelli Topf del 14 settembre 1942

4) La domanda di brevetto di Fritz Sander del 5 novembre 1942

5) La “perizia ingegneristica” di Rolf Decker sulla domanda di brevetto di Fritz Sander

6) Analisi della “perizia ingegneristica” di Rolf Decker

7) Gli inconvenienti del forno Sander

8) Confronto tra i forni Topf a 2, 3 e 8 muffole

9) La lettera della Zentralbauleitung del 28 giugno 1943

10) La durata del processo di cremazione nei forni Topf di Auschwitz-Birkenau

11) Le cremazioni multiple: durata della cremazione e consumo di coke

12) Le cremazioni multiple: il sistema di caricamento delle muffole

13) Le esperienze reali del forno di Gusen

14) Capacità di cremazione e consumo di coke secondo Robert Jan van Pelt

15) Il consumo di coke nel dibattimento processuale

16)  La “convergenza delle testimonianze” sulla cremazione

17)  La durata della muratura refrattaria delle muffole

18) La favola delle cremazioni senza combustibile supplementare

19) I forni crematori Topf e l’economia di combustibile

20) I forni crematori Topf “straordinariamente resistenti”

21) I forni crematori Topf e la normativa tedesca sulla cremazione

 

Conclusione

Nota finale

Documenti

Abbreviazioni degli archivi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[1] R.J. van Pelt, D. Dwork, Auschwitz 1270 to the present. W.W. Norton & Company, New York, London, 1996.

[2] Il relativo testo non è stato stampato ed è disponibile soltanto in pdf in vari siti web.

[3] Indiana University Press, Bloomington and Indianapolis, 2002.

[4]  Vedi al riguardo il mio studio Auschwitz nei rapporti polacchi e nelle testimonianze (1941-1947). Genesi e sviluppo della storia delle camere a gas. Effepi, Genova, 2019.

[5] Le camere a gas di Auschwitz. Studio storico-tecnico sugli “indizi criminali” di Jean-Claude Pressac e sulla “convergenza di prove” di Robert Jan van Pelt. Effepi, Genova, 2009.

[6] Vedi il mio studio Auschwitz nei rapporti polacchi e nelle testimonianze (1941-1947). Genesi e sviluppo della storia delle camere a gas, op. cit., cap. 9.3., «Van Pelt e il rapporto Wetzler-Vrba» e 9.4., «Van Pelt e la testimonianza di Ada Bimko», pp. 313-322.

[7] R. J. van Pelt, «Sinnreich erdacht: maschines of mass incineration in fact, fiction, and forensics», in: Destruction and human remains. Disposal and concealment in genocide and mass violence. Edited by Élisabeth Anstett & Jean-Marc Dreyfus. Manchester University Press. Manchester and New York, 2014, pp. 117-145.

[8] Neue Studien zu nationalsozialistischen Massentötungen durch Giftgas. Historische Bedeutung, technische Entwicklung, revisionistische Leugnung. Herausgegeben von Günter Morsch und Betrand Perz, unter Mitarbeit von Astrid Ley. Metropol, Berlino, 2011, pp. 196-218. Le relazioni di van Pelt sono: “Auschwitz”, pp. 196-218, e “Weil ein Nagel fehlte”, pp. 343-354.

[9] Nuovi studi” contro il revisionismo: La storiografia olocaustica alla deriva. Effepi, Genova, 2014, pp. 59-78.

[10] Indico la relativa pagina dell’articolo, tra parentesi tonda, alla fine di ogni citazione.

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