Thomas Kues: Treblinka – Ulteriori strafalcioni di Bomba

Abraham Bomba e Claude Lanzmann

TREBLINKA – ULTERIORI STRAFALCIONI DI BOMBA

Di Thomas Kues, 2009

La maggior parte dei miei lettori probabilmente conosce già il testimone oculare di Treblinka Abraham Bomba. In un articolo per The Revisionist, “Abraham Bomba, Barber of Treblinka” (Vol. 1, Issue 2, May 2003, pp. 170-176), Bradley Smith smascherò la mendacia piuttosto infantile di Bomba per come si era espressa in un’intervista fatta a Tel Aviv nel 1979 per il ben noto film documentario della durata di 9 ore Shoah (1985), di Claude Lanzmann. In quest’intervista, Bomba aveva asserito che lui e gli altri quindici o sedici “barbieri” tagliavano i capelli di 60/70 donne alla volta dentro una delle camere a gas, che era inoltre fornita di diverse panche.

Secondo lo storico dell’Olocausto Yitzhak Arad, che basa le sue affermazioni sui verdetti processuali pronunciati nella Germania Ovest e riassunti da A. Rückerl, le camere del primo edificio di gasazione misuravano metri 4×4, mentre quelle del secondo edificio misuravano metri 4×8 (Belzec, Sobibor, Treblinka…, p. 42, 119). Lo stesso Bomba descrive la stanza come misurante solo “circa dodici piedi per dodici piedi” (metri 3.6×3.6), che è leggermente più piccola delle dimensioni della presunta prima camera a gas (Shoah: The Complete Text of the Acclaimed Holocaust Film, Da Capo Press 1995).

È ovvio che né una camera di metri 4×4 né una di metri 4×8 avrebbero permesso a Bomba e ai suoi colleghi di effettuare l’operazione descritta. Inoltre, Bomba rivela nel film che dopo che lui e gli altri membri del commando preposto al taglio dei capelli avevano lasciato la camera, le donne e i bambini ancora dentro venivano gasati con una velocità sbalorditiva:

Dopo che avevamo finito con questo gruppo, arrivava un altro gruppo e c’erano circa 140/150 donne. Erano già state tutte prese in consegna, e ci dissero di lasciare la camera a gas per qualche minuto, circa cinque minuti, il tempo di far entrare il gas e di farle soffocare. […] [Aspettavamo] fuori della camera a gas e sull’altro lato. Ebbene, su questo lato le donne sopraggiungevano e sull’altro lato c’era un gruppo di lavoranti che tiravano fuori i corpi morti – alcune di esse non erano esattamente morte. Le tiravano fuori, e in due minuti – in un minuto – era tutto sgombro. Era sgombro per far entrare l’altro gruppo di donne e per fare la stessa cosa che avevano fatto al primo gruppo (Shoah, p. 106).

Così, in soli 6-7 minuti le 140-150 persone dentro la camera erano state non solo gasate, ma anche portate fuori dalla camera, tutte. Non c’è bisogno di dire che tutto ciò è radicalmente impossibile. Un tale scenario è possibile solo se le “vittime” avessero lasciato la “camera a gas” con le proprie gambe, ancora vive dopo aver fatto la doccia o essere state disinfestate invece che avvelenate.

Mentre le affermazioni fatte da Bomba in Shoah sono sufficienti a distruggere la credibilità di questo testimone, egli ne fece molte altre assurde e interessanti che non sono mai state mostrate agli spettatori del film. Della lunga intervista fatta da Lanzmann, solo una parte venne inclusa nel film ultimato. Grazie ad un collega revisionista sono recentemente venuto in possesso di una trascrizione dell’intervista integrale. Questa trascrizione di 73 pagine è disponibile in rete sul sito web del United States Holocaust Memorial Museum. Nel presente articolo esaminerò queste ulteriori dichiarazioni di A. Bomba sul “campo di puro sterminio” di Treblinka.

I dati biografici di Bomba

Abraham Bomba nacque in Germania nel 1919, ma in tenera età la sua famiglia si trasferì nella città polacca di Czestochowa dove egli lavorò in una barbieria e nel 1940 si sposò. Uno dei suoi fratelli venne deportato a Treblinka insieme alla sua famiglia nel primo trasporto da Czestochowa il 22 settembre 1942. Lo stesso Bomba, con sua moglie, il suo figlio piccolo, sua madre e un suo fratellino di 12 anni vennero inviati a Treblinka con il secondo trasporto che partì “il giorno prima del Sukkot[1]” (trascrizione dell’intervista, p. 18). Nel 1942 il Sukkot cadeva il 6 ottobre, sebbene Bomba menzioni settembre piuttosto che ottobre (p. 20).

