Un altro articolo di Faurisson

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CAMERE A GAS O POMPE DI BENZINA?

di Robert Faurisson, 3 Luglio 2008

Il modo migliore per attenuare la crisi petrolifera sarebbe di intendersi con l’Iran, che possiede enorme riserve, non ancora sfruttate, di petrolio e gas. E il modo più sicuro per aggravare questa crisi sarebbe quello di attaccare militarmente questo paese, che non mancherebbe allora di bloccare lo stretto di Ormuz, impedendo così a ogni petroliera di circolare nella regione.

Ma l’America e i suoi amici hanno deciso di boicottare l’Iran del presidente Ahmadinejad. Di conseguenza, noi dobbiamo pagare la benzina a caro prezzo, questa benzina che in anglo-americano si chiama “gasoline” oppure “gas”.

Agli occhi dei dirigenti americani e dei loro amici, il crimine maggiore del presidente iraniano, descritto come un nuovo Hitler, è d’aver detto e ripetuto che “l’Olocausto” degli ebrei è un “mito”.

Tale crimine, Ahmadinejad l’ha recentemente aggravato durante una conferenza stampa che ha tenuto a Roma il 3 giugno 2008. Alludendo ai cercatori revisionisti, egli ha formulato l’auspicio che gli intellettuali europei possano infine, senza più rischiare il carcere, aprire liberamente quella che, così giustamente, chiama “la scatola nera dell’Olocausto”. Per l’America e i suoi amici, il presidente iraniano, comportandosi in tal modo, si conferma decisamente come un pericoloso revisionista; e a questo titolo, mette più che mai in pericolo la religione, l’industria e il commercio de “l’Olocausto”, questo “Olocausto” che è anche l’arma politica numero 1 dello Stato d’Israele, così caro ai cuori dei politici occidentali.

Ai cittadini europei rimarrà la scelta fra la pompa di benzina (una cosa concreta) e la camera a gas (delle parole vuote, un’intossicazione). Ahmadinejad è pronto a venderci petrolio e gas; propone anche agli Europei che le transazioni si facciano in euro e non più in dollari. L’America, dal canto suo, insiste affinché l’intossicazione olocaustica continui ad avere corso forzato nel mondo intero. Essa ha estradato in Germania i revisionisti Ernst Zündel e Germar Rudolf, che marciscono attualmente nella “Guantánamo” di Mannheim. Da parte loro, i politici europei, all’unisono, chiedono la mobilitazione generale tanto contro l’Iran che contro il revisionismo: “Holocaust first!” (“Olocausto innanzi tutto!”). I nuovi crociati vogliono fare dell’“Olocausto” una nuova religione universale. Il loro emblema non è più una croce con un suppliziato nudo ma un misterioso mattatoio con una folla di suppliziati nudi.

Anche i cittadini americani dovranno scegliere: “Gas Chambers or Gas stations? Make up your mind!” (“Camere a gas o pompe di benzina? Decidete voi!”).

Il revisionismo storico è essenzialmente un’avventura intellettuale. Ma capita che, con queste ricadute geostrategiche inattese, stia assumendo delle dimensioni politiche perfino sul piano internazionale.

Per maggiori dettagli sull’argomento, cfr. R. Faurisson, “Ricadute geostrategiche del revisionismo: la lezione iraniana” (5 Giugno 2008, 4 pagine).

In Le Monde, in data del 3 luglio, Corine Lesnes ha pubblicato una “Lettera dagli Stati-Uniti” dove afferma: “Per due terzi degli Americani, il prezzo dei carburanti è diventato il principale motivo di preoccupazione, ben più dell’Iraq o del sistema sanitario. Gli automobilisti di tutte le classe sono coinvolti. Non si vede più un telegiornale che non abbia un reportage in una stazione di servizio” (p. 30). La giornalista cita alcune sorprendenti modifiche già accadute nella vita americana a causa della crisi dei carburanti. Secondo lei, l’America consumerebbe un quarto del petrolio mondiale.

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