Gianluca Casseri e gli psicopompi che non ti aspetteresti

Gianluca Casseri e gli psicopompi che non ti aspetteresti

 

La tragica fine di Gianluca Casseri: ce
l’hanno davvero raccontata giusta? A leggere i resoconti usciti il mese scorso
sui media mainstream – tanto sensazionalistici quanto superficiali (e
propedeutici ad un rapido oblio della vicenda) – sembra proprio di no.
Sulla stampa cartacea, l’unico approccio non
del tutto fasullo è stato quello de La
Voce delle Voci
, seppure seriamente condizionato dall’immancabile
“pregiudiziale antifascista” (anche i paraocchi “antifascisti” fanno male alla
vista, però).
Sul numero di gennaio 2012 del detto mensile
viene citato infatti il magistrato Paolo Ferraro (“ACTUNG TERRORISMO”, articolo di Rita Pennarola, il riferimento a
Ferraro è a p. 8)[1]:
secondo costui, gli eccidi di Liegi e di Firenze dello scorso 13 dicembre
rientrerebbero, oltre che in una logica “massonico-satanica”, in una fase di
aggiornamento del famigerato programma della Cia denominato MK Ultra,
“«programma poi ripreso e gestito nella successiva versione come Progetto Monarch e sperimentato in modo
diffusivo…»”.
Come ipotesi di complotto non c’è male. È
solo un’ipotesi, però: lungi da me una sottovalutazione dello scenario proposto
da Ferraro ma, ammesso che si trovino inquirenti disposti a indagare in questa
direzione (tengono troppo alla carriera!) manca finora l’elemento concreto che colleghi Casseri ai
suddetti programmi di condizionamento psicologico con finalità terroristiche.
Oltretutto, la detta ipotesi è del tutto
inverificabile dai comuni mortali (a parte qualche volenteroso giornalista
d’inchiesta, specie tuttavia pericolosamente in via d’estinzione).
L’ ipotesi
che propongo io, per capire qualcosa di più su quanto accaduto a Firenze (in
casi di questa gravità è fondamentale infatti capire, prima di “giudicare” e “condannare”) è invece una strada
percorribile da qualunque lettore disposto a ragionare e a pensare con la
propria testa.
La mia ipotesi (che, ripeto, non esclude lo
scenario prospettato da Ferraro) è che la tragica fine di Casseri abbia,
piuttosto che con l’intossicazione “fascista” prospettata dai media di regime, molto più a
che fare con certi meccanismi – tanto sottaciuti quanto feroci – di sfruttamento/esclusione
presenti nell’industria culturale e, in particolare, nel mondo dell’editoria.
Ipotesi cui senz’altro associo una tesi: giusto un anno prima di morire
Gianluca Casseri era convinto di essere stato vittima di un plagio letterario.
Forse, addirittura, di un duplice plagio:
quello avente per oggetto il suo romanzo La
Chiave del Caos.
Tale convinzione emerge infatti in modo ineludibile dal capitolo finale – CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – del
volumetto di Casseri intitolato I
PROTOCOLLI DEL SAVIO DI ALESSANDRIA – Umberto Eco nel romanzesco mondo dei Savi
di Sion[2]
,
scritto, a quanto pare – la prefazione di Gianfranco De Turris è datata “dicembre
2010”[3]
– un anno prima della tragica giornata del 13 dicembre 2011.
Il plagio in questione non viene denunciato
in modo esplicito e diretto; diciamo che Casseri vi allude (ma il numero e il profilo delle allusioni non lasciano
adito a dubbi) quasi sottovoce, con ironico e, oserei dire, britannico understatement: quanto di più lontano da
quell’icona della violenza cieca e forsennata con cui i media, per l’ennesima
volta senza colpo ferire, hanno “sbattuto il Mostro in prima pagina”!
Ecco il testo di Casseri (i termini allusivi
al plagio sono da me evidenziati in grassetto, i numeri tra parentesi nel testo
sono quelli che nell’edizione cartacea rimandano alle note a piè di pagina):
“Ormai i telespettatori sono abituati alle
interruzioni pubblicitarie, pudicamente definite consigli
per acquisti,
e le accettano di
buon grado, consapevoli che senza gli introiti derivanti dalle stesse, le reti
televisive chiuderebbero. Io comunque ho preferito lasciare la pubblicità al
termine del discorso, sperando così di non arrecare eccessivo disturbo, considerando
pure che, se gli spot televisivi sono corpi estranei rispetto ai programmi che
interrompono, al contrario il mio annuncio è in stretta relazione con
l’argomento delle presenti note.
