Licenziato in tronco un editorialista del Guardian per aver espresso “sarcasmo” nei confronti di Israele

‘You say the wrong thing, you lose your position’: Guardian columnist reveals he was fired over tweets criticizing Israel

“SE DICI LA COSA SBAGLIATA, PERDI IL POSTO”: EDITORIALISTA DEL GUARDIAN RIVELA DI ESSERE STATO LICENZIATO PER DEI TWEET CHE CRITICAVANO ISRAELE[1]

10 febbraio 2021

L’editorialista Nathan J. Robinson ha rivelato che il Guardian lo ha licenziato a causa di un tweet sarcastico riguardante l’aiuto degli Stati Uniti a Israele, nonostante che egli lo avesse cancellato e che, nella speranza di conservare il proprio lavoro, avesse concordato di non sollevare mai l’argomento.

Nel momento in cui ho irritato i difensori di Israele sui social media, sono stato licenziato in tronco dal mio lavoro di editorialista”, ha scritto Robinson mercoledì su Current Affairs, la rivista che egli dirige.

I suoi articoli erano apparsi sul Guardian a partire dal 2017, e Robinson dice di essere stato “censurato per ragioni di contenuto” solo una volta: quando aveva criticato il democratico Joe Biden per i legami affaristici di suo figlio, durante le elezioni presidenziali americane del 2020.

A farlo licenziare, tuttavia, sono stati un paio di tweet che criticavano Israele. Arrabbiato per la quantità dell’aiuto americano a Tel Aviv nella legge di spesa onnicomprensiva legata allo stimolo per il coronavirus del dicembre 2020, Robinson aveva twittato “sarcasticamente” che “è la legge” che “al congresso americano non venga in realtà permesso di autorizzare nessuna nuova spesa a meno che una parte di essa sia finalizzata a comprare armi per Israele”.

In un tweet successivo, egli spiegò che non è davvero la legge, ma “almeno tanto abituale da essere funzionalmente identica”, in modo tale da far capire che era “al 100 per cento uno scherzo” senza nessuna possibilità di fraintendimento.

Poi egli ha ricevuto una email dal direttore dell’edizione americana del Guardian John Mulholland, che citava qualcuno che aveva definito i tweet come “chiaramente antisemiti” e come qualcosa che “dà forma a odio omicida”, chiedendone la cancellazione e le scuse.

Robinson ha rapidamente cancellato i tweet e si è scusato, spiegando ai suoi lettori che “la scrittura politica di sinistra non è lucrosa e io avevo bisogno di quel denaro”. Egli ha anche chiesto specificamente delle indicazioni su ciò che poteva e non poteva dire, ma ha scoperto che il Guardian “non ha un codice censorio formale – ne ha solo uno non scritto”.

Dopo averlo totalmente ignorato per settimane, il Guardian ha informato Robinson martedì che la sua rubrica era cessata. L’amareggiato autore di “Perché dovresti essere un socialista” ha postato le schermate delle email di Mulholland e ha lamentato la “soppressione delle critiche a Israele“.

Se dici la cosa sbagliata, perdi il posto. Nessuna seconda possibilità. Verrai asfaltato come un antisemita e il tuo lavoro sparirà nottetempo“.

Anche se questo è precisamente il modo in cui la “cultura della cancellazione” opera in questi tempi, i critici di Robinson sono stati lesti a far notare che egli aveva sostenuto solo l’estate scorsa che non c’era nulla del genere, quando erano i conservatori ad essere epurati per le loro opinioni.

L’ex blogger del New York Times Andrew Sullivan ha definitoorribile” il fatto che Robinson sia stato “licenziato per aver espresso del sarcasmo” e ha aggiunto che la “cultura della cancellazione che proviene dalla Israel lobby è pur sempre una cultura della cancellazione”.

Io penso che Nathan sia profondamente sgradevole, ma che non avrebbe dovuto essere licenziato per un tweet”, ha scritto l’editorialista di Harper Thomas Chatterton-Williams, che Robinson aveva criticato a causa della lettera dell’anno scorso contro la cultura della cancellazione. “La libertà di parola significa qualcosa solo se difendiamo quello che non ci piace”.

La giornalista indipendente Caitlin Johnstone ha trovato dell’umorismo nell’intera faccenda, dicendo di essere “assolutamente scioccata e scandalizzata nell’apprendere che un giornalista rispettato e influente come [Robinson] aveva fatto qualcosa di così disgustoso e offensivo come scrivere per il Guardian”.

Il Guardian deve ancora reagire alle accuse fatte da Robinson. Costoro ancora lo annoverano come un “editorialista del Guardian”. Il suo ultimo pezzo, pubblicato il 2 dicembre, sostiene che “gli editori non sono obbligati a dare a fanatici come Jordan Peterson una tribuna”, e che “nessuno ha il diritto ad un contratto per un libro lucroso senza preoccuparsi che le proprie opinioni siano buone o valide”.

 

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: https://www.rt.com/usa/515203-guardian-columnist-canceled-israel/

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