Thomas Kues: Alcuni commenti sui rapporti Gerstein

ALCUNI COMMENTI SUI RAPPORTI GERSTEIN

Di Thomas Kues, 2008

L’uso di Gerstein da parte di Yitzhak Arad

Yitzhak Arad

Yitzhak Arad è l’autore di Belzec, Sobibor, Treblinka: The Operation Reinhardt Death Camps (Indiana University Press, 1987), che è probabilmente l’opera classica sui tre “campi della morte” dell’Aktion Reinhardt. In questo libro Arad dedica un breve capitolo alla “Missione di Gerstein e Pfannenstiel”, dove egli cita una parte del rapporto Gerstein denominato T III dallo studioso revisionista francese Henri Roques[1]. È interessante notare che Gerstein è il solo testimone citato in Belzec, Sobibor, Treblinka la cui attendibilità Arad si degna di prendere in considerazione. Riguardo alla descrizione di Gerstein di una presunta conversazione con il SS und Polizeiführer Odilo Globocnik, Arad scrive:

Questo rapporto fu uno dei primi e più importanti documenti relativi all’Operazione Reinhard. Esso include fatti ed eventi a cui Gerstein personalmente assistette e alcuni che gli vennero riferiti da Globocnik o da Wirth. Il rapporto di ciò che Gerstein vide come testimone oculare è attendibile; “i fatti” basati su ciò che i suoi interlocutori gli dissero furono in qualche misura da loro esagerati o erano semplice vanteria. La storia di Globocnik sulla visita di Hitler e di Himmler il 15 agosto 1942 non era vera. Hitler non visitò mai le sedi dell’Operazione Reinhard, ed è improbabile che abbia incontrato Globocnik in qualche altro luogo. La visita e il colloquio furono un’invenzione di Globocnik, probabilmente per sottolineare il suo status e l’importanza della sua missione. C’è, tuttavia, una possibilità che un tale colloquio sia avvenuto con Himmler durante la sua visita a Lublino alla metà di luglio del 1942. A parte la sua veridicità, questa storia è importante come una chiave per capire le idee di Globocnik e l’approccio ideologico allo sterminio degli ebrei[2].

Così Arad conclude che Gerstein è attendibile riguardo a tutto ciò che egli sostiene di aver visto con i propri occhi, come un mucchio di scarpe alto da 25 a 40 metri, o da 700 a 800 persone pressate in una camera che misurava 25 metri quadri! È bene allora che Arad liquidi l’idea fattualmente impossibile di un incontro tra Globocnik, Hitler e Himmler il 15 agosto 1942. Come compensazione, ci viene presentata l’ipotesi di un colloquio tra Globocnik e Himmler “nella metà del 1942”. Tuttavia, il lettore attento del libro di Arad sarà sorpreso di leggere a p. 376 le righe seguenti:

Nel gennaio 1944, la questione di nascondere i propri crimini iniziò a preoccupare Globocnik, mentre un anno e mezzo prima, nell’agosto 1942, quando gli era stato chiesto da ufficiali delle SS in visita se non sarebbe stato meglio, per ragioni di segretezza, cremare piuttosto che seppellire i cadaveri delle vittime dell’Operazione Reinhard, Globocnik aveva risposto: ‘Dovremmo, al contrario, seppellire delle tavolette di bronzo che affermino che siamo stati noi che abbiamo avuto il coraggio di eseguire questo compito gigantesco”.

Confrontate questo con la citazione di Gerstein che si trova a p. 101 dello stesso volume:

Il dr. Herbert Lindner, che era con noi ieri, mi ha chiesto [=Globocnik]: ‘Ma non sarebbe più sensato cremare i cadaveri invece di seppellirli? Un’altra generazione potrebbe forse giudicare queste cose in modo differente!’ Io replicai: ‘Signore, se vi fosse mai, dopo di noi, una generazione così codarda e molle da non poter capire la nostra opera che è così buona, così necessaria, allora, signori, tutto il nazionalsocialismo sarà stato vano. Dovremmo, al contrario, seppellire delle tavolette di bronzo che affermino che siamo stati noi che abbiamo avuto il coraggio di eseguire questo compito gigantesco!’ Il Führer allora ha detto: ‘Sì, mio buon Globocnik, lei ha ragione!’”.

Il passaggio citato da p. 376 non reca nessuna nota con le relative fonti. Non dovrebbe sorprendere che Arad con questo metodo cerchi di nascondere che egli sta citando come un fatto le affermazioni attribuite da Gerstein a Globocnik. Così in una pagina del libro ci viene detto che le parole di Globocnik sono “esagerazioni”, “semplice vanteria”, o addirittura “invenzione” e che l’incontro del 15 agosto non ebbe mai luogo, e in un’altra pagina, queste vanterie, esagerazioni e falsità ci vengono presentate come fatti. Per nascondere ulteriormente questo uso fraudolento di una fonte, Arad trasforma Hitler e Himmler in semplici “ufficiali delle SS in visita”! D’altro canto, egli conserva la presunta data dell’incontro presa dal rapporto Gerstein e asserisce che gli innominati ufficiali delle SS fecero la loro inchiesta in agosto. Quanto è curioso allora che Arad circa duecentocinquanta pagine prima affermi che un ipotetico incontro tra Globocnik e Himmler avrebbe potuto aver luogo in luglio, ma non in agosto!

Il difettoso tentativo di Arad di inserire la bizzarra missione di Gerstein con l’acido prussico nella sua narrazione del “campo della morte” è stato già attentamente discusso da Carlo Mattogno e da Jürgen Graf, a cui rimando il lettore curioso[3].

