Carlo Mattogno: un nuovo libro su Auschwitz

Carlo Mattogno: un nuovo libro su Auschwitz

UN NUOVO LIBRO SU AUSCHWITZ 

Di Carlo
Mattogno

 

È uscito in questi giorni il mio studio I verbali degli interrogatori sovietici degli
ingegneri della Topf.
Le dichiarazioni di Kurt Prüfer, Karl Schultze,
Fritz Sander e Gustav Braun su “camere a gas” e forni crematori di Auschwitz:
analisi storico-tecnica.
Effepi, Genova, 2014, 203 pp. con 11 documenti. 

Nel 1945 gli ingegneri della ditta Topf
(che costruì i forni crematori di Auschwitz-Birkenau) Kurt Prüfer, Karl Schultze,
Fritz Sander e Gustav Braun furono arrestati dai servizi di
controspionaggio sovietici e sottoposti a numerosi interrogatori. I relativi
verbali apparvero nel panorama storiografico soltanto all’apertura degli
archivi moscoviti, dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Nel corso nei nostri
vari viaggi di studio a Mosca, Jürgen Graf ed io li cercammo tenacemente,
finché riuscimmo a individuare l’archivio in cui sono conservati; finalmente,
nel febbraio 2002 Graf poté accedervi e fotocopiarli. Nei mesi successivi egli
redasse un lungo articolo intitolato “Anatomia dell’escussione sovietica degli ingegneri della Topf.
Gli interrogatori di Fritz Sander, Kurt Prüfer, Karl Schultze e
Gustav Braun
da parte di ufficiali
dell’organizzazione sovietica di controspionaggio Smersch  (1946/1948)
”, che resta ancora il più esauriente dei – per la verità pochissimi – scritti che esistono
sulla questione.
 
Con riferimento ad esso, nel 2007 lo
storico olocaustico Michael Thad Allen scrisse con evidente stizza:

«Il dott. Schule mi informa che alcuni
degli interrogatori [degli ingegneri della] Topf  che non sono accessibili agli
storici hanno trovato la loro via nei siti web dei “negatori” dell’Olocausto.
Così a qualcuno viene accordato accesso a questi documenti.  È quantomeno

irritante che vi abbiano avuto pieno
accesso i negatori invece degli storici di professione».

L’informazione era comunque
falsa, perché i documenti in questione furono scoperti da Gerald Fleming
nell’ottobre del 1990, che ne pubblicò brevi estratti, accuratamente
selezionati, nel luglio 1993[1]. Essi
passarono poi in qualche modo all’Holocaust memorial Museum di
Washington, che nel 2000 li mise a disposizione di Jean-Claude Pressac; questi,
nel 2003, li cedette al Gedenkstätte Buchenwald, che li fece tradurre in
tedesco. Tuttavia, fino ad oggi, nonostante la palese importanza di questa
documentazione, nessuno storico olocaustico ha ritenuto opportuno pubblicare i
verbali integrali degli interrogatori degli ingegneri della Topf. Le
motivazioni sono essenzialmente tre: 1) l’incapacità degli storici olocaustici
di padroneggiare le problematiche tecniche esposte nei verbali, rese ancor più
difficoltose dal fatto che essi sono stilati in russo e senza una sicura
conoscenza della tecnologia della cremazione, in particolare di quella
sviluppata dalla ditta Topf, è arduo raccapezzarvisi; 2) per quanto riguarda la
forma, il tono  dei verbali, che
espongono “confessioni” in stile “processi di Mosca”, la ripetitività fraseologica
tra domande e risposte quasi fastidiosa, le domande che recavano già
implicitamente in sé la risposta,  la
piena assunzione del linguaggio degli inquirenti (ad
esempio “Partito nazista”, “Germania fascista”, “fabbriche della morte” ecc.),
tutte queste cose insieme pesano parecchio sulla credibilità degli interrogati;
3) per quanto concerne il contenuto, contraddizioni eclatanti e falsità puerili
elargite profusamente dimostrano che gli ingegneri della Topf  accettarono per pura strategia difensiva (più
concretamente, per evitare la condanna a morte) tutte le accuse, comprese
quelle manifestamente false!

Bisogna anche dire
che essi si vennero a trovare in una via senza uscita, perché l’impianto
probativo sovietico partiva dal presupposto che Auschwitz era un campo di
sterminio e che i crematori contenevano camere a gas omicide costruite per
effettuare questo sterminio; essendo irrefutabilmente implicati nella
costruzione dei crematori, gli ingegneri si trovarono pertanto accollata
l’accusa di complicità in omicidio per l’installazione delle presunte camere a
gas: essendo impensabile, da parte loro, contraddire il dogma fondamentale
della propaganda sovietica, essi preferirono accettarlo e “confessare” la loro
partecipazione alla costruzione di camere a gas di cui non sapevano
evidentemente nulla (questo è uno degli aspetti più penosamente contraddittori
dell’intera questione), dato che si erano limitati a installare impianti di
aerazione e di disaerazione in normali camere mortuali, come del resto si
desume dalle caratteristiche tecniche degli impianti montati in relazione ai
locali.

Sebbene disponessi
della relativa documentazione fin dal 2002, questo libro appare soltanto ora
perché, come ho accennato sopra, i verbali trattano essenzialmente dei
crematori di Birkenau e di altre questioni concernenti la cremazione e
l’argomento apparirebbe particolarmente ostico senza una trattazione
preliminare di queste tematiche, che ho potuto portare a compimento soltanto
nel 2012, con la pubblicazione del mio studio 
I forni crematori di Auschwitz.
Studio storico-tecnico con la
collaborazione del dott. Ing. Franco Deana.
Effepi, Genova, 2012, 2 volumi,
al quale ho potuto effettuare i necessari rimandi.

Il libro espone
nella Prima Parte un’Analisi storico-tecnica degli interrogatori,
esaminati nel loro esatto contesto storico e cronologico; la Seconda Parte
riporta il testo integrale di tutti i verbali noti dei quattro ingegneri.

In questo caso,
dunque (come in altri) il pregiudizio comune che vede nel revisionismo storico
del mero “negazionismo” si ribalta completamente a nostro favore: sono gli
storici olocaustici, che, pur disponendo dei documenti in questione da oltre 13
anni, si sono rifiutati di pubblicarli integralmente, dunque in un certo qual
modo  hanno negato quest’aspetto
della storia di Auschwitz, perciò sono dei veri “negazionisti”.

 
                                                                                                               
Carlo Mattogno.

 


[1]
Fleming fornì dati falsi sia sul nome 
dell’archivio, sia sulla collocazione dei documenti,  il che rese più difficili le nostre ricerche.
One Comment
    • Anonimo
    • 20 Febbraio 2014

    Ottimo, una nuova opera.

    Rispondi

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