Il viaggio a Treblinka durò a quanto pare 24 ore (p. 22). La data del 5 ottobre è indicata da Arad (p. 393) come l’ultimo giorno delle deportazioni da Czestochowa. A Treblinka, tutta la famiglia di Bomba a parte lui venne presuntivamente gasata all’arrivo. A differenza della maggior parte dei testimoni ebrei di Treblinka, egli non partecipò alla rivolta dei prigionieri e alla fuga di massa del 2 agosto 1943 ma fuggì con due altri detenuti dopo aver trascorso tre mesi a lavorare nel campo (p. 32).

Un fratello molto più vecchio di Bomba venne deportato con la moglie ad Auschwitz dalla Francia nel 1943. Sua sorella sopravvisse alla guerra e in seguito visse a Parigi. Nel 1949 Bomba emigrò in Israele, ma a causa di una grave malattia della moglie si trasferì negli Stati Uniti nel 1950 e rimase lì per 28 anni. Durante il processo su Treblinka tenutosi a Düsseldorf nel 1964-65, Bomba comparve come testimone dell’accusa (p. 71). Il 17 settembre 1978, egli con la sua famiglia emigrò di nuovo in Israele. A Tel Aviv egli continuò a lavorare come barbiere (si potrebbe pensare che la sua esperienza traumatica a Treblinka lo avrebbe potuto indurre a cambiare professione, ma a quanto pare non fu così).

“B[omba]. Mi piace Israele e ho lavorato assai duro per Israele.

L[anzmann]. Sì?

Sì. In certe organizzazioni, nell’Histadrouth, e anche prima della guerra. Ero un membro attivo nelle organizzazioni.

L. Lei intende prima della guerra, la seconda guerra mondiale?

Sì, prima della seconda guerra mondiale. Ero attivo nelle organizzazioni sioniste.

L. E lei era un sionista?

Sì” (p. 2).

Histadrouth o Histadrut è un sindacato ebraico in Israele, a cui Bomba presuntivamente si unì dopo essere migrato lì. Il fatto che Bomba, anche prima della guerra, fosse un sionista impegnato fornisce una ragione per le sue false accuse contro i tedeschi: senza il presunto sterminio perpetrato mediante le camere a gas probabilmente non vi sarebbe stato nessun “paese molto, molto bello di Israele” che è “molto buono specialmente per il popolo ebraico” (p. 3).

L’arrivo a Treblinka

Sul piazzale di Treblinka dove i deportati venivano ricevuti e divisi in uomini e donne, Bomba venne separato dagli altri membri della sua famiglia, che vennero fatti passare attraverso una “grande porta” e da lì presuntivamente nelle camere a gas per essere uccisi. Abraham venne selezionato con altri 20 o 22 uomini per fare ordine nel piazzale di ricevimento prima dell’arrivo del successivo trasporto:

“Dopo l’arrivo di ogni trasporto era quasi la stessa cosa. C’erano urla e grida che provenivano da quei luoghi dove costoro erano entrati, specialmente le donne, era impossibile avere la mente sgombra, perché tutte le grida rimanevano nelle tue orecchie e nella tua mente. Ma, come ho detto, in un secondo o in un minuto, tutto tornava silenzioso. Poi ci dicevano di pulire l’intero luogo (…) Questo doveva essere fatto in pochi minuti” (p. 26).

Bomba descrive lo scenario del campo di ricevimento nel modo seguente:

“Non c’erano alberi, c’erano baracche; una baracca sul lato sinistro dove le persone entravano, e sul lato destro c’era un’altra baracca ma noi non vi entravamo. Quello che vedemmo era un pozzo, dove loro prendevano l’acqua da bere. Così a quell’epoca c’era un pozzo, e alcune delle persone del trasporto ebbero un’idea di quello che stava succedendo, perché potevi anche sentire un certo odore, c’era qualcosa di sbagliato in quell’odore, come di carne che stava bruciando o l’odore di gesso o di altre cose. Accadde che delle persone saltarono dentro al pozzo. Accadde anche nel mio trasporto” (p. 25).