“Il sottoscritto, con l’imprescindibile
correità del docente di scrittura narrativa Enrico Rulli, ha avuto la ventura
di concepire e mettere su carta un roman­zo, La Chiave del Caos (107), che grazie a un incauto Editore è giunto nelle
librerie una settimana prima di quello di Eco (con minor tiratura e pure con
meno frastuono) (108).
“La nostra narrazione,
di stampo fantastico-eso­terico, è ambientata in quel fascinoso spazio-tempo
che fu la Praga
Magica
dell’imperatore
Rodolfo II, e, singolarmente, come la creazione
del semiologo alessandrino ruota attorno al cimitero ebraico della capi­tale
boema. Infatti, numerose vicende nodali si svol­gono proprio nell’ultima
dimora
degli ebrei
praghesi. È da lì che prende il via la tenebrosa vicenda, col rinvenimento del cadavere
di un nobiluomo, la misteriosa scomparsa della giovane figlia del decano del
Ghetto ebraico, e la visione di ombre che sembrano dissolversi nel nulla. È
ancora nel cimitero che il protagonista, il dottor John Dee, getta luce sul mi­stero
attraverso la magia dei vincoli teorizzata di Giordano Bruno. E infine è
proprio dal sepolcro di un ebreo che parte una spedizione per il mundus
subterraneus,
destinata a un tragico
epilogo.
“E questo non è il solo elemento che accomuna
i due romanzi. Se era prevedibile che anche Eco avrebbe utilizzato il
suggestivo episodio del convegno fra i capi delle tribù d’Israele (109), è sorprendente riscontrare almeno altre due coincidenze. Nel Cimitero
il protagonista incontra in una
locanda un giovane indicato come il dottor Froïde [sic] — evidentemente il
creatore della psicoanalisi, Sigmund Freud – il quale, vuotato qualche bicchiere,
espone all’interlocutore le sue teorie ancora embrionali e sconosciute, e tesse
quindi un evidente elogio della cocaina (110). Singolarmente, Rulli e io abbiamo
anticipato una versione semi parodistica di questo episodio in due capitoli del
nostro romanzo (111).
“L’altra coincidenza si può riscontrare nei finali delle due
opere: se presumibilmente Eco fa morire il suo antieroe nell’accidentale deflagrazione
di una bomba (112), anche il personaggio che trascrive le vicende narrate nella
Chiave sembra restare vittima di un’improvvisa
esplosione, tanto che il suo resocon­to viene bruscamente interrotto nel bel
mezzo di una frase (113).
“Se queste corrispondenze tra romanzi
pubblicati contemporaneamente (114) da un affermato autore di bestseller e da
due sconosciuti esordienti, possono essere imputate tanto al cieco caso quanto a un fato preordinato, di certo non è fortuito l’elemento che
differenzia nettamente le due narrazioni. Infatti, se la trama del Cimitero è improntata al razionalismo illuminista
(115), nella Chiave «oltre all’avventura esoterica […] c’è
almeno una seconda chiave di lettu­ra […]: ed è la critica sarcastica ma
radicale agli idola tribus della società
occidentale nata ideologica­mente con l’illuminismo e poi fattualmente con la rivoluzione
industriale», tanto che dal testo emerge «una contestazione totale ai
fondamenti della società in cui oggi viviamo». Contestazione che, per di più, è
mossa «con la mentalità degli uomini del XVI secolo, in specie dei
rappresentanti di quella che sarà chia­mata philosophia
perennis
In conclusione, dal
ro­manzo emerge una vera e propria «apologia della visione del mondo magica»
(116). Dunque, due romanzi singolarmente vicini ma al
contempo ben differenziati, giacché dietro a ciascuno sussiste una precisa Weltanschauung. Questo fatto li rende modelli di opposte
concezioni della realtà, e quindi ideali campioni per chi volesse operare un confronto
tra di esse”.
FINE DEL TESTO DI GIANLUCA CASSERI
Parimenti interessanti, dal nostro punto di
vista, le note a piè di pagina 108 e 114 del predetto capitolo, in cui le
allusioni proseguono.
Ecco il testo della nota 108:
“Ringrazio in questa sede due giornalisti che
hanno segnalato la singolare coincidenza: M. B. G., Quell’insostenibile
attrazione del” dopo”
, in “Il Tempo”, 20 agosto 2010; Indiscreto di
Redazione, in “il Giornale”, 12 ottobre 2010. Se qualcun altro mi fosse sfuggito ringrazio anche lui”.