La descrizione di Treblinka da parte di Gerstein

Kurt Gerstein

Secondo i rapporti, Kurt Gerstein visitò Belzec il 18 agosto 1942. I rapporti affermano anche unanimemente che Gerstein e Wilhelm Pfannenstiel andarono con l’automobile del SS-Hauptsturmführer Christian Wirth a Treblinka il giorno seguente, il 19 agosto. In tutti i rapporti che menzionano la visita a Treblinka (come pure nel protocollo dell’interrogatorio del 19 luglio 1945), il numero delle camere a gas è fornito come 8 (otto)[4]. Gerstein non offre molti dettagli su ciò che vide a Treblinka, ma chiaramente indica che egli vide personalmente le presunte camere a gas ubicate in quel campo. Parlando delle vittime delle gasazioni, Gerstein ci dice[5]:

A Treblinca, ebbi l’impressione che qualcuno vivesse ancora. Quasi tutti avevano gli occhi aperti, un aspetto terribile. Ma non vidi nessun movimento, nonostante tutta l’attenzione”.

Se dobbiamo credere alla storiografia ortodossa, tutti e tre i campi Reinhardt furono originariamente provvisti di un solo piccolo edificio di gasazione, costruito in legno e contenente tre camere a gas. In seguito nel 1942, a cominciare da Belzec, in tutti i campi vennero eretti nuovi, più grandi edifici di gasazione. Questi furono presuntivamente costruiti in cemento o in mattoni. A Belzec, si dice che l’edificio di gasazione della prima fase venne demolito alla metà di giugno del 1942, sostituito alla metà di luglio con un nuovo edificio in cemento contenente sei camere[6]. A Sobibor, il primo edificio venne presuntivamente sostituito con un edificio simile contenente sei camere nell’ottobre 1942. A Treblinka, il vecchio edificio contenente tre camere non venne smantellato, ma un nuovo edificio di gasazione in cemento venne presuntivamente costruito nelle immediate vicinanze. Il lavoro sul nuovo edificio venne presuntivamente iniziato all’inizio di settembre del 1942. Il numero delle camere a gas dentro questo nuovo edificio viene fornito come 10, 6 oppure 8 (con il 10 quale numero che compare più spesso). Si ritiene che le vecchie camere a gas abbiano continuato a funzionare durante la costruzione del nuovo edificio, per essere convertite in una sartoria al completamento dei lavori. Si dice che le nuove camere a gas vennero inaugurate alla metà di ottobre[7].

Poiché Gerstein afferma di aver visitato Treblinka il 19 agosto, almeno due settimane prima che la costruzione del nuovo edificio di gasazione fosse persino iniziata, ne consegue che non avrebbe potuto vedere le nuove camere a gas, a prescindere che esse fossero dieci, otto o sei. Egli poteva, se dobbiamo credere a tutta la storiografia ufficiale, solo aver visto tre camere a gas ospitate in un semplice edificio, o baracca, di legno. Ma Gerstein non solo ci dice che le camere a gas di Treblinka erano otto, ma anche che “l’impianto in questo luogo era quasi lo stesso che a Belzec”[8]. Ma a Belzec, le camere a gas erano presuntivamente ospitate in un grande edificio di cemento camuffato come un’installazione per bagni (lo “Stiftung Heckenholt”)!

Il Gerstein apocrifo – il rapporto olandese

Nella sua tesi, Henri Roques trae la conclusione che non esistevano rapporti scritti da Gerstein prima del 1945[9]. Gli scrittori sterminazionisti d’altro canto, spesso asseriscono che Roques trascurò di proposito l’esistenza di un testo scritto in olandese e datato 25 marzo 1943. Roques scrive in una nota che egli è consapevole dell’esistenza di questo testo, ma lo liquida come una possibile contraffazione antidatata, “tanto sospetta che nessuno dei biografi di Gerstein hanno ritenuto opportuno di menzionarla”[10]. A seguire, dimostrerò perché Roques aveva ragione di liquidare questo documento come una possibile contraffazione.

Per cominciare, il documento non è firmato da Gerstein. Si dice che il rapporto sia stato messo per iscritto il 25 marzo 1943, da Cornelis van der Hooft, un membro della resistenza olandese che lavorava per il giornale, messo fuori legge, Trouw. I contenuti del rapporto derivarono presuntivamente da un altro olandese, J. H. Ubbink, che sostiene di aver incontrato Gerstein a Berlino nel febbraio 1943. Secondo la narrazione ufficiale, né Ubbink né van der Hooft dettero molto credito al resoconto durante i rimanenti anni della seconda guerra mondiale. Così, il “rapporto” non venne mai inviato al direttore di Trouw. La sua esistenza fu, in realtà, completamente sconosciuta al mondo fino alla fine della guerra[11].

Il documento, intitolato Tötungsanstalten in Polen (Stabilimenti dell’uccisione in Polonia), consiste di tre pagine con un testo scritto finemente in olandese[12]. Alla fine della terza pagina è scritta la data 25 marzo 1943. Il documento non reca firma. Parimenti, Gerstein non viene menzionato per nome. Invece, all’inizio della pagina 1 leggiamo[13]:

Il racconto che segue qui sotto in tutto il suo orrore, la sua incredibile brutalità e atrocità, ci è giunto dalla Polonia con la pressante preghiera di volerne informare l’umanità. La sua veridicità è garantita da un ufficiale SS tedesco di alto grado, il quale, sotto giuramento e con preghiera di pubblicazione, ha reso la seguente dichiarazione”.

Riguardo al titolo del documento, si può notare che il testo olandese usa la parola tedesca Tötungsanstalten dall’inizio alla fine. Al lettore viene data l’impressione che questo sia un autentico termine tedesco, forse utilizzato dalle SS per riferirsi alle presunte installazioni di sterminio nei campi Reinhardt e altrove[14]. Tuttavia, nei rapporti Gerstein documentati da Roques, le sole parole tedesche utilizzate in questo contesto sono Anstalten (centri o installazioni) e Anlagen (installazioni)[15]. 