Gli ebrei selezionati per il lavoro non solo saltavano dentro ai pozzi, secondo il testimone commettevano anche suicidi collettivi. I corpi dei suicidi venivano portati in una grande fossa di cremazione vicina al cosiddetto “Lazzaretto” e bruciati lì (p. 29). Questo provocava il puzzo nauseante di corpi bruciati che pervadeva l’aria del campo. Bomba osserva che non solo i cadaveri, ma anche vestiti e carte venivano bruciati nello stesso sito (p. 34).

All’inizio, Bomba venne messo a lavorare come membro del Sortierungskommando, che metteva in ordine i vestiti e altri effetti personali delle vittime in una coppia di baracche vicino al campo di ricevimento (p. 29). Quattro settimane dopo il suo arrivo, tuttavia, egli venne selezionato per lavorare come barbiere, e a sua volta selezionò un certo numero di barbieri professionali che egli aveva conosciuto a Czestochowa (p. 54). Gli uomini, 16 o 17 in totale, vennero condotti lungo il sentiero presuntivamente conosciuto come la “Strada per il Cielo” nella parte di Treblinka chiamata “Treblinka 2” da Bomba e il “Campo Superiore” o “Totenlager” dagli altri testimoni oculari, dove le presunte camere a gas erano ubicate:

“Quella fu la prima volta che qualcuno che lavorava a Treblinka 1 entrò a Treblinka 2, dove stavano le camere a gas, e uscì dalla camera a gas vivo e non essere (sic) trasportato fuori come un morto” (p. 61).

Secondo Arad (p. 109) il taglio dei capelli nei campi dell’Aktion Reinhardt iniziò nel settembre o nell’ottobre 1942, che è un po’ prima di quanto risulti dal resoconto di Bomba.

Le camere a gas

Quando Bomba e gli altri barbieri vennero condotti nel Campo 2 fu la prima volta che essi videro le camere a gas – o la “camera a gas”. Solo una volta durante l’intervista Bomba menziona la forma plurale della parola, e non afferma mai in modo esplicito il numero delle camere. All’epoca in questione – fine ottobre o inizio novembre 1942 – il presunto primo edificio di gasazione era stato messo fuori uso e sostituito da un grande edificio di cemento contenente 10 o 6 camere, ognuna misurante metri 4×8. Il nuovo edificio venne inaugurato alla metà di ottobre (Arad, pp. 119-120). Nella stessa epoca, il vecchio edificio di gasazione venne convertito in una sartoria (!). Questo significa che le dimensioni della camera a gas asserite dal testimone, metri 3.6×3.6, sono in contraddizione con la storiografia ufficiale.

Come già menzionato, Bomba sostiene che alle vittime femminili venivano tagliati i capelli dentro “la camera a gas”:

“Essi ci portarono nel luogo – non eravamo mai stati lì, nessuno da Treblinka dove stavamo, nel nostro posto, era passato mai attraverso quella grande porta per entrare in quella che sapevamo già essere la camera a gas. Ci portarono lì e noi tagliammo i capelli alle donne. C’era un’altra cosa che fu orribile. Incredibile. Portarono le donne lì, esse si spogliarono e noi dovevamo fare un lavoro. Non sapevano che stavano entrando nella camera a gas. Non sapevano di essere nella camera a gas. Sapevano che c’era un piccolo posto chiamato la barbieria dove avrebbero tagliato loro i capelli, dopo di che avrebbero fatto una doccia e tutto sarebbe finito e sarebbero tornate a lavorare” (pp. 29-30).

Successivamente nell’intervista, Bomba descrive il percorso verso la zona della camera a gas in modo più dettagliato:

“B. (…) Entrando avevano messo delle panche, dove le donne potevano sedersi in modo tale che non avrebbero avuto l’idea che questo era il loro ultimo viaggio, l’ultima volta che stavano per vivere o respirare o sapere cosa stava succedendo.

L. Può descrivere come appariva la camera a gas?

B. Appariva come una semplice stanza, chiusa da due lati con un’apertura sugli altri lati, come una porta da questo lato e una porta sull’altro lato. Ma su quegli [altri] due lati non c’erano porte, nulla. Sul soffitto c’era come un pomello di doccia, per dare l’idea che le donne che entravano nella camera a gas avrebbero fatto un bagno – non che dal pomello della doccia il gas velenoso o il chankali(?) [leggi: cyankalium] o altre cose sarebbero entrate” (pp. 54-55).