Ed ecco quello della  nota 114:
“Mentre terminavo queste note sono venuto a
sapere che in Francia, nell’ottobre 2010, è uscito il romanzo Le Kabbaliste de Prague di Marek Halter,
ambientato nella capitale boema alla fine del XVI secolo. Con questo sono tre!
”.
Insomma, se le parole hanno un senso e se,
come si dice, “una coincidenza è solo una coincidenza ma tre coincidenze fanno
una prova” (e qui mi sembra che ve ne siano anche più di tre), Casseri sostiene
di essere stato vittima di un plagio (forse, addirittura, di un duplice plagio).
Interessante, al riguardo, anche il
trafiletto del Giornale citato
pocanzi:
“Uscirà il 29 ottobre il nuovo romanzo di
Umberto Eco, Il cimitero di Praga, pubblicato da Bompiani in 200mila copie
iniziali. In casa editrice bocche cucite sulla trama. Si sa però che il
protagonista è un falsario, tale capitano Simonini, ingaggiato nell’800 dai
servizi segreti di mezza Europa e che nel corso delle sue avventure «passerà»
dal cimitero ebraico di Praga, dove riposa il rabbino che creò il Golem. Curiosamente
il «misterioso» romanzo di Eco
arriva mentre è da poco nelle librerie il romanzo fantastico-esoterico La
chiave del caos (Edizioni Il Punto d’Incontro), di Enrico Rulli e Gianluca
Casseri, la cui fascetta editoriale recita: «1588: al cimitero di Praga inizia
una tenebrosa vicenda…». Un cimitero, sì. Ma affollato[4].
Nota bene: i riferimenti alle
pagine dei rispettivi romanzi (di Casseri e di Eco) in cui l’autore ravvisa le
predette “coincidenze” vengono forniti da Casseri nelle note 109, 110, 111, 112
e 113.
Umberto Eco
A pensarci bene, poi, alla luce di quanto
finora emerso, anche il titolo del
volumetto di Casseri, I PROTOCOLLI DEL SAVIO
DI ALESSANDRIA, allude al plagio: come infatti
l’anonimo autore dei Protocolli dei Savi
di Sion
plagiò il testo di Maurice Joly
Dialogue aux enfers entre Machiavel et Montesquieu ou la politique de Machiavel
au XIX siècle, par un contemporain[5],

così Umberto Eco avrebbe utilizzato il romanzo di Casseri per scrivere il
proprio. In questo caso il titolo  “I Protocolli
del Savio di Alessandria” (città natale di Eco) si riferisce non solo e non
tanto, come sembra in apparenza, al concetto che il professore piemontese ha
del celebre testo “antisemita”, quanto proprio al romanzo di Eco: Il cimitero di Praga.
Evidentemente, tutte queste allusioni una
piccola breccia devono averla fatta, se le troviamo riverberate nella, sia pur
piana, richiesta di chiarimenti rivolta qualche settimana fa ad Umberto Eco da
uno storico insigne come Franco Cardini che, come ricorderete, a proposito de la Chiave del Caos così si esprimeva:
Il prof. Franco Cardini
“Pieno di straordinarie e inquietanti somiglianze con Il cimitero di Praga di Umberto Eco,
edito dalla Bompiani proprio lo stesso anno; mentre nell’ottobre successivo
usciva a Parigi le Kabbaliste de Prague,
di Marek Alter, di tema affine. Una stranissima coincidenza, sulla quale
sarebbe interessante se lo stesso Eco potesse dire una parola” [6].
Ma Eco, a quanto pare, continua a tacere (e
il suo, considerata l’autorevolezza dell’invito rivoltogli, non sembra il
silenzio degli innocenti).
Dunque, riassumendo: nel fatidico (è proprio
il caso di dirlo) ottobre 2010 escono non uno ma addirittura tre romanzi sullo stesso soggetto (la
comunità ebraica nella Praga di Rodolfo II) con episodi che ricorrono – almeno
in due romanzi – da un romanzo
all’altro. Troppo coincidenti, forse – il soggetto e gli episodi – per essere solo
frutto del “cieco caso”.
Precisazione importante da parte mia:
attenzione, non sto dicendo che il plagio c’è stato (per poterlo dire dovrei
aver letto i tre romanzi, cosa che non ho fatto). Sto dicendo che questa era la convinzione di Casseri
(convinzione espressa, come abbiamo visto, in modo non solo pacato ma dettagliato).