Il resoconto del Gerstein apocrifo apre così:

In occasione di conversazioni che feci con ufficiali tedeschi che prestavano servizio in Polonia e in Russia, ascoltai i più incredibili racconti di atrocità e quando poi fu ricevuta la notizia della morte improvvisa della mia cognatina pazza, decisi che non avrei avuto pace finchè non avessi scoperto che cosa ci fosse di vero nei racconti di atrocità e nelle morti dei pazzi. Tutto il mio sforzo fu ora di entrare in contatto con importanti uomini SS in Polonia e di guadagnare la loro completa fiducia. Dopo mesi sono dunque riuscito ad ottenere il consenso a visitare due cosiddetti Tötungsanstalten. Il primo che visitai si trova a Belsjek, sulla strada Lemberg-Lublin, il secondo a Treblinka, circa 80 km a nord di Varsavia, altri due si trovano sempre in Polonia, ma non sono ancora riuscito ad ottenervi accesso.

Questi Anstalten si trovano in zone boscose solitarie ed esteriormente non si differenziavano dai normali campi di concentramento. Un portone di legno con un’iscrizione che finisce in ‘-heim’ non dà ai passanti nessuna ragione di sospettare un covo omicida”.

Nei rapporti documentati da Roques, Sobibor e Majdanek sono nominati come le due altre installazioni. Nel rapporto olandese, viene affermato da “Gerstein” che egli riuscì ad avere accesso solo a Belzec e a Treblinka, e non agli altri due campi. Tuttavia, cinque dei sei testi non apocrifi hanno Gerstein che vede Majdanek “in preparazione”; solo nel testo denominato come “T Va” da Roques lo scrittore afferma che egli non ha visto Majdanek. Lo stesso testo presenta Gerstein che visita Belzec e Treblinka come pure Sobibor[16]. Nei sei testi documentati da Roques, Treblinka viene descritta in modo coerente come ubicata a “120 km NNE” di Varsavia[17]. In realtà, Treblinka è ubicata approssimativamente a 80 chilometri a nord-est di Varsavia, meno di dieci chilometri a sud del fiume Bug e della città di Malkinia. Sembra strano che l’apocrifo olandese presenti la distanza Varsavia-Treblinka in modo corretto mentre Gerstein, in tutti i suoi testi, fornisca una distanza sbagliata. Una spiegazione probabile è che l’autore (o gli autori) del rapporto olandese abbia avuto l’opportunità di consultare altri scritti su Treblinka, o forse una mappa dettagliata della Polonia.

Come è stato notato da Jürgen Graf e da Carlo Mattogno, né Belzec né Treblinka erano ubicate dentro una foresta o in un’”area scarsamente popolata”[18]. Il rapporto olandese afferma che il portone di legno all’ingresso del campo recava un’iscrizione che finiva con “-heim” (“casa”; un elemento comune nell’ortografia tedesca). In nessuno dei sei rapporti Gerstein compare un’iscrizione che finisce con “-heim”. Nei testi denominati da Roques come T III, T Va, e T VI, la dicitura all’ingresso del campo di Belzec viene riferita come Sonderkommando Belzec der Waffen-SS[19]. È possibile che l’autore (o gli autori) del testo olandese abbia scelto “-heim” in modo che i lettori la associassero a Hartheim, il nome di uno dei più conosciuti centri tedeschi per l’eutanasia.

Poi nel rapporto olandese segue una descrizione dell’arrivo delle vittime a Belzec[20]:

Da tutti i paesi occupati d’Europa arrivano i treni con dentro le vittime. Essi sono formati da carri bestiame le cui finestrelle sono sbarrate con filo spinato, in ogni vagone ci sono 120 persone. In condizioni atmosferiche normali, in tali trasporti c’era una mortalità del 10%, ma una volta, nell’estate del 1942, a causa della mancanza d’acqua essa aveva raggiunto il 50%. Dopo che i vagoni erano arrivati al campo, gli occupanti ne venivano cacciati fuori a frustate ed erano poi rinchiusi “nelle baracche circostanti”. In base all’afflusso, il giorno dopo o alcuni giorni dopo 700-800 uomini venivano radunati in un cortile. Indi veniva loro ordinato di spogliarsi e di consegnare i vestiti e le scarpe.

Il numero delle persone per vagone ferroviario – 120 – è leggermente più basso della cifra asserita nei sei rapporti Gerstein documentati. Secondo tali testi, Gerstein vide un treno con 45 vagoni arrivare a Belzec, portando 6.700 persone, il che significa approssimativamente (6.700/45=148.9) 150 persone per vagone.

Nessuno dei rapporti documentati parla di vittime rinchiuse in baracche per uno o più giorni prima della loro gasazione. Gli ebrei, secondo Gerstein, venivano gasati il giorno stesso in cui arrivavano a Belzec. Si può notare che un rapporto del 1944 su Treblinka afferma che le vittime venivano rinchiuse in tre “campi” – uno per le donne, uno per gli uomini e uno per i bambini – per uno o più giorni prima che fosse il loro turno di essere inviati nelle “camere a vapore”[21]. Questo rapporto, scritto in tedesco e pubblicato a Ginevra, in Svizzera, può essere servito come ispirazione per l’autore (o gli autori) del rapporto olandese, supponendo che abbiamo a che fare con una contraffazione antidatata.

Dopo la descrizione dell’arrivo, ci viene detto del “tubo – il sentiero camuffato che conduceva al presunto edificio di gasazione – e del taglio dei capelli delle donne:

Completamente nudi, uomini, donne e bambini vengono ora condotti in un lungo corridoio sbarrato da filo spinato. Criminali ucraini tagliavano alle donne e agli uomini i capelli, che servivano per guarnizioni di sommergibili. Gli sventurati dovevano restare così per molte ore al freddo più rigido e al sole ardente soffrendo tormenti indescrivibili.

Nessuno dei sei rapporti Gerstein precisa chi effettuasse esattamente il taglio dei capelli. Ci viene detto semplicemente che le donne e le ragazze venivano inviate dal “parrucchiere”. La storiografia ortodossa su Treblinka tuttavia afferma unanimemente che il taglio dei capelli veniva effettuato da un commando costituito da prigionieri ebrei, non da guardie ucraine[22].