Molti dei testimoni oculari dell’Aktion Reinhardt affermano chiaramente che lo staff delle SS dei campi fecero degli sforzi straordinari per ingannare i deportati nell’indurli a credere che erano arrivati in un campo di transito: manifesti propagandistici vennero affissi, discorsi “ingannevoli” vennero tenuti, saponette consegnate ecc. Bomba qui porta un interessante contributo all’immagine “storiografica” dell’”inganno” sul campo di transito di Treblinka informandoci che i tedeschi avevano messo a disposizione delle panche per le vittime femminili – se [queste panche] stavano dentro la camera o fuori nella “Strada per il Cielo” non è realmente chiaro a causa dell’imperfetto inglese di Bomba – per dare loro un falso senso di comfort.

In realtà, l’idea stessa di tagliare i capelli alle vittime femminili ha poco o nessun senso nel contesto della catena di montaggio dello sterminio. Come è stato già fatto notare, il taglio dei capelli di 1.000 donne avrebbe prodotto approssimativamente 100 chili di capelli. Dovremmo ricordare qui che i preziosi (denaro, gioielli e metalli preziosi) confiscati ai deportati dell’Aktion Reinhardt ammontarono ad un totale di 178,745,960.59 RM[2] (Arad, p. 161). È davvero ragionevole che le SS avrebbero inserito una complicazione – il taglio dei capelli – nella procedura di sterminio solo per ottenere alcune centinaia di tonnellate di capelli che avrebbero potuto facilmente procurarsi da altre fonti? Oltre a ciò, Bomba afferma che le SS trovarono una buona idea il taglio dei capelli dentro la camera a gas. Una complicazione collocata deliberatamente dentro un’altra complicazione! D’altro canto, il taglio dei capelli assume un senso ineccepibile come parte di una procedura di spidocchiamento.

Sentendo chiaramente puzza di bruciato, Lanzmann ripetutamente chiede all’intervistato quanto a lungo durò il periodo del taglio dei capelli all’interno della camera a gas, ma Bomba fraintende la domanda, credendo che Lanzmann chieda quanto tempo ci voleva a tagliare i capelli. Alla fine Lanzmann chiede per quante settimane egli lavorò nella camera a gas, a cui Bomba replica “circa una settimana o dieci giorni”. Dopo di che, le SS decisero di far tagliare i capelli in una zona separata della baracca spogliatoio (p. 68), un’affermazione coerente con la storiografia ufficiale (Arad, p. 109).

Quello che Bomba ha da dire sull’argomento dell’arma del delitto è nientemeno che sbalorditivo:

L. Quando esse erano già dentro la camera a gas e la stanza veniva chiusa e il gas veniva fatto entrare, lei sentiva nulla?

Non è il genere di cosa che tu chiedi di sentire. Non è solo il fatto che tu sentivi, ma le persone da fuori, i polacchi per chilometri all’intorno potevano sentire le urla e i soffocamenti che si verificavano per un certo numero dei secondi, anche per 1 o 2 minuti, fino a che tutto era silenzioso.

L. Era così breve? Non più di 2 minuti?

No, era così breve, perché quando a Treblinka essi cessarono di impiegare […] altri tipi di veleno per gasarle, avevano una pompa che pompava fuori l’aria dalla camera. Naturalmente, senz’aria le donne finivano per essere soffocate e per cadere l’una sull’altra per afferrare il respiro l’una dall’altra. Ma era impossibile, e in un tempo molto breve, massimo 2 minuti, erano tutte silenziose fino a che l’altra porta veniva aperta; perché il nazista guardava attraverso un piccolo foro per vedere quello che succedeva, se erano ancora vive o morte, per dare l’ordine di portarle fuori dalla camera a gas.

L. Ma io pensavo che gli ebrei venissero uccisi con il monossido di carbonio da un motore.

Questo accadeva all’inizio. Dopo di che smisero perché era costoso. Costava denaro ed era molto difficile finirli. Alla fine pompavano l’aria fuori dalla camera.

L. Lei è sicuro di questo?

Sono sicurissimo. E lo so, ero lì e l’ho visto. Io ero dentro e non molte persone – forse 2 o 3 delle persone che lavoravano nella seconda parte di Treblinka sono ancora vive. Ero uno di loro, lo so, ero lì e ho visto questo” (pp. 65-67).