E comunque: raggiunta la convinzione del
plagio, Casseri si deve essere posto i dovuti interrogativi sulle modalità del medesimo. La distanza
ravvicinata delle date di uscita dei romanzi deve avergli fatto maturare
un’ulteriore convinzione: che un tale plagio, o tali plagi, non si sarebbero
potuti realizzare senza la necessaria complicità di
qualcuno a lui molto vicino.
A parte la casa
editrice Il Punto d’Incontro (qualificata di comportamento “incauto”) il primo
dei sospettati, agli occhi di Casseri, sarà stato senz’altro il suo collega (nella stesura del romanzo) Enrico Rulli:
nella sua qualità di coautore del libro e, nel contempo, di “editor per
prestigiose case editrici”
[7] non
gli mancava certo il modo.   
Ripeto: mi sto limitando ad arguire quello
che deve aver pensato Casseri in quei frangenti. La convinzione di aver subito
un plagio (in questo caso addirittura due!)
può avere effetti devastanti sulla mente di una persona: alla delusione sul piano
professionale deve essersi aggiunta, qui, anche la delusione – anch’essa atroce
– sul piano umano.
A questo punto devo riferire il commento di
due miei amici, ai quali partecipavo nei giorni scorsi le mie impressioni su
questa inquietante vicenda. Il fatto curioso è che i miei amici, pur di opposte
tendenze politiche (ma affini nella passione per il ragionamento) se ne sono
usciti con un’analoga osservazione: “Ma questo Casseri, invece di prendersela
con degli estranei totalmente incolpevoli, non se la poteva prendere con quelli
che riteneva responsabili dei suoi guai?”.
L’osservazione è pertinente e, come tale, la
inoltro ai lettori (ammesso sempre, come detto, che le cose siano andate come
ce le hanno raccontate…). Una cosa però è certa: il Casseri che con ironia e
arguzia denunciava nel dicembre 2010, sia pure tra le righe, il plagio ai suoi
danni non può essere la stessa persona che ha compiuto gli omicidi del 13
dicembre 2011 (o che, almeno, gli sono stati attribuiti).
Cosa è sopravvenuto nell’intervallo tra le
date suddette? Forse non lo sapremo mai (e ho l’impressione che le autorità
preposte non abbiano una gran voglia di accertarlo fino in fondo, tanto meno di
informarne senza reticenze l’opinione pubblica, come pure sarebbe doveroso,
stante la gravità di quanto avvenuto).
In conclusione, se quella di cui stiamo
parlando fosse una fiction Rai o Mediaset
(e certo il soggetto sarebbe decisamente adatto, visto che, come scriveva uno
dei due giornalisti citati da Casseri, “l’aura cimiteriale alimenta
l’immaginario”)[8]
avremmo già visto i prodi investigatori alle prese con l’eccidio fiorentino
compulsare avidamente i romanzi in questione in cerca di possibili tracce
investigative, e chiedere i necessari chiarimenti agli Scrittori Famosi &
Potenti, nonché ai direttori/direttrici delle rispettive case editrici – a
quelle Famose & Potenti come a quelle meno potenti – come pure ai loro
insospettabili e mercuriali editor…
Ma è lo scarto con la realtà a mostrare che
le fiction Rai e Mediaset sono solo putrida propaganda: nella realtà gli
inquirenti, più spesso che no, tengono
soprattutto alla carriera, come si
diceva all’inizio, quando non frequentano le stesse cripte dei predetti
scrittori, direttori/direttrici e editor.
Enrico Rulli

 

[1] Disponibile anche in rete
all’indirizzo: https://web.archive.org/web/20120306134704/http://www.lavocedellevoci.it/inchieste1.php?id=479
[3] Gianluca Casseri, op. cit.,
pp. 5-12.
[5] L’edizione italiana del
libro di Joly, come ci ricorda proprio Casseri (p. 19) è stata stampata nel
1995 dalla ECIG di Genova: Dialogo agli
inferi tra Machiavelli e Montesquieu.
[6] Da me citato nel mio post Noterelle a margine della morte di Gianluca
Casseri
: https://www.andreacarancini.it/2012/01/noterelle-margine-della-morte-di/
[7] Così viene presentato
Rulli nell’articolo LEGGERE BENE PER
SCRIVERE BENE MASTER DI SCRITTURA CREATIVA
: http://www.musicaos.it/diario/inchiostro.htm
[8] QUELL’INSOSTENIBILE ATTRAZIONE DEL «DOPO», in rete: http://www.iltempo.it/2010/08/20/1191870-quell_insostenibile_attrazione_dopo.shtml
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