L’altra faccia della notizia

L’altra faccia della notizia

Nei giorni scorsi i media di tutto il mondo si sono occupati di Hosam Dwayyat, il giovane palestinese che alla guida di un bulldozer si è lanciato in una delle strade più trafficate di Gerusalemme, travolgendo tutto quello che incontrava e provocando la morte di tre persone, prima di finire ucciso per mano di un poliziotto (http://it.reuters.com/article/idITCIA23480520080702 ).

Naturalmente qui da noi gli ascari della Israel lobby hanno subito detto che la vicenda dimostra il carattere irrimediabilmente terrorista dei palestinesi (si legga in proposito il commento di Fiamma Nirenstein: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=999920&sez=120&id=25140 ).

I giornali “normali”, anche se non sono arrivati a tanto, hanno comunque descritto la vicenda come la solita “missione suicida” del palestinese di turno. Praticamente nessuno, all’interno del giornalismo “mainstream”, si è sforzato di indagare, men che meno di capire, i retroscena della tragedia.

Per fortuna, però, esistono personaggi come Israel Adam Shamir, il giornalista israeliano convertitosi al cristianesimo ortodosso, che approfondiscono i fatti oltre il rumore di fondo dell’informazione precotta. Sulla vicenda in questione Shamir ha scritto un articolo interessante, intitolato Heemeyer cavalca ancora (http://www.rense.com/general82/rides.htm ), di cui pubblico a seguire i passaggi più significativi. Ecco il testo:
“Questa è una storia umanamente interessante. Potrebbe essere accaduta dovunque, ma è successa a Gerusalemme. Sì, qui abbiamo ebrei e arabi, ma questa è una storia di uomini e donne. Sarebbe un buon soggetto per un film, o per un romanzo, perché include l’amore romantico, degli innamorati belli e giovani separati dal pregiudizio, una condanna dura e ingiusta emessa nel nome della legalità – e infine la morte”.

“Pochi giorni fa, un giovane di Gerusalemme è montato sul suo trattore Caterpillar, è piombato come impazzito sulla strada principale, colpendo autobus e automobili, ed è stato infine colpito a morte da un vigilante. Perché è successo tutto questo? Per la stessa ragione un americano, Martin Heemeyer, ha fatto la stessa cosa. Quando un uomo viene umiliato troppo, e troppo duramente, si spezza. Uno si mette a piangere, un altro si suicida, e un altro ancora prende il fucile e spara a vista – oppure si lancia col suo bulldozer sulle macchine e sulle persone”.

“Martin Heemeyer era un saldatore del Colorado che, il 4 Giugno del 2004, spinse il suo bulldozer contro il municipio, contro la sede del giornale locale che pubblicava articoli a lui ostili, contro la casa di un giudice e contro altri ancora. Era stato umiliato troppo: l’amministrazione comunale aveva chiuso la strada di accesso [al suo negozio], la sua attività era stata rovinata, e le sue richieste più semplici venivano rifiutate. Il giovane di Gerusalemme, Hosam Dwayyat, ha patito molto di più”.

“Hosam era nato a Gerusalemme dopo la conquista ebraica, ed era cresciuto in un villaggio nei sobborghi della città. Sur Bahr, il suo villaggio al confine del deserto, con i suoi pastori e le sue pecore, non è un brutto posto: è raggiungibile a piedi sia dalla Città Vecchia di Gerusalemme che da Betlemme. Le case sono carine, spaziose e fatte di pietra calcarea, circondate da piccoli giardini”.

“Hosam, come tutti i giovani di Sur Bahr, viveva nella zona grigia tra ebrei e palestinesi. Parlava ebreo e arabo, aveva amici israeliani e palestinesi, andava in discoteca e ai concerti, poteva andare a Tel Aviv o a Gerusalemme Ovest come un normale essere umano, come voi e me. Tuttavia, nei suoi tragitti, veniva fermato frequentemente, veniva perquisito, gli veniva ordinato di mostrare i documenti, veniva arrestato, picchiato e rilasciato: la polizia di sicurezza israeliana, le guardie di confine, facevano questo regolarmente per ricordare all’arabo che è un arabo. Per questa ragione, gli abitanti di Gerusalemme Est esitano ad avventurarsi a Ovest, proprio come voi esitereste a visitare il violento South Bronx”.

“Ma Hosam era giovane, e la gioventù non si arrende facilmente. Circa otto anni fa, quando aveva 24 anni, incontrò una giovane ragazza russa, Marina, che ne aveva 19, e si innamorarono. Per lei era il primo amore, e non nascose la sua felicità”.

“I russi sono un gruppo a parte nel mosaico sociale d’Israele. Sebbene siano nominalmente “ebrei”, hanno conservato la loro identità russa, e i loro costumi. Non sono stati infettati fin da piccoli dallo sciovinismo ebraico. Per i russi, l’ebraismo rientra nel privato, non è un’identità pubblica. Nell’Unione Sovietica internazionalista e negli stati che le sono succeduti, ragazzi e ragazze si innamorano o fanno amicizia con una persona senza tenere conto della sua origine etnica o religiosa, e questo non suscita inquietudine, men che meno disapprovazione. Quando arrivano in Israele, questi giovani affabili vengono classificati dagli israeliani arroganti come gli “ultimi arrivati”. Vengono snobbati ed emarginati. Hanno pochi contatti con la gioventù benestante, mentre i figli dei poveri sobborghi ebrei orientali sono troppo estranei per loro. I russi non condividono gli ideali delle altre comunità israeliane, e cioè il valore militare e l’accumulo della ricchezza”.