Ecco come il rapporto olandese descrive le presunte camere a gas:

Il corridoio finisce ad una porta di ferro di un edificio in pietra. La porta viene aperta e i 700-800 votati alla morte vi vengono cacciati dentro a frustate finchè, stipati come aringhe in un barile, non possono più muoversi. Un bambino di tre anni che cercava di scappare venne preso a frustate e riportato indietro. Poi le porte vengono chiuse ermeticamente. Fuori dell’edificio ora viene messo in funzione un grosso trattore il cui (gas di) scappamento si diffonde nell’edificio”.

In tutti i sei rapporti Gerstein l’edificio di gasazione di Belzec viene descritto come provvisto di sei camere, che misuravano metri 5×5 e che erano disposte a tre a tre lungo un corridoio. Inoltre secondo Gerstein, ognuna di queste singole camere poteva contenere 700-800 vittime.

L’edificio di gasazione descritto nel rapporto olandese sembra, tuttavia, consistere di una singola camera capace di contenere 700-800 vittime. Ci viene detto che almeno 700-800 persone venivano condotte dall’esterno (la fine del “tubo”) all’interno dell’edificio prima che le porte venissero chiuse. Probabilmente l’autore (o gli autori) del rapporto olandese considerarono le cifre di Gerstein (sia che le avessero ascoltate da lui personalmente come sostenuto, o in seguito, attraverso i suoi rapporti scritti) – e cioè trenta persone che stavano su un solo metro quadro – troppo incredibili e decisero di alterarle. Così la cifra 700-800 venne conservata, ma utilizzata per riferirsi al numero totale delle vittime per gasazione, non per singola camera a gas e relativa gasazione.

La menzione di un bambino di tre anni che cerca di fuggire dalla camera a gas e che viene riportato indietro a frustate è una reminiscenza del seguente passaggio del testo T III[23]:

Io penso a […] una catenina di corallo che una bambina aveva perso ad un metro dall’entrata della camera a gas. Ricordo che un bambino di forse tre anni si piegò per raccoglierla, quale piacere gli diede, e che lui dopo venne spinto – no, in quel caso viene gentilmente esortato – per farlo entrare nella camera a gas”.

In T IV lo stesso bambino viene “gettato nella camera”, mentre in T Va viene “gentilmente esortato” da “una guardia che aveva conservato un residuo di sentimento”[24]. Nessuno dei sei rapporti tuttavia menziona qualche tentativo – riuscito o fallito – di fuggire dalle camere a gas.

Nei sei rapporti Gerstein, l’arma del delitto viene coerentemente descritta come gas di scarico che proveniva da un motore diesel[25]. Nel rapporto olandese il tipo di motore non viene specificato. Tuttavia ci viene detto che lo scarico proviene da “un grande trattore” posizionato fuori della camera a gas. Nessun trattore del genere viene menzionato in nessuno dei testi non apocrifi. Gli stessi testi non presentano per questo motore diesel nessuna esatta ubicazione, ma possiamo dedurre che è collocato dentro il presunto edificio di gasazione[26]:

Ma il diesel non funziona. Arriva il Capitano Wirth. Si vede che è penoso per lui che debba succedere proprio oggi quando io sono qui. Sì, vedo tutto e aspetto. […] Il Capitano Wirth colpisce l’ucraino che deve aiutare l’Unterscharführer Heckenholt a far funzionare il diesel 12 o 13 volte sulla faccia con il suo frustino”.

Gerstein, mentre guarda e cronometra la gasazione dalla finestra di osservazione sulla porta della camera a gas, vede Wirth che colpisce una guardia ucraina che lavora sul motore diesel. È perciò certo che Gerstein colloca il motore dentro l’edificio, e non all’esterno – specialmente non montato in un “grande trattore”. Il testimone di Belzec Reder d’altro canto colloca il motore in una piccola tettoia ubicata alla fine dell’edificio di gasazione[27].

Ecco come il rapporto olandese descrive la gasazione a cui Gerstein sostiene di aver assistito:

Attraverso una piccola finestra di vetro potevo ora osservare da fuori l’effetto all’interno. All’interno le vittime attendevano serenamente la morte emettendo un debole mormorio come una preghiera. Nel giro di un’ora erano morti tutti. Furono aperte delle finestre scorrevoli in modo che il monossido di carbonio potesse dileguarsi. Dopo una mezz’ora arrivò una moltitudine di Ebrei – essi devono la vita al lugubre lavoro che comincia ora – aprono una porta di servizio e devono ora portare via i cadaveri dei gasati, prima di portarli alle fosse di calce preparate, devono prendere gli anelli dalle dita e aprire le bocche, e qualora ci siano denti d’oro, strapparli via”.

Nei rapporti documentati Gerstein descrive una gasazione molto difettosa. Il motore diesel non funzionerà. Gerstein usa un cronometro per misurare la gasazione. Ci vogliono 2 ore e 49 minuti a Heckenholt e al suo assistente per far partire il motore, 32 minuti passeranno prima che tutte le persone chiuse dentro la camera a gas siano morte[28]. Tuttavia, nel rapporto olandese non viene menzionato nessun ritardo. Si potrebbe sostenere che Gerstein forse vide una gasazione eseguita senza intoppi a Treblinka invece che a Belzec, o che egli fornì una media derivata da una fonte sconosciuta – ma allora come mai viene affermato dal rapporto olandese che una gasazione aveva richiesto “entro un’ora”, mentre Gerstein a Belzec – secondo le sue parole – misurò il tempo effettivo della gasazione in esattamente 32 minuti?

I trenta minuti di ritardo nel rapporto olandese tra la fine della gasazione e l’apertura della camera a gas (da notare la forma singolare di “porta”, che implica ancora una volta una sola camera a gas) non è presente nei sei testi documentati. Piuttosto, vi viene implicato che le porte furono aperte immediatamente dopo la fine della gasazione[29].

Inoltre, leggiamo in T I e in T II (entrambi classificati da Roques come “scritti indiscutibilmente da Gerstein”) che le vittime dentro le camere a gas stanno “gridando”[30]. In T III vengono descritte come piangenti e gementi[31].

