Una visita in carcere a Sylvia Stolz

Una visita in carcere a Sylvia Stolz

Gerard Menuhin, 59 anni, figlio del celebre violinista Yehudi Menuhin, era stato escluso, nel Dicembre del 2005, dalla Fondazione Menuhin da lui presieduta, a causa di un articolo che aveva pubblicato il mese precedente sull’organo del NPD (Partito Nazionaldemocratico Tedesco) e nel quale spiegava che un popolo che si lascia ancora intimidire, sessant’anni dopo la fine di una guerra, dagli avvenimenti di quell’epoca, “non è sano”. Ebreo, certo, anti-sionista e germanofilo, G. Menuhin ha avuto il coraggio di andare a visitare Sylvia Stolz, la “Giovanna d’Arco tedesca”, l’avvocatessa che aveva difeso E. Zündel davanti al tribunale di Mannheim, e che venne arrestata in tribunale (in pieno dibattito) e direttamente segregata nella prigione di Heidelberg. Ecco, dunque, la cronaca di quella visita:

UNA VISITA A SYLVIA STOLZ

di Gerard Menuhin – Heidelberg, 10 Novembre 2008

Al suo arrivo presso la prigione di Heidelberg, il visitatore si trova davanti ad uno sportello/sbarramento, protetto da un vetro blindato, dove presenta i suoi documenti d’identità e l’autorizzazione per la visita. Deve in seguito consegnare il suo cellulare. Ed il tutto è raccolto e custodito in un cassetto chiuso a chiave. Una volta penetrato all’interno del carcere, una scala lo conduce ad una stretta sala d’attesa, dove il suo soprabito ed il suo portafoglio sono chiusi in un deposito automatico. Dopo avere attraversato un’altra stanza, il visitatore è infine condotto al parlatorio. La custode responsabile della sala-colloqui, è corretta ed anche simpatica. E’ seduta ad un tavolino in un angolo della medesima stanza. Poco dopo entra Sylvia Stolz, vestita con una gonna scura. Il suo aspetto mi è familiare, a partire dalle numerose fotografie che ho visto sui giornali ed alla televisione. Il suo volto franco, il suo passo giovane e la sua voce da ragazzina mi sembrano così familiari! Esteriormente, sembra calma ed imperturbabile. Dopo una rapida stretta di mano, ci sediamo, ognuno ad un lato della lunga tavola. Un pensiero mi viene ancora alla mente, una riflessione che tutti dovremmo tenere presente: questa tedesca è stata condannata a tre anni e mezzo di prigione per avere manifestato opinioni illecite – condannata da un sistema giudiziario tedesco che emette sentenze più lievi per gli stranieri che, in Germania, commettono omicidi contro cittadini tedeschi. Un giorno, in un’intervista, l’avv. Stolz aveva dichiarato: “I tedeschi non hanno la tendenza a punire gli altri”. Tenuto conto della propaganda anti-tedesca diffusa dai sionisti e dagli “uomini buoni”, è illuminante ricontestualizzare questa riflessione. La stessa cosa vale per gli animali. La Sig.ra Stolz è vegetariana; non può sopportare di vedere soffrire gli animali. E’ occupandosi della protezione animali che si è ritrovata in politica. La sua compassione per gli animali l’ha portata a protestare contro il trattamento crudele di cui questi ultimi sono oggetto con le sperimentazioni e le riproduzioni di massa. Ma ha dovuto riconoscere, purtroppo, che le proteste e gli argomenti non bastano a fare cessare tali pratiche. Nella lotta di liberazione contro la repressione della verità storica, il migliore obiettivo da combattere è il sistema giudiziario penale, poiché è li che comincia la repressione ufficiale. E vi occorrono argomenti tangibili e concreti. La Sig.ra Stolz ritiene che la rappresentanza parlamentare non serva a molto, visto che l’attuale e pretesa democrazia (tedesca) serve molto di più gli interessi della repressione che quelli la libertà. I partiti politici di oggi subiscono una pressione enorme. I partiti si rassomigliano tutti e sono intercambiabili. Non si interessano ad altra cosa che a restare al potere, e non a fare ciò che considerano giusto. Le costanti minacce di proibizione/interdizione che riguardano il Nationaldemokratische Partei Deutschlands (NPD – il Partito Nazional-democratico Tedesco) hanno fatto in modo che questo partito si distingua appena dagli altri partiti nazionali. Sulle elezioni statunitensi la Signora Stolz ha poco dire. Per lei, Obama non è nient’altro che una marionetta. Se si interroga Sylvia Stolz sulla sua situazione personale, ella respinge la domanda con un’alzata di spalle. Come se, per lei, non fosse importante. Sylvia non gradisce parlare di se stessa, ma si può comunque notare che ella impiega i suoi svaghi forzati a comporre canzoni, come i “Moritaten” del XVII secolo (un po’ come i nostri cantautori), su temi popolari o satirici. Quelle canzoni raccontano di storie orribili, d’omicidi, d’amore, di catastrofi e di eventi politici palpitanti. Inoltre, sta scrivendo un libro sulla protezione degli animali. E cosa legge? Hegel. E’ tutto quello che le permettono di leggere. I pasti serviti dalla prigione di Heidelberg sono pessimi. I menù sono appetitosi quando vengono letti ma, il cibo è appena commestibile. Ad esempio, quando nel menù c’è un’insalata di carote, questa è così piccante (forse per migliorare il gusto) che a Sylvia Stolz mette un’immensa sete e la costringe inevitabilmente a bere molta acqua che, a sua volta, contiene quantità enormi di cloro. Le servono della frutta? Sì, ma le mele che le vengono messe in tavola sono interamente ricoperte da un brillante e visibile strato di prodotti chimici che non si riesce ad eliminarlo che lavandolo con l’acqua calda. E’ realmente un crimine imprigionare delle persone – in questo caso una donna – che sono perseguite per le loro semplici opinioni e, in seguito, metterne ugualmente in pericolo la salute. Una tale situazione è rivoltante ed inaccettabile. Chiunque può preparare da sé una normale insalata di carote, con un po’ di aceto e di olio. Si potrebbe credere, invece, che il personale della cucina della prigione di Heidelberg prepari intenzionalmente pasti ripugnanti o, come già è avvenuto, che realizzi dei guadagni vendendo le derrate di buona qualità, e servendo ai prigionieri dei prodotti di qualità inferiore. Una volta, è stato addirittura trovato un topo morto nel pasto di un detenuto. Sylvia Stolz è in buoni rapporti con la maggior parte dei carcerati. Come avvocatessa, ella sarebbe felice di fornire dei consigli legali gratuiti ai suoi co-detenuti ma, non può proporre loro nessun tipo di aiuto, poiché – nell’ambito della sua condanna – è stata aggiuntivamente punita con un divieto di esercitare la sua professione, per cinque anni. La prigioniera si considera come una martire della causa tedesca? “Se il prezzo da pagare è l’incarcerazione, ne vale la pena. La libertà (della Germania) è così importante per me che sono pronta a sacrificare, per essa, la mia libertà personale”. Sylvia Stolz è pronta a ricominciare? Con una ferrea determinazione che in questa donna così sensibile non si sospetterebbe mai, ella risponde: “Come sempre, per me: la detenzione non ha fatto altro che fortificare la mia convinzione”.

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