Andrea Giacobazzi: Il “protestantesimo” islamico tra teologia politica e avanzamento del caos

Andrea Giacobazzi: Il “protestantesimo” islamico tra teologia politica e avanzamento del caos



La barbarie salafita
Il
“protestantesimo” islamico tra teologia politica e avanzamento del caos
di Andrea Giacobazzi 
1.      Teologia e politica
Talvolta nelle analisi
di politica internazionale si riscontra una mancanza: risulta incompleta la
valutazione del peso della teologia e, più in generale, del carattere
metafisico nelle dinamiche prese in esame. Se la parola “politica” deriva
etimologicamente da πόλις, “polis”,
ovvero “città”, pare difficile non intravedere in questa realtà ciò che
riferiva Sant’Agostino nel suo De
Civitate Dei
circa la contrapposizione fra le città terrena e celeste che
si mischiano in questo mondo. Anche altri furono i santi che si espressero con
metafore affini: San Luigi Maria Grignion de Montfort nel Trattato della vera devozione alla Vergine Maria parla di “due
partiti, quello di Satana ed i suoi seguaci e quello di Maria, Gesù ed i loro
fedeli”; Sant’Ignazio di Loyola negli Esercizi
Spirituali
descrive “due accampamenti” e “due stendardi”, quelli di Gesù
contro quelli di Lucifero. Fatte le dovute distinzioni si può dire che anche
nell’agone della politica internazionale i soldati di questi eserciti, pur
nella complessità delle vicende storiche, si affrontano e contrastano a
vicenda. Trattandosi di questioni eminentemente spirituali, sarebbe certamente
un errore grave identificare sbrigativamente questa o quella fazione
attualmente in campo con l’esercito di Satana o con quello di Cristo ma sarebbe
parimenti inesatto escludere il ruolo della religione e dell’escatologia
nell’analisi che si deve ai conflitti internazionali. Del resto, restando fermo
il fatto che la sola Vera Fede è quella Cattolica, non è possibile non
riscontrare come nello scacchiere mondiale vi siano forze che si contrappongono
in maniera più concreta di altre a ciò che San Paolo definiva come Katechon (ovvero “ciò che trattiene”[1]
l’Anticristo): una breve disamina porta, non a caso, ad identificare il Vicino
Oriente – e in particolare la Terra Santa – come il fulcro attorno al quale
ruotano le tensioni cui facevamo cenno.
2.      Un modernismo islamico?
Partendo da quanto
detto sulle dinamiche in corso, esiste, tra gli altri, un elemento – puntualmente
taciuto da giornali e televisioni – che balza all’attenzione, ovvero “gli
islamici fondamentalisti che distruggono santuari islamici”. Un’apparente
contraddizione nello scenario delle cosiddette rivolte che attraversano
l’Africa settentrionale, in realtà un fatto tanto spiegabile quanto importante
nella comprensione del caos che sta avanzando in queste regioni, un caos
paragonabile a quello della furia iconoclasta con cui i protestanti devastarono
l’Europa nei secoli passati. Chi sono dunque questi salafiti e wahabiti così
tanto nominati e così poco conosciuti? Possono essere identificati come i
protestanti dell’Islam? Quale il loro ruolo nell’area nordafricana e nel Vicino
e Medio Oriente?
Nel riflettere su
queste domande, lo studioso musulmano Enrico Galoppini, parla apertamente di
modernismo: «al riguardo del “culto dei santi”, degli awliyâ’ […] in Islam, vi è da dire che esso è completamente
“islamico”, mentre tutti questi “modernisti”, “salafiti”, “wahhabiti” e chi più
ne ha più ne metta lo ritengono “blasfemo”, da “idolatri”. La loro
argomentazione principale è che per salvaguardare il principio del tawhîd (Unità ed Unicità divine: il
Principio non può che essere uno e unico) bisogna evitare assolutamente tutto
ciò che fa incorrere il musulmano nell’errore di “associazionismo” (shirk), ovvero quello di attribuire a
Dio dei pari»[2].
Argomentazioni contro la presunta idolatria non troppo diverse da quelle di
luterani e calvinisti.
Non solo: «i
“modernisti” da cui derivano i “salafiti”, i “takfiri”, i “qaedisti” eccetera,
ritengono che ciascuno, nel proprio cammino di “conoscenza” (da realizzare
intimamente, con “certezza assoluta”, che tutto è Dio e che Dio è ovunque)
debba fare affidamento solo sul proprio sforzo; che ogni essere umano in fondo
sia “il maestro di se stesso”»[3].