Infine il rapporto ci dice:

In ogni stabilimento il numero delle uccisioni viene tenuto statisticamente. Vengono effettuate da 3 a 4 uccisioni al giorno, cioè in 24 ore. Ciò fa dunque per i 4 stabilimenti complessivamente 8-9000 morti al giorno. In totale in questo modo sono già periti 6 milioni e mezzo di uomini, di cui 4 milioni di Ebrei e 2 milioni e mezzo di pazzi e cosiddetti nemici dei Tedeschi. Il programma comprende 16 milioni e mezzo di uomini, cioè tutti gli Ebrei dei paesi occupati e tutti gli intellettuali polacchi e cechi. Per ordine superiore attualmente si insiste sulla rapidità e viene tenuta in considerazione la possibilità di trovare un modo più efficace di uccidere. È stato proposto il “cyaangas”, ma sembra che sinora non sia stato usato, sicchè si uccide ancora nel cinico modo già descritto. 25 marzo 1943”.

Assumendo una capacità simile per tutti e quattro gli “Anstalten” questo significherebbe 2.000-2.500 uccisi per campo al giorno. Divise per “tre o quattro Tötungen” questo significherebbe approssimativamente 600 vittime per gasazione, una cifra più o meno coerente con l’affermazione fatta dal rapporto olandese secondo cui l’edificio di gasazione poteva contenere 700-800 persone alla volta.

L’affermazione che 6.5 milioni di persone erano state uccise negli Anstalten fino al febbraio del 1943 – l’epoca in cui Gerstein presuntivamente riferì questi dati a Ubbink – è ridicola. Per gasare questa quantità di persone, con una capacità totale di 8.000-9.000 vittime al giorno, ci sarebbero voluti più di due anni. All’epoca nessuno dei campi esisteva da più di un anno, e Treblinka e Sobibor avevano i loro nuovi edifici di gasazione eretti solo nell’autunno precedente. A Majdanek, nessuna gasazione regolare venne presuntivamente effettuata fino all’ottobre 1942[32]. Anche se assumiamo che la cifra sia riferita a tutte le (presunte) vittime gasate in tutti i campi, la cifra dei 4 milioni di ebrei gasati fino al febbraio 1943 non sarebbe coerente con le cifre “ufficiali” che vengono fornite oggi. Secondo gli storici ortodossi, i tedeschi avevano gasato meno di 2 milioni di ebrei fino a quella data.

Come il lettore attento avrà indubbiamente già notato, le cifre sulla capacità fornite nel rapporto olandese contraddicono in modo flagrante quelle che si trovano nei sei rapporti documentati e nel protocollo dell’interrogatorio di Gerstein del giugno 1945: un massimo di 15.000 vittime giornaliere a Belzec, con le cifre corrispondenti per Sobibor e Treblinka di 20.000 e 25.000 rispettivamente. Nei testi T V e T VI, viene asserito che l’”utilizzo medio” a Belzec era di 11.000 morti al giorno, mentre a Treblinka venivano uccise in media 13.500 persone al giorno. Come abbiamo già visto, Arad cerca di liquidare le cifre fornite da Gerstein nei suoi rapporti del 1945 come propaganda proveniente da Globocnik. Ma perché Gerstein affermerebbe un conteggio giornaliero totale delle vittime ammontante a 8.000-9.000 persone in un rapporto del 1943, e poi due anni dopo scriverebbe che la cifra era tra tre e otto volte più alta? Se le cifre presenti nei rapporti documentati provenivano davvero da Globocnik, perché Gerstein le riteneva corrette nel 1945, ma non nel 1943?

La ragione di questa discrepanza diventa chiara se assumiamo che il documento venne scritto in realtà nel 1945 (o durante gli anni seguenti) da falsificatori che ebbero accesso alle copie di uno o più dei rapporti Gerstein. Sicuramente essi esitarono a copiare le affermazioni di Gerstein secondo cui le vittime delle gasazioni ammontavano a 20 o addirittura a 25 milioni[33]. Essi parimenti non hanno copiato le capacità attribuite ai campi Reinhardt, poiché queste avrebbero implicato una cifra totale assurdamente alta di circa 24-30 milioni di vittime, vale a dire 12-18 volte più alta di quella solitamente fornita oggi (1.750.000)[34]. La cifra più bassa del rapporto olandese venne probabilmente scelta per sembrare più credibile di quella di Gerstein.

È inoltre sorprendente che Gerstein, l’esperto di igiene delle SS, nel febbraio 1943 fosse completamente all’oscuro delle gasazioni di massa che utilizzavano Zyklon B (e cioè, granuli di gesso imbevuti di acido prussico) che, presuntivamente, a quell’epoca venivano effettuate da più di un anno e mezzo nello Stammlager di Auschwitz e nei (presunti) “bunker” di Birkenau, come pure a Majdanek almeno da quattro mesi.

Carlo Mattogno conclude sul rapporto olandese[35]:

Questa è con ogni probabilità la traduzione di un testo proveniente da Gerstein”.

Tuttavia, come abbiamo dimostrato, esistono ragioni cogenti per credere che l’apocrifo olandese di Gerstein sia, come afferma Roques, “una contraffazione antidatata” scritta da individui in un’epoca in cui la prima narrazione olocaustica ortodossa aveva iniziato a cristallizzarsi, o come minimo una consapevole distorsione di un rapporto orale fatto da Gerstein.

La pubblicazione tedesca di Gerstein del 1953 e il caso Pfannenstiel

La prima pubblicazione ufficiale in lingua tedesca di un rapporto Gerstein apparve sul secondo numero dell’importante rivista storiografica tedesco-occidentale Vierteljahreshefte für Zeitgeschichte pubblicata nell’aprile 1953[36]. In un articolo intitolato “Augenzeugenbericht zu den Massenvergasungen” (Resoconto di testimone oculare riguardante le gasazioni di massa), il testo del documento dattiloscritto che in seguito verrà designato da Henri Roques come T III venne presentato per la prima volta ad un pubblico tedesco. Il curatore – a quanto pare, Hans Rothfels, poiché il commento è firmato “H. R.” – riconosce l’esistenza di dieci pagine di addenda (“Ergänzungen”) ma le liquida in quanto consistenti solo di dicerie e non le pubblica[37]. Riguardo al contesto del documento, viene detto che

“L’autenticità [del documento] come pure la costante volontà soggettiva nei confronti della precisione e della veridicità, è al di là ogni dubbio[38].