Non solo le urla percepite a chilometri di distanza e i 2 minuti richiesti per uccidere le vittime sono palesemente assurdi (e la seconda affermazione è contraddetta da numerosi altri testimoni), ma qui Bomba ha l’audacia di riesumare la fasulla diceria propagandistica (tecnicamente impraticabile) delle “camere sotto vuoto” di Treblinka, trent’anni dopo che questa diceria era stata gettata nel dimenticatoio insieme alle “camere a vapore” in favore del gas di scarico di un motore utilizzato come agente mortale (cf. J. Graf, C. Mattogno, Treblinka…, pp. 47-76). Non ci sorprende che Lanzmann non abbia incluso questa parte dell’intervista nel film ultimato.

Fosse comuni e cremazioni

Il telegramma Höfle mostra che fino alla fine del dicembre 1942, un totale di 713.555 ebrei vennero deportati a Treblinka. Gli storici ortodossi sostengono, senza uno straccio di prova, che praticamente tutti costoro vennero uccisi con il gas di scarico immediatamente dopo l’arrivo. Ma come riuscirono le SS a smaltire questa grande quantità di cadaveri? Bomba ci dice:

“Dopo che venivano gasati lo spettacolo era già iniziato, e le persone da fuori lavoravano già a estrarre le vittime aggrappate l’una all’altra, perché anche dopo la morte erano aggrappate l’una all’altra per essere vicine l’una all’altra, per non essere separate, nella vita come nella morte.

Questo è come le portavano fuori dalla camera a gas e nei luoghi dove le misero per un po’, scavarono una grande fossa e le misero lì, ma questa non fu la fine. Dopo le riesumarono e le misero una sopra all’altra, un corpo dopo l’altro, e le bruciavano come un autodafé al tempo dell’Inquisizione in Spagna. Bruciarono tutti questi corpi uno sull’altro” (p. 52).

Come abbiamo già visto, Bomba arrivò a Treblinka i primi di ottobre 1942 e fuggì dal campo tre mesi dopo. La storiografia ufficiale afferma che la riesumazione e la cremazione dei cadaveri a Treblinka cominciò nel marzo 1943 (Y. Arad, Belzec, Sobibor, Treblinka, p. 173). A parte Bomba, vi sono solo due testimoni che parlano di cremazioni precedenti: Samuel Rajzman e Richard Glazar (Graf & Mattogno, Treblinka…, p. 39, 142).

Il solo testimone ad aver fornito informazioni sulle dimensioni delle fosse comuni di Treblinka, Eliahu Rosenberg, ha parlato di fosse che misuravano ognuna metri 120x15x6. Dati uno strato in superficie spesso metri 0.5 ed una densità massima di 8 cadaveri per metro cubo, ogni fossa avrebbe potuto contenere al massimo 79.200 corpi, cosicché per contenere i 713.555 ebrei che erano stati deportati a Treblinka (e presuntivamente uccisi lì) sarebbero state necessarie 9 di tali fosse fino all’epoca della fuga di Bomba (cf. Graf & Mattogno, Treblinka…, p. 138). Bomba però conosce solo una “grande fossa”.

Deve essere inoltre rilevato che Bomba non degna di una sola parola il combustibile necessario per le pire di incenerimento. Si potrebbe pensare che il reperimento della necessaria legna da ardere – in totale, più di 100.000 tonnellate (ivi, p. 150) – e il lavoro correlato avrebbero catturato la sua attenzione!

La fuga

La storia di Bomba della sua fuga dal “campo della morte” inizia in modo ragionevole: lui e due altri detenuti si nascosero sotto un mucchio di vestiti in un magazzino, per poi scappare al sopraggiungere della notte. Quello che presuntivamente accadde dopo è, tuttavia, più difficile da credere:

“B. (…) Il solo luogo per scappare da Treblinka, il posto più sicuro era il Lazzaretto, perché altrimenti avevi 4 o 5 cancelli diversi per andare in giro, dove era molto pericoloso. C’era il filo spinato, ed era quasi impossibile da superare. Venendo dalle baracche, non vedemmo nessuno, tutto ciò che vedemmo era un posto gigantesco dove si bruciava, bruciavano vestiti, carte e persone. E dovemmo oltrepassare quel posto per arrivare al reticolato, dove c’era un solo recinto da superare.

