Un intervento di Friedrich Paul Berg

GLI EBREI ERANO ANCORA VIVI

Di Friedrich Paul Berg, 6 Dicembre 2008[1]

La ragione più semplice per rifiutare in genere la storia dell’Olocausto è che la grande maggioranza degli ebrei europei erano ancora vivi alla fine della seconda guerra mondiale. Il professor Arthur Butz, autore di The Hoax of the Twentieth Century [La mistificazione del ventesimo secolo] fece quest’affermazione circa trent’anni fa – e aveva assolutamente ragione, come dimostra la seguente citazione da una fonte ebraica credibile e recente.

Citazione: “The Jewish Week [La settimana ebraica], 28.11.2003 – The Jewish Week ha appreso che due nuovi studi, effettuati per localizzare gli ebrei sopravvissuti all’Olocausto, da utilizzare per le future assegnazioni di fondi ai più bisognosi, differiscono considerevolmente riguardo al numero dei sopravvissuti sparsi per il mondo. Sergio Della Pergola, demografo all’Institute of Contemporary Jewry [Istituto dell’Ebraismo Contemporaneo] alla Hebrew University di Gerusalemme, ha accertato la presenza di 1.092.000 di sopravvissuti nel mondo. Jacob Ukeles, ricercatore a Manhattan, ne ha trovati 688.000. L’indagine di Ukeles, che è un aggiornamento di quella che preparò nel 2000 per la Conference on Jewish Material Claims Against Germany [Congresso per le richieste di risarcimento contro la Germania] presenta solo differenze scondarie rispetto alla sua ricerca precedente. Lawrence Eagleburger, presidente della International Commission on Holocaust Era Insurance Claims [Commissione internazionale per le richieste di assicurazione relative al periodo dell’Olocausto] aveva commissionato entrambe le indagini. Eagleburger aveva sperato di utilizzare queste analisi per stabilire come distribuire i 13.2 milioni di dollari annualmente a disposizione come fondi umanitari per i sopravvissuti bisognosi nel mondo”.

La sorprendente scoperta di Sergio Della Pergola sui 1.092.000 sopravvissuti ebrei dell’Olocausto ancora vivi nel 2003, viene discussa in modo approfondito nel suo rapporto: http://www.icheic.org/pdf/ICHEIC_demography1.pdf . Qualunque analisi statistica prudente e ragionevole sulla diminuzione della popolazione negli anni post-bellici dovrebbe sicuramente concludere che c’erano più di cinque milioni di “ebrei sopravvissuti all’Olocausto” ancora vivi alla fine della guerra. Senza dubbio: degli ebrei innocenti vennero uccisi ma, non c’è una ragione valida per credere che le morti ebraiche fossero statisticamente insolite rispetto a una guerra lunga e orribile nella quale vennero uccise molte decine di milioni di civili innocenti di tutte le nazionalità. Sulla base dei semplici numeri, la storia comunemente accettata è una mistificazione monumentale. L’accettazione continua, a livello internazionale, di questa mistificazione, anche in Germania, è un tributo al potere e all’influenza, enormi, delle presunte vittime e alla comunità ebraica in genere. Anche “l’unicità” delle presunte gasazioni di massa fa appello ai lati più oscuri dell’immaginazione e della dabbenaggine umane.

Gli archivi di Bad Arolsen sono ora disponibili e contengono più di 50 milioni di pagine di documenti sulle persone che vennero internate nei campi di concentramento durante la guerra. Secondo alcuni resoconti, questi archivi forniscono un’esauriente documentazione delle atrocità naziste. Ma, una recente lettera da Bad Arolsen ( http://forum.codoh.com/viewtopic.php?t=4441 ) mostra una realtà differente:

“sfortunatamente, non disponiamo di neppure un solo documento che elenchi la morte di un detenuto a causa delle gasazioni con Zyklon-B. Di regola, i nazisti elencavano altre cause di morte per i detenuti che morivano nei campi di concentramento. Distinti saluti,
U. Jost, manager dell’archivio”.

Non c’è bisogno di dire che costoro non hanno potuto fornire nessuna prova di gasazioni con il monossido di carbonio, o con il motore diesel, o di qualsiasi altro genere: sarebbero stati più che desiderosi di fornirla.

Un difetto importante del rapporto di Della Pergola è che l’”approccio di media estensione” (vedi p. 13 del rapporto) include solo “ebrei che sono tuttora vivi” (vivi cioè nel 2003), la qualcosa esclude gli individui che erano ebrei durante la seconda guerra mondiale ma che si “convertirono” o si assimilarono durante la guerra, e che abbandonarono il loro precedente legame con il giudaismo – e che oggi NON sono ebrei. Il numero di persone che rientrano in questa categoria può soltanto essere immaginato – ma sembra ragionevole ritenere che si tratti di cifre consistenti. Per sfuggire ai pericoli, reali o percepiti come tali, che minacciavano la propria sopravvivenza, molti ebrei di certo sciolsero i propri legami con il giudaismo, proprio come i tedeschi dopo la seconda guerra mondiale hanno abbandonato il proprio legame con il nazionalsocialismo. Si può persino definire tutto ciò come il fenomeno Madeline Albright. La signora Albright venne presuntamente a conoscenza dell’identità pre-bellica ebraico-ceca della propria famiglia solo dopo essere cresciuta come cattolica romana negli Stati Uniti ed essere diventata Segretario di Stato. Sebbene i suoi genitori siano entrati a far parte di una società tollerante in fatto di religione, non ripresero la propria identità ebraica e crebbero invece la propria figlia come una cristiana. Ogni altro parente ebreo vivente della signora Albright a quanto pare è rimasto zitto o non è stato contattato.

Un altro difetto fondamentale del rapporto di della Pergola è che non include persone che erano ebree durante la guerra ma che hanno abbandonato la propria identità ebraica nei 58 anni successivi alla fine del conflitto, per qualsiasi ragione, che può andare semplicemente dal matrimonio misto al rifiuto deciso della religione in quanto tale, come ci si poteva aspettare nell’Europa orientale comunista. Ignorare le pressioni postbelliche a uniformarsi all’ateismo di stato sarebbe come prendere le differenze demografiche tra i cristiani dell’Europa orientale, prima e dopo il comunismo – e poi concludere che la differenza rappresenta “il numero dei cristiani sterminati sotto il comunismo”. Le accuse improntate ad un antisemitismo fanatico, sotto il comunismo postbellico, furono piuttosto frequenti e, perciò, bisognerebbe tener conto che le pressioni ad uniformarsi hanno ridotto in modo significativo la popolazione ebraica anche nel periodo postbellico.

In vista dei pericoli, reali o percepiti come tali, per la propria sopravvivenza per quale motivo un ebreo assennato avrebbe dovuto rimanere ebreo? Gli ebrei sono più fanatici di altri popoli riguardo alle proprie convinzioni religiose? Tutto ciò comporta che le vere cifre degli ebrei “sopravvissuti all’Olocausto” che erano vivi alla fine della guerra devono essere molto più alte dei milioni direttamente sottintesi dal rapporto di Della Pergola. Le cifre reali dei “sopravvissuti dell’epoca di guerra di identità ebraica” sono comunque enormi e rappresentano la confutazione più chiara e più eclatante della mistificazione. Il numero degli ulteriori “ebrei dell’epoca” che hanno abbandonato la propria identità ebraica dopo la guerra rendono la tesi contraria alla mistificazione ancora più eclatante.

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://forum.codoh.com/viewtopic.php?t=5219

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