Pasolini, le foto “vietate” del massacro. La verità sull’orrore 40 anni dopo

Dal sito affaritaliani.it:

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Pasolini, le foto “vietate” del massacro. La verità sull’orrore
40 anni dopo

ESCLUSIVO. Nel libro “Massacro di un poeta”
riemerge da faldoni ingialliti il corpo di Pier Paolo Pasolini devastato senza
pietà la notte tra l’1 e il 2 novembre 1975 all’Idroscalo di Ostia. E’ stato
ucciso per quello che avrebbe potuto scrivere ancora. LA GALLERY HORROR

Venerdì,
30 ottobre 2015 – 09:43:00

Avvertenza per i lettori: le immagini a corredo dell’articolo e contenute nella
gallery senza alcuna copertura sono estratte dagli archivi del Tribunale e mai
pubblicate. Per il loro contenuto sono assolutamente sconsigliate ai minori e
alle persone impressionabili. Affaritaliani.it ha deciso di pubblicarle perché
costituiscono un documento inedito sulla ferocia che ha accompagnato
l’esecuzione dell’intellettuale.

 di Patrizio J. Macci

Le fotografie non lasciano spazio a dubbi, immagini che valgono più dei milioni
di parole scritte fino ad oggi. Il sangue lava via le parole aride delle
sentenze come fossero cachinni sguaiati. Un “rito tribale”.
Un’operazione stutturata e pianificata a tavolino, caratterizzata da una
precisione e un’organizzazione inaudite. I killer sono un manipolo di fascisti
che hanno usato scientemente gli attrezzi del mestiere della loro tradizione:
catene, tondini di ferro, forse bastoni, una fragile tavoletta di legno già
spezzata prima dell’aggressione con su scritto l’indirizzo delle baracche. Un
commando nero.
Non c’è solo la presenza di altre persone, ormai ammessa anche da Pelosi unico
condannato per il delitto – esca in parte inconsapevole che all’omicidio non ha
neanche preso parte- da dieci anni nei suoi continui cambi di versione, nella
sua verità raccontata a corrente alternata forte del fatto di essere l’unico
testimone oculare identificato del delitto e praticamente impossibile da
smentire.
Due automobili hanno sormontato il corpo di Pasolini, i segni del battistrada
di motociclette sul corpo del Poeta e sul terreno dell’Idroscalo parlano
inequivocabilmente della presenza di un gruppo nutrito di massacratori che gli
urla “Jarruso”, omosessuale in dialetto siciliano.
Non appena Pelosi e lo scrittore giungono sul posto, accompagnati già da
qualcuno nel veicolo e seguiti a breve distanza da altri dalla stazione Termini
e dal ristorante “Biondo Tevere” avvengono in successione sia il
pestaggio che il sormontamento con più auto.
Pasolini non dovrà uscire vivo dal massacro, per questo ognuno degli
intervenuti deve essere funzionale nel suo ruolo. I convenuti hanno un
obiettivo in comune: uccidere Pasolini. C’è la bassa manovalanza che vuole
togliere un po’ di soldi al “frocio” Pasolini, i picchiatori
“neri” che vogliono oscurare la voce scomoda del
“comunista”, forse qualcuno che non accettava l’amore del Poeta per i
“Ragazzi di vita”. In alto, in cima alla piramide quello (o quelli?)
che hanno commissionato il delitto. Un delitto a più livelli, compartimenti
stagni nel quale a malapena i partecipanti conoscono i volti dei complici. Pino
Pelosi, unico condannato pagherà per tutti.
Quarant’anni dopo Simona Zecchi ha compiuto un’analisi filologica e
cronologica delle carte processuali dell’omicidio pasolini, rovistando per tre
anni negli archivi polverosi di mezza Italia, interrogando e braccando gli
sparuti testimoni ancora in vita, districandosi in una giungla di false piste,
fonti aperte e coperte, mettendo la parola fine a quarant’anni di false notizie
e speculazioni editoriali intorno a lacerti di manoscritti mostrati e poi
nascosti (il famoso Appunto 21 mancante dal manoscritto del romanzo postumo
Petrolio), azzerando quanto scritto in precedenza.
 

Ha riversato il suo
lavoro di ricerca nel volume Pasolini “Massacro di un poeta” (Ponte
alle Grazie editore), un libro da leggere con devozione dove ha pubblicato foto
e altri documenti inediti, ha rintracciato scatti della scena dell’omicidio mai
visti finora. Ricostruendo con perizia e precisione, fino a dove è stato
possibile, la dinamica del delitto, sbaragliando draghi e mitologie
complottiste.
Le foto, esplicite e violente dimostrano con inequivocabile certezza che ci fu
una mattanza quella notte all’Idroscalo. Foto pubblicate perchè anche Pasolini
nella sua instancabile e ossessiva ricerca della verità lo avrebbe voluto,
perché come ha detto uno dei testimoni: “Se fosse stato un cane avrebbero
avuto più pietà”. Foto che vanno inserite come tessere di un puzzle
nell’analisi rigorosa svolta all’interno del libro.
Quarant’anni dopo alla domanda perché è stato ucciso Pasolini è ora possibile
rispondere: per la forza delle sue parole, non per quello che aveva scritto ma
per quello che avrebbe potuto continuare ancora a scrivere.
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