Il curatore esamina brevemente l’attendibilità fattuale del testo, concentrandosi sull’inclusione di informazioni basate su dicerie (riguardanti Auschwitz) e liquida la stima delle vittime di Gerstein (i famigerati “25 milioni”) come grossolanamente esagerata, ma non menziona nessuna delle altre numerose inverosimiglianze contenute nel testo[39]. La capacità giornaliera attribuita a Belzec da Gerstein – 15.000 – è accettata come “non impossibile”[40]. In sintesi, ci viene detto che[41]

“[…] nel complesso, tutti i presupposti parlano in modo unanime per l’obbiettiva attendibilità del Rapporto Gerstein”.

Dopo alcune pagine che trattano il profilo personale di Gerstein, il testo del rapporto è presentato, iniziando in fondo alla pagina 185. A seguire, elencherò tutte le discrepanze (escludendo i semplici cambiamenti di ortografia, come ß al posto di “ss”, come pure le correzioni di ovvi errori di battitura e altri esempi di correzioni “cosmetiche”) tra il testo presentato dai responsabili dei Vierteljahreshefte für Zeitgeschichte e il documento effettivo, come riprodotto in facsimile da Henri Roques. Le traduzioni inglesi sono basate su quelle dell’edizione in lingua inglese della tesi di Roques pubblicata dall’Institute for Historical Review nel 1989.

  1. Il passaggio della prima pagina del manoscritto che dichiara i nomi dei genitori, della moglie e dei figli di Gerstein è stato cancellato. Questa cancellazione è rilevata dal curatore.
  2. Nell’elenco di Globocnik delle installazioni di uccisione e della loro capacità, Treblinka e Sobibor hanno cambiato posizione, in modo tale che Treblinka è il numero due dell’elenco.
  3. Il commento di Pfannenstiel sui pianti e i gemiti degli ebrei rinchiusi dentro le camere a gas (‘Wie in der Synagoge’ bemerkt der Professor Pfannenstiel, das Ohr an der Ho[l]ztür“’Come alla sinagoga’, osserva il professor Pfannenstiel, con l’orecchio contro la porta di legno”)[42] è stato tagliato dal testo. Questa cancellazione è stata rilevata dal curatore, che scrive semplicemente: “Qui segue un commento strettamente personale”[43].
  4. Un passaggio più lungo che si trova a metà della pagina numero 16 del documento è stato cancellato. Questo recita come segue nell’originale e nella traduzione[44]:

“Ausserdem Juden aus aller europäischen Herren Ländern wurden insbesondere Tschechen und Polen Nr.III in den Gaskammern getötet. Kommissionen von SS-Mnnern – teils nicht einmal mit kompletter Volksschulbildung – fuhren mit feinen Limusinen und ärztlichem Gerät in weissen Mänteln von Dorf zu Dorf, liessen die Bevölkerung vorbeidefilieren, taten, als wenn sie sie ärztlich undersuchten und bezeichneten diejenigen, die biologisch wertlos und darum zu töten seien, in der Hauptsache Alte, Schwindsüchtige und Kranke. – Ja, sagte mir ein SS-Sturmbannführer, ohne diese Massnahmen wäre das übervölkerte Polen für uns völlig wertlos. Wir holen nur nach, was die Natur überall im Tier- und Pflanzenreich von selbst besorgt und beim Menschen leider versäumt.”

Oltre agli ebrei provenienti da tutti gli stati sovrani, soprattutto i cechi e i polacchi No. III venivano uccisi nelle camere a gas. Commissioni di uomini delle SS – alcuni di essi senza nemmeno una completa istruzione primaria – andavano di villaggio in villaggio in eleganti limousine e con attrezzature mediche, in camici bianchi, facendo marciare la popolazione davanti a loro, facendo mostra di esaminarla, e designando quelli che erano considerati senza valore biologico e che per questa ragione dovevano essere uccisi, principalmente i vecchi, i tisici, e i malati. Sì, uno Sturmbannführer delle SS mi disse, senza queste misure, la Polonia, sovrappopolata, sarebbe per noi priva di ogni valore. Stiamo solo realizzando dopo l’evento ciò che la natura si prende cura per sé nei regni animale e vegetale, e che sfortunatamente omette di fare con il genere umano[45]. 

Come ragione per questa omissione il curatore scrive che il passaggio “ovviamente non appartiene alla testimonianza oculare”[46]. In ogni caso, in questo passaggio viene affermato che un SS-Sturmbannführer a Belzec disse a Gerstein delle presunte “misure” prese in Polonia.

  1. Il passaggio che descrive il discorso di Pfannenstiel al banchetto a Treblinka è stato omesso. Questo recita come segue nell’originale e nella traduzione[47]:

Professor Pfannenstiel hielt eine Rede, in der er den Männern die Nützlichkeit ihrer Aufgabe und die Wichtigkeit ihrer grossen Mission klar machte. Zu mir selbst sprach er von “echt humanen Methoden und von Schönheit der Arbeit!” Ich verbürge mich dafür, dass er dies unglaubliche wirklich gesagt hat! – Den Mannschaften sagte er inbesondere: Wenn man diese Judenkörper sieht, dannwird einem erst recht klar, wie dankenswert eure Aufgabe ist.” 

Il professor Pfannenstiel fece un discorso in cui spiegò agli uomini l’utilità del loro compito e l’importanza della loro grande missione. Parlando a me, egli parlò dei “metodi molto umani” e della bellezza del lavoro. Garantisco che egli mi disse davvero questa cosa incredibile. Egli disse in particolare alle squadre: Quando uno vede i corpi degli ebrei, allora capisce davvero quanto il vostro compito sia meritevole di riconoscimento[48]. 

