Obama: l’Olocausto è una religione, come l’Islam e il cristianesimo

Obama: l’Olocausto è una religione, come l’Islam e il cristianesimo

Obama alle Nazioni Unite il 25 settembre 2012

Lo scorso 25 settembre, il prof. Faurisson ha prontamente
segnalato[1] un
estratto del discorso del presidente degli Stati Uniti all’Assemblea Generale
delle Nazioni Unite, da cui si arguisce, senza ombra di dubbio, che per la “comunità
internazionale” (di cui, è chiaro, ormai fanno parte anche il Vaticano[2] e la
Fraternità S. Pio X[3] che
hanno messo al bando Mons. Williamson) ormai l’”Olocausto” è un credo di natura
religiosa:

Excerpt : The future must not belong to those who slander the prophet of Islam.
Yet to be credible, those who condemn that slander must also condemn the hate
we see when the image of Jesus Christ is desecrated, churches are destroyed ,
or the Holocaust is denied.

Traduzione:

Estratto: Il futuro non deve appartenere a coloro che diffamano il profeta dell’Islam.
Tuttavia, per essere credibili, coloro che condannano questa diffamazione
devono anche condannare l’odio che vediamo quando viene dissacrata l’immagine
di Gesù Cristo, quando vengono distrutte le chiese, o quando viene negato l’Olocausto.

 Tutto ciò però mi sembra che sia solo il punto d’arrivo di un
lungo percorso. Per metterlo nella giusta prospettiva, suggerirei di leggere la
dichiarazione di Obama (anche) alla luce di quanto scriveva già – ormai più di
10 anni fa – il bollettino dell’associazione Vérité et Justice nel pezzo “Nascita
di una religione”[4]:
 
NASCITA
DI UNA RELIGIONE

Sappiamo, dai
lavori del professor Faurisson, che la tesi dell’”Olocausto” è, dal punto di
vista della scienza storica, insostenibile. Per scansare ogni dibattito in
contraddittorio, si è invocato un “dovere della memoria” che afferma con aplomb
che l’”Olocausto” rientra nel dominio dell’indicibile. Le leggi museruola non
difendono un avvenimento storico fondato su fatti scientificamente stabiliti,
ma una finzione risultante da una collusione di interessi. Il recente esempio
dell’impostore svizzero Wilkomirski mostra come sia possibile inventare una
storia sufficientemente credibile per farsi riconoscere come tale dai pretesi “sopravvissuti
dell’Olocausto”. Certo, il trucco non è nuovo: Martin Gray[5],
autore del bestseller In nome dei miei,
aveva già sfruttato il filone una ventina d’anni fa grazie alla complicità dell’ebreo
Max Gallo. Codesta “memoria”, protetta dalla legge come un brevetto d’invenzione,
ha permesso di mettere in funzione un’”industria dell’Olocausto” il cui
meccanismo è stato perfettamente analizzato e descritto da Norman Finkelstein. Ma
ecco che ci si è accorti che nel sacralizzare questo fruttuoso business lo si
eleverebbe al rango supremo di una religione. Ad un tale livello, non ci si
disturberebbe più con expertise, prove e testimonianze, vere o false: c’è il
dogma, e vi sono le eresie. Si vuole così assimilare il revisionismo ad una
eresia blasfema, altro trucco già utilizzato circa 2.000 anni fa contro il
Galileo, che aveva già avuto la cattiva idea di denunciare i piccoli affari dei
mercanti del Tempio. Tutto ciò spiega perché il Concistoro ebraico di Francia[6] ha
introdotto il 2 maggio 2001 un Rituale della Shoah, in tre parti: all’inizio
una preghiera per la Shoah, poi una rievocazione storica che descrive le
tribolazioni degli ebrei dal 1933 al 1945, infine la lettura di estratti di
testi di inevitabili “grandi testimoni”, come Elie Wiesel, Primo Levi o Anne
Frank. Ecco come si cementa la storia della nostra epoca per meglio costruire i
nuovi gulag. Il futuro ci dirà quanto vale questo metodo – uno strato di
religione per rafforzare uno strato di legge – ispirato, così pare, dalla
tecnica utilizzata per costruire il sarcofago della centrale nucleare di
Chernobyl.

Il “sarcofago” del Yad Vashem Memorial Museum 
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