Questo modernismo viene presentato come un fenomeno di riduzionismo, che
finisce per associarsi con la sopravvalutata “erudizione” di cui fanno sfoggio
alcuni musulmani odierni[4].
Anche qui difficile non notare i richiami a certo gnosticismo.
 Don Curzio Nitoglia parlando dei wahabiti li
definisce come «movimento fondamentalista e “farisaico” […] incline al metodo
“fondamentalistico” dell’esegesi protestantica americana, che interpreta il
Corano alla lettera in maniera stretta e radicale”»[5],
non a caso ostile verso «le pratiche del Sufismo (mistica islamica)»[6].
Non deve quindi stupire
la distruzione ad opera dei salafiti della porta di un celebre mausoleo a
Timbuctu, tenuta chiusa da molti anni e rispetto alla quale la tradizione
locale voleva che l’apertura sarebbe avvenuta solo “alla fine dei tempi”.
Qualcosa di non dissimile avvenne in Libia ad opera dei “ribelli” presso una
moschea-mausoleo di cinque secoli fa, intitolata a Sidi ‘abd es-Salam el-Asmar e contenente circa 5.000 volumi,
ovviamente finiti in cenere[7].
Altri esempi, presenti e passati, si potrebbero aggiungere. Nel caso libico ed
in diversi altri, risulta curioso notare come gli islamici fondamentalisti si
trovassero dallo stesso lato della NATO nell’opera di abbattimento del governo
di Gheddafi. Del resto è noto come la Famiglia reale saudita (di stretta
osservanza wahabita), in politica estera, abbia tenuto un costante orientamento
filo-occidentale. Anche «per questo è tacciata di rigorismo morale ‘farisaico’ interno
e di doppiezza politica ‘machiavellica’ esterna: si rigetta all’interno del
Paese ed esteriormente ogni costume non-musulmano, ma si è alleati in politica
estera con l’Occidente americanista teoconservatore, più che con la “Vecchia
Europa”»[8].
Nulla di particolarmente nuovo: nel 1948, alla nascita dello Stato sionista, i
britannici e gli statunitensi erano proporzionalmente più vicini agli arabi
(per questioni politiche e petrolifere) di quanto non lo fosse l’URSS di
Stalin, avversaria delle “monarchie reazionarie” locali e speranzosa di vedere
sorgere un suo avamposto ebraico-socialista nel cuore del Vicino Oriente[9].
3.      Convergenze di interessi nella
regione
Soffermando
l’attenzione sul “protestantesimo” islamico qui descritto, si nota quanto – pur
con diverse contraddizioni – esso si trovi ora in una parziale comunione di
interessi con Paesi caratterizzati da approcci ideologici affini rispetto alla
tradizione religiosa, in particolare col protestantesimo anglo-sassone e col
sionismo; anche quest’ultimo può essere considerato una forma di “modernismo” (o
comunque una devianza influenzata dalla modernità) del giudaismo talmudico, il
quale considera come eterodossa la posizione di chi – senza attendere la
presunta venuta del “messia” – vorrebbe ricostituire il “Regno d’Israele” in
Palestina e mettere fine all’esilio (galuth)[10].
Per questa ragione, nei primi decenni dopo la nascita del sionismo, fu
consistente l’opposizione rabbinica al “progetto nazionale”.
In generale risulta
chiaro che, nell’ambito dei Paesi islamici sunniti, l’accerchiamento dei
fondamentalisti si rivolge in particolare contro quegli Stati in cui il
carattere “confessionale” è più debole e in cui la tolleranza verso i cristiani
è più praticata. Fuori dal mondo sunnita la situazione è diversa: nell’Iran
sciita e teocratico, sono garantiti ai cristiani dei diritti che nella wahabita
Arabia saudita non sarebbero nemmeno ipotizzabili. Pur variando da caso a caso
il grado di ostilità o vicinanza rispetto all’“Occidente” degli Stati
attraversati dalle cosiddette “primavere arabe”, va riconosciuto che queste
sono state in molti casi portate a compimento dalle varie frange radicali
islamiche (salafiti, qaedisti, e altre realtà descritte nelle righe precedenti)
e sponsorizzate da Paesi similmente “radicali” (Arabia Saudita, Qatar): fu il
caso della Libia di Gheddafi, in cui, come accennato, i bombardamenti umanitari
della NATO spianarono la strada ai barbus
fondamentalisti, soprannominati così per la loro barba. Pur senza incursioni
aeree ma con ampia grancassa mediatica furono rovesciati i governi tunisino
(Ben Ali) ed egiziano (Mubarak), in seguito sostituiti da nuovi governi guidati
da partiti islamici. A differenza di questi, fu pressoché priva di copertura
televisiva la sanguinosa rivolta del Bahrain, piccolo Paese a maggioranza
sciita governato da un re non sciita e filo-saudita.