L’omissione è rilevata dal curatore, che afferma: “Qui seguono alcune frasi che contengono commenti strettamente personali”[49].

  1. Le due frasi seguenti – che descrivono come ai visitatori vengano offerti diversi chili di burro e “molti liquori”, Gerstein declina l’offerta e Pfannenstiel allora si prende pure la parte di Gerstein – sono state parimenti omesse.
  2. Le mezze pagine numerate 21 e 22, come pure le prime sette righe della mezza pagina 23 sono state omesse. Qui vengono fornite informazioni presuntivamente riferite a Gerstein da un certo dr. Peters riguardanti l’uccisione di persone con ampolle contenenti acido prussico, come pure una domanda attribuita a Günther concernente la fattibilità di gasare persone in fossati (!) a Theresienstadt; la valutazione di Gerstein che i peggiori campi di concentramento erano Mauthausen-Gusen e Auschwitz, dove “milioni” di vittime venivano uccise o in camere a gas o in “autocarri della morte”, e dove i bambini venivano uccisi mettendo dei tamponi imbevuti di acido prussico sui loro nasi; affermazioni riguardanti esperimenti su prigionieri vivi; l’uccisione e l’incenerimento di omosessuali, e l’uccisione di prigionieri a Mauthausen spingendoli in una cava scoscesa. La ragione per questa ampia omissione non è chiaramente affermata dal curatore. Viene fornito invece un breve riassunto dei contenuti del passaggio[50]. Tenendo presente la ragione dell’omissione numero 4, sembra probabile che sia stata liquidata come una diceria semplicemente ripetuta. Tuttavia, nel testo Gerstein afferma che egli vide gli esperimenti medici condotti a Ravensbrück con i propri occhi, e che a Oranienburg vide personalmente come “solo in pochi giorni, tutti gli omosessuali scomparvero a centinaia, e questo nei forni”[51].
  3. Mezza pagina 24 del documento, contenente i riferimenti di Gerstein, è stata omessa. Questo è rilevato dal curatore.
  4. Come abbiamo già detto, tutti gli Ergänzungen sono stati omessi. La spiegazione fornita per questa omissione non regge, quando si considera che nell’Ergänzungen N°1 Gerstein riferisce le sue osservazioni sulle vittime delle camere a gas di Belzec e Treblinka; mentre nei numeri 5 e 6 riferisce sue ulteriori osservazioni su Belzec[52].

Delle predette nove discrepanze, le più sconcertanti sono senza dubbio le omissioni dei tre passaggi contenenti affermazioni incriminanti o diffamatorie concernenti Wilhelm Pfannenstiel (N°3, 5 e 6). Perché questa curiosa scelta editoriale è stata effettuata? Nelle note esplicative, i passaggi in questione vengono descritti come “commenti strettamente personali”, senza fornire nessun accenno al loro contenuto. Il lettore attento tuttavia troverà annessa al luogo nel testo dove Pfannenstiel si incontra per la prima volta con Gerstein una nota a piè di pagina, in cui la presunta spiegazione per le omissioni viene presentata[53]:

Questo accompagnamento [di Pfannenstiel a Belzec] venne attestato dal prof. Pfannenstiel nel suo esame al processo I. G. Farben (Interrogatorio N°2288). Nonostante alcune contraddizioni interne questa dichiarazione conferma anche altri dettagli del resoconto testimoniale [di Gerstein]. Poiché qui siamo interessati ai fatti e non alle persone, ulteriori dichiarazioni di P[fannenstiel] nella parte conclusiva del rapporto sono state omesse”.

Tuttavia questa spiegazione non ha senso! Se i curatori non erano interessati a informazioni sulle singole persone, perché tutti i passaggi del genere non vennero tagliati dal testo? O per dirla con altre parole, perché tagliare solo le osservazioni concernenti Pfannenstiel e non, per esempio, Günther o Linden? Non c’è ragione di credere che Hans Rothfels avesse dei motivi personali per omettere le osservazioni negative su Pfannenstiel. Rimane allora una sola ragione possibile: che la predetta espunzione dei passaggi venne concessa a Pfannenstiel come favore o ricompensa per qualche azione ottenuta – e questa azione può essere stata solo la sua conferma della parte essenziale del resoconto oculare di Gerstein – vale a dire le accuse concernenti le gasazioni di massa a Belzec – in rapporto al processo I. G. Farben del 1947 e al processo DEGESCH del 1950. Può essere servita anche come incentivo ulteriore (oltre al fatto di essere stato prosciolto da tutte le accuse nei procedimenti contro di lui) per Pfannenstiel per continuare le sue conferme in tribunale alle accuse concernenti le gasazioni, il che accadde la volta successiva nel 1959, all’inizio delle indagini governative tedesco-occidentali sui “campi della morte” dell’Aktion Reinhardt, e di nuovo nel 1965, in rapporto al processo Belzec-Oberhauser di Monaco, dove comparve come testimone per l’accusa[54].

Esiste la possibilità che Rothfels trovò un accordo direttamente con Pfannenstiel, ma è forse più probabile che le autorità giudiziarie o politiche abbiano richiesto le omissioni s Rothfels. Una terza possibilità sarebbe che Rothfels abbia agito più o meno di sua iniziativa senza disturbarsi a contattare Pfannenstiel, in una sorta di privato tentativo di “incoraggiare” il suo ora compiacente comportamento giudiziario.

Dalla disamina suddetta, ne consegue che Carlo Mattogno nel suo studio su Belzec ha buone ragioni per scrivere che[55]

[…] tutti i passaggi che mettevano [Pfannenstiel] in cattiva luce vennero espunti dalla prima pubblicazione tedesca ufficiale del rapporto Gerstein del 4 maggio 1945, preparata dallo storico Hans Rothfels nel 1953 (un piccolo atto di gratitudine da parte degli storici)”.