L. Lei vuol dire che passaste…

Attraverso quel fuoco anche…

L. Attraverso la fossa del Lazzaretto?

Attraverso la fossa. Ci mettemmo sulla testa qualche vestito per non rimanere bruciati, e andammo oltre.

L. Entraste nella fossa del Lazzaretto?

Come un fuoco. Attraversammo lì. Uno di noi nel terzo (sic), quando arrivammo al recinto di filo spinato, mettemmo alcuni vestiti in cima ad esso e oltrepassammo quel recinto, uno sopra all’altro. Accadde proprio quel sabato notte che gli ucraini erano tutti ubriachi, e nessuno era nella torretta di guardia. Non c’era nessuno in giro” (pp. 32-33).

È difficile trattenersi dal far notare che, con un po’ di perlustrazione, Bomba ed i suoi amici avrebbero potuto svignarsela dal campo senza dover passare attraverso il fuoco con la dubbia protezione di qualche straccio sulla testa. Per non parlare dell’assurdità dello staff del campo che lascia incustodito un fuoco gigantesco! L’intero scenario va bene per un buon sketch dei Monty Python, non per una testimonianza credibile da persone sopra i 5 anni di età.

Dopo la fuga miracolosa dal campo della morte, Bomba e i suoi amici non cercarono di fuggire dal territorio occupato dai tedeschi, ma si diressero invece da Zagrodiniki a Varsavia dove presero un treno per Czestochowa per raggiungere i parenti che vivevano ancora lì.

Il ritorno di Bomba al ghetto di Czestochowa

Dopo essere ritornati di nascosto nel ghetto di Czestochowa, Bomba e i suoi compagni di fuga si misero ad informare i 5.000 ebrei rimasti ancora lì della “verità” su Treblinka. Tuttavia, gli ebrei di Czestochowa non erano molto disponibili a credere alla loro storia. Bomba ricorda le loro reazioni:

“C’è qualcosa di sbagliato in tutti voi. O siete fuori per ottenere qualcosa qui, o volete fare qualcosa. Non vi crediamo. Il vostro aspetto, il modo in cui vi comportate, dovete essere pazzi, perché questo è impossibile” (pp. 40-41).

Alcune donne del ghetto “non potevano credere” alle storie di Bomba e andarono dal comandante del ghetto Degenhart:

“B. (…) Andarono da lui e gli dissero, ‘Sappiamo che vi sono persone che da Treblinka sono venute qui, e stanno creando il panico e dicono a chiunque che sono tutti morti’.

L. Ebree che andarono da Degenhart?

Sì, ebree che andarono e parlarono con lui. E tu sai cosa disse? ‘Sono scappati da Treblinka, lasciateli rimanere il più a lungo possibile’ (p. 42).

Bomba poi sostiene che i membri del Consiglio degli Ebrei Anziani di Czestochowa erano pienamente informati della “verità” su Treblinka, ma non fecero nulla per avvisare gli altri, poiché cercavano di salvare sé stessi e i loro parenti ingraziandosi i tedeschi. Ma poi vennero tutti uccisi, o inviati a Treblinka o fucilati nel locale cimitero ebraico (p. 43). Nonostante questo comportamento presuntivamente traditore, il nostro testimone sostiene che:

“Il popolo ebraico – e voglio che lei sappia questo – è una nazione forte. Nessuna nazione sarebbe sopravvissuta se le fosse accaduto questo. Prenda il popolo polacco, il popolo francese o ogni altro popolo – sarebbero stati stroncati come mosche. Ma il popolo ebraico ha una volontà, una volontà di vivere. Voglio dire vivere anche nelle sofferenze” (p. 44).

Per riassumere: il popolo ebraico possiede un’immensa volontà collettiva di sopravvivenza, ma la sua dirigenza in Europa durante la guerra era costituita da codardi e da traditori che collaborarono a far deportare i loro correligionari nei campi della morte e che cercarono di salvarsi la pelle facendo i leccapiedi con un nemico che aveva progettato di sterminare tutti loro!

Dicerie da Treblinka

Nessuna storia dell’Olocausto sarebbe completa senza una dose di folle, sadica violenza perpetrata da uomini demoniaci delle SS. Bomba riferisce:

“Come il ragazzo Lalko [Kurt Franz] – la sua specialità era quella di eliminare gli uomini più belli e sani e senza dire nulla solo avvicinarsi e tirare fuori la pistola e ucciderli” (p. 72).

