Se potessi bacerei Saddam

Se potessi bacerei Saddam

KHALIL RIMPIANGE DI AVER ABBATTUTO LA STATUA DI SADDAM[1]

09.04.08 AFP [Agence France Press] – Baghdad – Ibrahim Khalil, che cinque anni fa prese parte all’emblematico abbattimento di una grande statua di Saddam Hussein nel centro di Baghdad, ha detto mercoledì che ora rimpiange di aver preso parte a questo evento straordinariamente simbolico.

“Se la storia potesse riportarmi indietro, bacerei la statua di Saddam Hussein al cui abbattimento avevo collaborato”, ha detto Khalil ai cronisti, durante il quinto anniversario dell’abbattimento della statua.

“Proteggerei la statua più di me stesso”, ha detto Khalil in Piazza Firdoos accanto a un monumento eretto dove giaceva un tempo la statua di Saddam, prima che i marine americani e gli iracheni infilassero una catena attorno al suo collo e la facessero cadere in pezzi.

Tale azione segnò la fine del regime da pugno di ferro di Saddam e funse da premonizione alla stessa fine del dittatore il 30 Dicembre 2006, quando egli venne impiccato a Baghdad per crimini contro l’umanità.

Khalil, vestito con una maglietta blu e pantaloni grigi, si è detto dispiaciuto per essere stato uno dei dodici iracheni giubilanti che demolirono la statua e applaudirono la fine del dominio di Saddam.

“Tutti i miei amici che stavano con me quel giorno la pensano come me”, ha detto Khalil ai cronisti in Piazza Firdoos, che mercoledì era praticamente deserta nel mezzo di un divieto dell’uso di automezzi imposto dal governo per prevenire un attacco dei guerriglieri.

Descrivendo gli avvenimenti di cinque anni fa, Khalil ha detto che un mare di gente si era radunato nella piazza quando i marine invasori arrivarono.

“Qualcuno di noi riuscì ad arrampicarsi sulla statua che era stata posta su un’alta struttura di cemento. I soldati ci diedero una lunga fune che infilammo attorno al collo e iniziammo a tirare”, ha detto Khalil, che è un robusto quarantacinquenne.

“Ma la corda si spezzò. Allora i soldati ci diedero una catena di acciaio che mio fratello Khadim infilò attorno al collo. I carri armati (americani) allora iniziarono a tirare la catena e presto la testa venne mozzata e la statua venne giù.

Egli ha detto che la folla plaudente e alcuni marine balzarono sulla statua “immediatamente”.

“Colpimmo il viso della statua con le nostre scarpe”, ha detto, riferendosi ad un’azione considerata il massimo insulto dalla cultura araba.

“Fu un momento storico. Mi sentivo come se fossi nato di nuovo. La maggior parte degli iracheni era felice poiché erano stati tutti colpiti dal regime di Saddam”.

Ma cinque anni dopo, Khalil dice che la gioia è svanita da un pezzo e che la situazione nel paese è ampiamente deteriorata.

Le forze irachene stanno ancora combattendo in scontri sanguinosi che hanno ucciso decine di migliaia di persone e hanno provocato milioni di profughi.

Il Comitato Internazionale della Croce Rossa dice che la condizione disperata di milioni di iracheni che hanno una disponibilità scarsa o nulla di acqua potabile, servizi igienici e cure mediche, è “la più critica del mondo”.

L’economia, la prima preoccupazione degli iracheni dopo la sicurezza, è anch’essa un disastro.

“Ora capiamo che il giorno in cui Baghdad cadde fu in realtà un giorno nero. L’era di Saddam era migliore”, ha detto Khalil, che assieme a suo fratello gestisce un negozio di riparazioni di autovetture.

“Chiedo a Bush: dove sono finite le tue promesse di fare dell’Iraq un paese migliore?”

“Adesso quando usciamo dobbiamo portare con noi la pistola. Sotto il regime di Saddam, stavamo al sicuro. Ci siamo sbarazzati di un Saddam, ma adesso abbiamo 50 Saddam”.

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.informationclearinghouse.info/article19701.htm

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