“I palestinesi, specie quelli cresciuti nelle città più grandi, come Gerusalemme, Haifa, Jaffa-Tel Aviv e Ramallah, sono più vicini ai russi dei membri delle altre comunità: sono più intelligenti, si comportano come gentlemen, e non guardano i russi dall’alto in basso. Si sposano con essi o, molto spesso, instaurano romantiche relazioni. Tra i miei amici più stretti, ho una giovane ragazza russa che si è sposata con un ragazzo di Batir, e ora lei vive in quel villaggio nei pressi di Gerusalemme con la sua nuova famiglia. Un’altra è stata con un ragazzo palestinese per due anni, prima di rompere per ragioni personali”.

“Hosam e Marina si fidanzarono; vissero insieme per un po’ a Tel Aviv. “A Hosam gli israeliani piacevano”, ha detto Marina ai giornali la scorsa settimana. Ma il loro amore si è infranto sugli scogli dell’apartheid”.

“Le relazioni tra gli “ebrei”, anche quelli solo nominalmente tali, e i goym [i non ebrei] suscitano allarme, e persino l’odio manifesto dell’Israele ufficiale. Pochi giorni fa, il più grande giornale israeliano, Yediot Ahronot, ha informato i suoi lettori che “l’amministrazione comunale di Kiryat Gat ha deciso di prendere provvedimenti contro le adolescenti che si innamorano dei giovani beduini, e per questo ha presentato un film di 10 minuti intitolato “A letto col nemico””. A Giugno, l’esercito israeliano ha cacciato dal villaggio di Husan una ragazza israeliana di nome Melissa, di 23 anni, che aveva sposato un giovane del posto chiamato Muhammad Hamameh, di 25 anni. C’è un’organizzazione di vigilanza chiamata Yad Leakhim, che combatte contro i matrimoni misti e le conversioni al cristianesimo o all’Islam, e che si dedica a boicottare la felicità interrazziale”.

“I genitori di Marina ricevettero allusioni e sguardi strani dai vicini. Venne spiegato loro che “non si fa così”, che questo è “dormire col nemico”. Essi trasmisero questa pressione sulla figlia ma la volitiva Marina se ne andò a vivere con il suo ragazzo e con la famiglia di lui. Lui voleva sposarla ma le ragazze russe raramente si sposano così giovani – e, come altre ragazze occidentali – non vogliono necessariamente sposare il proprio ragazzo. Esse desiderano persino flirtare con altri uomini, mentre dei ragazzi sinceri e di serie intenzioni possono disapprovare un tale comportamento. Non c’è bisogno di essere un russo e/o un arabo per saperlo. Non c’è bisogno di essere un Otello per sapere che la gelosia può portarti a prendere a ceffoni il partner volubile, e lui infatti la prese a ceffoni. In un momento di rabbia, Marina lo denunciò alla polizia e i poliziotti portarono via il suo innamorato. Marina cercò di ritirare la denuncia; all’epoca era incinta e viveva con i genitori di Hosam. “Mi ha preso a ceffoni perché era geloso”, ha detto la settimana scorsa. Ma anche il suo intervento in favore di Hosam in tribunale non lo aiutò – fu condannato a 20 mesi di carcere”.

“I giudici di Gerusalemme sono notoriamente anti-arabi; deve essere così, visto che approvano così tanti provvedimenti ingiusti verso gli arabi. In questo caso hanno visto la possibilità di troncare una relazione proibita tra una donna nominalmente ebrea e un goy, per dare una lezione sia ai russi che ai palestinesi”. […]

“La settimana scorsa Marina, ancora bella magra e bionda, rimpiangeva Hosam e ha detto ad un reporter di essere ancora innamorata di lui, il suo primo amore nonché padre del figlio che adesso sta allevando da sola. […] Ha versato lacrime per l’uomo che le autorità israeliane e i media hanno giudicato come un “malvagio terrorista”. Per anni, Marina ha sperato che lui le perdonasse il suo momento di debolezza e tornasse da lei dopo la sua scarcerazione. Ma non è tornato. La famiglia gli organizzò un matrimonio e lui cercò di rifarsi una vita nella società palestinese dopo il fallimento in quella israeliana”.

“Questo secondo tentativo fu anche peggiore. Un tempo la sua famiglia possedeva molta terra, ma venne confiscata per costruire un villaggio ebreo nelle vicinanze. La terra rimanente venne poi confiscata per costruire il Muro, un mostro alto quasi cinque metri che li tagliava fuori da Betlemme e dal deserto. Su quello che era rimasto, costruì una casa per la sua nuova famiglia, per sua moglie e per i suoi due bambini”.

“Ma un palestinese non può costruire una casa a Gerusalemme, nemmeno sulla terra di sua proprietà, e lui non avrebbe mai avuto il permesso. Hosam incappò nella “giustizia” israeliana per la seconda volta, con conseguenze altrettanto disastrose. Gli ordinarono di demolire la casa e lo multarono di 50.000 dollari. Perciò è crollato, ha preso il suo trattore da rimorchio ed è piombato sul centro di Gerusalemme speronando bus e macchine. E’ stato immediatamente sparato”.

Questi i passaggi più significativi dell’articolo di Shamir sul giovane palestinese. Il giornalista israeliano non manca poi di notare che quando sono gli ebrei, in Israele, a usare i bulldozer a scopo omicida, sia contro i palestinesi ( http://www.voicesofpalestine.org/outrageous/Jenindozer.asp ) che contro i pacifisti (http://www.israelshamir.net/English/maidandogre.htm ), nessuno li considera terroristi. Inoltre, mentre il vigilante ebreo che ha ucciso Hosam è considerato un eroe, gli arabi che uccisero un estremista ebreo che aveva aperto il fuoco contro un bus a Shafa Amr sono stati incriminati per omicidio (http://philistine.wordpress.com/2008/06/16/israeli-kills-arabs-arabs-put-on-trial/ ).
Ecco quello che i giornali non dicono.

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