In un’occasione Bomba si ammala seriamente e chiede al proprio caposquadra di essere mandato al “Lazzaretto” per essere ucciso in modo che gli vengano risparmiate le sofferenze. “Mi guardò come se fossi matto. Mi chiese: ‘Da quanto tempo stai lavorando qui?’ Io dissi: ‘Lavoro qui già da 5 o 6 settimane’. ‘5 o 6 settimane!’, disse. ‘Vai in cucina e dì all’uomo di darti del whisky. Quando avrai preso un po’ di whisky starai meglio’” (pp. 69-70).

Generalmente, Treblinka era un inferno, ma qualche volta i nazisti cessavano per un po’ i loro massacri compiuti a caso e le uccisioni di bambini per diventare improvvisamente umani:

“B. (…) Accadde che a Treblinka arrivò una donna con un trasporto da una città vicina a Varsavia – non so come ma lei seppe cosa stava succedendo. Tirò fuori un rasoio e tagliò la gola ad uno dei lavoranti.

L. Uno dei lavoranti ebrei?

Uno dei lavoranti ebrei. Uno di loro cercò di soccorrerlo e lei gli tagliò la gola con il rasoio. Tagliò la gola anche all’altro – lui era il ‘kapò’ dei barbieri. Sopravvisse, ma l’altro, che era quello che io chiamerei un ‘Superkapo’, morì. I tedeschi lo portarono all’ospedale e cercarono di fare qualunque cosa per salvarlo ma non ci riuscirono. La sola tomba di un uomo morto a Treblinka fu la sua, in cui venne seppellito, una tomba normale come quella di ogni altro essere umano in tutto il mondo” (p. 63).

Questo singolare onore venne conferito al morto “perché lui era come un eroe per loro – un eroe ebreo per i nazisti”. “Tutti i tedeschi andarono al funerale, tutte le persone che lavoravano lì a Treblinka dovettero essere presenti all’’Appello’ e dovettero salutare il morto che passava per essere sepolto” (p. 64). Naturalmente, dovremmo supporre che quando la cerimonia funebre finì, Kurt Franz e i suoi compagni di genocidio ripresero il loro diabolico sterminio.

Conclusione

Non c’è un gran bisogno di discutere in profondità l’attendibilità di Bomba come testimone oculare dell’”Olocausto”. Dal taglio dei capelli in una camera a gas strapiena trasformata in una camera sottovuoto, alla via di fuga attraverso una fossa di cremazione – la sua storia è un triste pasticcio di contraddizioni e assurdità. Si può solo trarre la conclusione che o Bomba è un mentitore un po’ deficiente, oppure delira. Forse nel percepire la propria mancanza di credibilità, Bomba ricorre a menzionare in modo vago altre prove, presuntivamente schiaccianti:

“Ma non solo i testimoni, i tedeschi stessi hanno filmato tutti questi luoghi, hanno fotografato tutti questi luoghi dove portarono dentro le persone, dove vennero gasate e i cadaveri dei morti vennero portati fuori, che non possono negare. I tedeschi stessi sanno che sono colpevoli di questa cosa che hanno fatto al nostro popolo” (p. 62). Se Lanzmann si stava sforzando di raggiungere la verità sull’Olocausto – avrebbe dovuto chiedere a Bomba di queste foto e film dell’epoca di guerra sulle camere a gas, perché nessun’altra persona sulla terra ha messo gli occhi su un tale materiale! Mentre per quanto riguarda le prove testimoniali fornite da Bomba, sono fin troppo inammissibili. Il fatto che Lanzmann promuova le lacrime di Bomba come prova principale del presunto sterminio di Treblinka, mentre ha tagliato dal documentario pubblico un certo numero di affermazioni che rivelano chiaramente questo testimone come uno spudorato mentitore, la dice lunga sulla natura dei propagandisti della Shoah.

 

Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile agli indirizzi:

https://codoh.com/media/files/documents/newsite/sr/online/sr_166.pdf e

https://codoh.com/media/files/documents/newsite/sr/online/sr_167.pdf

 

 

 

 

 

 

 

 

[1] Nota del traduttore: il Sukkot è una festa ebraica che dura dai sette agli otto giorni. È conosciuta anche come “Festa delle capanne”, “Festa dei tabernacoli” e “Tabernacoli”.

[2] RM sta per Reichsmarks, la valuta tedesca in vigore dal 1924 al 1948.

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