Comidad: La sindrome di Ventotene

Dal blog Comidad:
LA
SINDROME
DI VENTOTENE
Nel suo discorso di Ventotene del 30 gennaio, Matteo Renzi
ha paventato la fine di un’Europa nella quale sia disatteso o abbandonato il
Trattato di Schengen sulla migrazione. Qualche anno fa era di moda irridere al
“benaltrismo”, cioè al rifiutarsi di affrontare i problemi sul tavolo
prospettandone ogni volta di più gravi. Oggi si dovrebbe ricorrere invece al
“benoltrismo”, nel senso che in molti casi la realtà è già andata ben
oltre la rappresentazione che se ne vorrebbe offrire. La questione del rispetto
del Trattato di Schengen è già superata dai fatti dopo la decisione del
parlamento danese, laburisti compresi, di sequestrare i beni dei migranti a
beneficio delle “spese del loro sostentamento”. Il
provvedimento danese
ricorda un po’ la pratica nazista di strappare i denti
d’oro ai deportati. Roba da far apparire il tanto vituperato muro ungherese
come una misura umanitaria.
A proposito di reminiscenze naziste, in Francia infuria una campagna
mediatica anti-ISIS/Daesh
che ripropone i toni e i temi della propaganda
antisemita nella Germania della seconda metà degli anni ’30. Ai bambini ed ai
ragazzini vengono somministrati fogli di propaganda così assurdamente faziosi,
in un Paese con sei milioni di mussulmani, da riabilitare il leader della Corea
del Nord, per non dire di quella del Sud. I fumetti riportano gli orridi islamisti
mentre picchiano donne e distruggono templi. Poi c’è la parte didattica: le
vostre domande/ le nostre risposte. Chi è il Daesh? Qual è il suo scopo finale?
Come si finanzia? Perché ci attacca? Immaginate le risposte.
Che dopo l’ubriacatura retorica dell’accoglienza di qualche mese fa si
piombasse poi in una spirale forcaiola, era pressoché scontato; ma rimane il
dato oggettivo di una ondata migratoria che dovrebbe essere affrontata
all’origine, nelle cause immediate che la scatenano, che non consistono
semplicemente nella povertà, che ormai è ovunque, bensì in politiche di
destabilizzazione che hanno una base di partenza ben precisa, cioè le
aggressioni della NATO e dei suoi alleati esterni, Qatar ed Arabia Saudita.
Renzi aveva sfiorato il vero problema nel momento in cui aveva posto
all’attenzione i paradossi della scelta dell’Unione Europea di versare tremila
miliardi ad un governo turco che rappresenta oggi uno degli attori principali
della destabilizzazione nell’area del Vicino Oriente. Renzi però è già
rientrato all’ovile con la coda tra le gambe dopo la visita
alla Merkel
. I toni di Renzi si sono così ulteriormente annacquati, tanto
da anticipare il totale cedimento di lunedì scorso alle direttive della
Commissione circa il versamento alla Turchia. Tutta la polemica si è ora
spostata su una questione collaterale, e cioè la possibilità per l’Italia di
slegare dai vincoli europei di bilancio tutte le spese per l’emergenza
migratoria e non solo quelle per contributo alla Turchia. Ed i toni di Renzi
erano stati, peraltro, neppure tanto incisivi sin dall’inizio, nonostante che
il clamore mediatico li avesse enfatizzati. C’era sempre il timore da parte del
nostro governo di irritare il vero padrone. In Europa c’è un solo Dio, la NATO; e la Merkel, per ora, è il suo
profeta.
Di ritorno dal pellegrinaggio alla corte della Merkel, Renzi ha compiuto un
altro pellegrinaggio a Ventotene, una sorta di ritorno
simbolico
alle origini del cosiddetto “ideale europeo”, con tanto
di fiori sulla tomba di Altiero Spinelli, il quale, secondo la propaganda
ufficiale, sarebbe il padre di quell’ideale. A Spinelli si attribuisce infatti
la redazione, insieme con altri, del mitico “Manifesto di Ventotene”
per un’Europa libera e unita.
Sennonché il mitico “Manifesto di Ventotene” è appunto un mito, cioè
non è mai esistito. E chi lo dice? Ce lo dicono loro.
Il cosiddetto “manifesto” infatti è stato pubblicato nel 1944, con
una prefazione che retrodata l’inizio della sua redazione al 1941, cioè al
confino dei suoi redattori a Ventotene. Ma quando mai si è visto che un
documento prenda la data dei suoi appunti preparatori? Si è visto solo in
questo specifico caso.
Ma c’è di più, in quanto, leggendo
il testo
, si scopre, sin dal titolo, che si tratta di un
“progetto” per un manifesto per un’Europa libera e unita. Il
documento, seppure era esistito prima, era circolato solo fra pochi intimi, e
la sua pubblicazione effettiva risale a dopo che il movimento federalista
europeo di Spinelli e soci era stato costituito. E ciò lo si può ricostruire in
base alle dichiarazioni dei suoi stessi autori.
Quel documento che sembrerebbe concepito durante il periodo iniziale della
seconda guerra mondiale, in realtà fu confezionato per una situazione in cui
l’Europa occidentale era ormai sotto occupazione USA. La retrodatazione
consentiva però di glissare su quell’occupazione e sulle fondamentali questioni
che comportava. Del resto che il movimento federalista europeo di Spinelli
fosse finanziato dagli USA, costituisce una notizia ufficiale.
Un manifesto paneuropeo era stato davvero pubblicato, e ben venti anni prima di
quello fasullo di Spinelli. Nel 1923 il conte austro-ungherese Kalergi pubblicò
un libro-manifesto,
“Paneuropa”
, che costituì la prima proposta articolata di
“Unione Europea”. Le iniziative di Kalergi riscossero molte adesioni
prestigiose, e persino lauti finanziamenti dai soliti banchieri, entusiasmati
dalla prospettiva di una moneta unica. Sebbene la “Paneuropa” di
Kalergi somigli davvero molto all’attuale Unione Europea pseudo-tecnocratica,
occorre non perdere di vista il fatto che sono state la sconfitta militare e
l’occupazione militare della seconda guerra mondiale a porre le
“basi” concrete dell’unificazione europea (basi NATO, per
intenderci).
Se non è mai esistito un Manifesto di Ventotene, esiste però una “sindrome
di Ventotene”, che consiste nel far risalire lo sfascio attuale
all’abbandono di presunti ideali; ideali che, ovviamente, andrebbero
rilanciati. Una sindrome che può sfornare perfetti piddini o rifondacomunisti.
In realtà quegli ideali non c’erano, e sono solo alibi confezionati a
posteriori. Ma come si può continuare a sostenere una tale mistificazione?
Qui la sindrome di Ventotene trova il suo coronamento nella disciplina
dell’auto-disinformazione attraverso l’approssimazione comunicativa. Tra
“manifesto” e “progetto di manifesto” c’è un abisso semantico,
ma ci si può allegramente sorvolare in nome degli “ideali”.
L’ignoranza non è più un accidente da superare acquisendo informazioni, ma, per
dirla alla Adler, diventa uno “stile di vita”, un programmatico
rifiuto di riconoscere le evidenze.

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