In effetti, la curiosa elaborazione redazionale della prima pubblicazione tedesca della testimonianza di Gerstein brilla come un esempio di come le autorità e le istituzioni postbelliche tedesco-occidentali attraverso la clemenza giudiziaria e altri “favori” siano riuscite ad acquisire “confessioni” e “ammissioni” dai tedeschi accusati, che da parte loro comprensibilmente potevano solo pensare a salvare sé stessi e le loro famiglie dalle tremende conseguenze di pesanti condanne[56].

 

Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: https://codoh.com/library/document/653/?lang=en

    

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

[1] Henri Roques The “Confessions” of Kurt Gerstein, Institute for Historical Review, Costa Mesa 1989.

[2] Yitzhak Arad, Belzec, Sobibor, Treblinka: The Operation Reinhard Death Camps, Indiana University Press, Bloomington 1987, p. 101.

[3] J. Graf & C. Mattogno, Treblinka. Extermination Camp or Transit Camp?, Theses & Dissertations Press, Chicago 2004, p. 126-132.

[4] Roques, p. 24, 33, 44, 81, 65, 107.

[5] Roques, p. 53. Questa citazione è tratta dal rapporto T IV, un testo che Roques qualifica come “indiscutibilmente scritto dall’autore” [e cioè Gerstein].

[6] Arad, p. 73.

[7] Ivi, pp. 119-120; Claude Lanzmann, Shoah. The Complete Text of the Acclaimed Holocaust Film, Da Capo Press, New York 1995, p. 51.

[8] Roques, p. 33.

[9] Ivi, pp. 5-6.

[10] Ivi, p. 17, nota 5.

[11] Sulla presunta storia del documento, cf. L. de Jong, Het Koninkrijk der Nederlanden in de Tweede Wereldoorlog, Deel 7, mei ’43 – juni ’44, eerste helft, Staatsuitgeverijns-Gravenhage 1976.

[12] Il documento può essere visto in rete all’indirizzo:  https://web.archive.org/web/20070314070610/http://w3.msi.vxu.se/users/pku/Historia/Gerstein/

[13] Nota del traduttore: la traduzione delle parti del testo olandese citate in questo articolo è stata ripresa dal libro di Carlo Mattogno Il Rapporto Gerstein – anatomia di un falso, Monfalcone 1985.

[14] Cf. l’espressione “cosiddetti Tötungsanstalten” nella parte del testo citata a seguire.

[15] Cf. p. 232, 276. I testi in francese non utilizzano la parola tedesca, ma l’equivalente francese installations; ivi, p. 212, 223, 250, 260.

[16] Roques, p. 58; per una disamina sull’autenticità di questo testo, cf. ivi, pp. 126-129.

[17] Roques, p. 21, 29, 39, 52, 58, 75.

[18] J. Graf & C. Mattogno, Treblinka. Extermination Camp or Transit Camp?, Theses & Dissertations Press, Chicago 2004, p.10.; C. Mattogno, Belzec in Propaganda, Testimonies, Archeological Research, and History, Theses & Dissertations Press, Chicago 2004, p.42-43.

[19] Roques, p.40, 59, 76.

[20] Roques, p.22, 30, 40, 76-77, 99.

[21] Graf & Mattogno, Treblinka. Extermination Camp or Transit Camp?, p.57-61.

[22] Arad, p.109.

[23] Roques, p.49.

[24] Ivi, p. 55, 72.

[25] Ivi, p.23, 31, 42, 62, 79.

[26] Ivi, p. 42.

[27] Cf. Arad, p.74.

[28] Ivi, p. 42.

[29] Cf. ivi, p. 79: “Infine, alla fine di 32 minuti, sono tutti morti. Sull’altro lato, gli uomini del gruppo di lavoro aprono le porte di legno!”.

[30] Ivi, p. 23, 31.

[31] Ivi, p.23, 31, 42, 62-63, 79.

[32] J. Graf & C. Mattogno, Concentration Camp Majdanek. A Historical and Technical Study, Theses & Dissertations Press, Chicago 2003, p.138.

[33] Roques, p.33, 64.

[34] Cf. Roques, p.148.

[35] Graf & Mattogno, Treblinka…, p.127, nota 346.

[36] Vierteljahreshefte für Zeitgeschichte, Vol. 1 No. 2 (1953), pp.177-194. I numeri arretrati di questa rivista sono disponibili in rete per essere liberamente scaricati all’indirizzo: http://www.ifz-muenchen.de/heftarchiv.html

[37] Ivi, p. 179, nota 5.

[38] Ivi, p. 180.

[39] Ivi, pp. 180-181.

[40] Ivi, p. 181.

[41] Ivi, p. 182.

[42] Roques, p. 235, 42.

[43] Vierteljahreshefte für Zeitgeschichte, Vol. 1 No. 2 (1953), p. 191, nota 45a. “Hier folgt eine reine persönliche Notiz.”

[44] Roques, p. 237.

[45] Ivi, pp. 43-44.

[46] Vierteljahreshefte für Zeitgeschichte, Vol. 1 No. 2 (1953), p. 192, nota 49.

[47] Roques, p. 237.

[48] Ivi, p. 44.

[49] Vierteljahreshefte für Zeitgeschichte, Vol. 1 No. 2 (1953), p.192, nota 49a.

[50] Ivi, p. 193, nota 52.

[51] Roques, p. 46.

[52] Ivi, p. 242-245, 47, 49.

[53] Vierteljahreshefte für Zeitgeschichte, Vol. 1 No. 2 (1953), p. 188, nota 36a. ‘Das es hier um die Sache und night um Personen geht, sind weitere Angaben über P. im Schlußteil des Berichts ausgelassen worden.’

[54] Cf. Carlo Mattogno, Belzec in Propaganda, Testimonies, Archeological Research, and History, Theses & Dissertations Press, Chicago 2004, p. 53-54.

[55] Mattogno, Belzec…, pp.54-55.

[56] Come Henri Roques fa notare, Pfannenstiel aveva una moglie e cinque figli di cui prendersi cura.

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