Il caso più eclatante
di distorsione dell’informazione è però rappresentato dalla vicenda siriana. Il
legittimo governo di Bashar Al Assad – in cui siedono diversi cristiani – nel
corso degli ultimi due anni è stato assediato, tra gli altri, da gruppi di
terroristi, non raramente stranieri, che hanno approfittato degli scontri per
profanare i luoghi di culto cattolici e per perseguitare i fedeli; in buona
parte questi islamici radicali sono stati appoggiati da Paesi musulmani
orientati al fondamentalismo con il plauso e la connivenza di Stati Uniti,
Francia, Gran Bretagna, Turchia e Stato di Israele. Non solo sono state trovate
armi israeliane nei covi dei ribelli[11]
ma le forze aeree sioniste hanno anche provveduto a bombardare recentemente il
territorio siriano[12].
Pare quindi sempre più
delineata, sebbene con evidenti situazioni ibride e controverse[13],
una situazione geopolitica in cui si confrontano due assi: da un lato le
milizie sciite di Hezbollah (e con
esse altre forze libanesi), l’Iran, la Siria e la Russia (che in Siria ha una
base navale a Tartus) e, dall’altro, l’assortito insieme di Potenze e movimenti
che abbiamo descritto poc’anzi. Nel caso del conflitto russo-ceceno, che in
precedenza abbiamo ignorato per lasciare spazio all’area vicinorientale, è necessario
fare almeno menzione del leader dei ribelli ceceni Shamil Basayev e dei legami
che ebbe col salafismo[14].
Tra gli atti rivendicati da questo terrorista vi fu l’operazione relativa alla
strage della scuola di Beslan[15]:
all’inizio di settembre 2004 nel plesso scolastico Numero 1, un gruppo di 32 uomini
occupò l’edificio sequestrando 1200 persone tra adulti e bambini. Quando
l’esercito russo fece irruzione, iniziò un massacro che finì con la morte di
386 persone, fra le quali 186 bambini e circa 730 feriti.
A lato di quanto
esposto va anche ricordato che sul piano storico non mancano esempi di
contiguità tra certo estremismo islamico e le Potenze dell’“Occidente”. Si
pensi al gruppo terroristico anti-iraniano Jundallah
(letteralmente: “soldati di Dio”, attivo in Belucistan, ora soppresso), di cui
sono stati riferiti legami con Al Qaeda[16] e
accusato da Teheran di essere supportato militarmente e finanziariamente da USA
e Gran Bretagna[17].
Sicuramente più nota è la collaborazione afghana tra i talebani – che combattevano
contro l’invasione sovietica –  e il
governo di Washington; altri esempi potrebbero susseguirsi.
4.      Conclusioni

L’area di cui si è
discusso è molto ampia territorialmente e molto complessa etnicamente: va dai
primi rilievi di Ponente dell’Himalaya, al Caucaso ed è delimitata a Sud, nell’area
africana, dal Sahel, che, anche etimologicamente (arabo: sāhil), significa “riva del mare”, ovvero il “litorale” – non
costiero ma interno – del grande oceano di sabbia: il deserto del Sahara. Quali
quindi le soluzioni più accettabili per questa vasta porzione del globo?

Va detto che il
baathismo, ovvero il “socialismo nazionale” arabo ideato dal siriano Michel
Aflaq (proveniente da una famiglia di scismatici orientali), ha rappresentato e
rappresenta tuttora un consistente argine protettivo per i cristiani. Dove ha
governato il partito Baath (Siria e Iraq), come abbiamo accennato, i fedeli
hanno goduto di una sostanziale libertas
Ecclesiae
e hanno raggiunto alti incarichi istituzionali: si pensi al
cattolico caldeo Mikhail Yuhanna (Tareq Aziz) che fu per decenni vicepresidente
del suo Paese. Quando questi governi hanno vacillato o sono caduti è iniziata
la lunga notte della Cristianità in queste terre. Il baathismo, e con esso il
nasserismo e altri sistemi affini, hanno rappresentato anche un ostacolo
difficile da superare per il dilagare dell’estremismo islamico, così congeniale
a certi progetti anglo-statunitensi. Sono quindi modelli che, nel loro
complesso ed entro certi limiti, vanno difesi. È similmente giusto auspicare la
stabilità dell’Iran. Sebbene si tratti di una “Repubblica islamica” (sciita),
va ribadito che in esso la tolleranza verso i cristiani è imparagonabilmente
più alta rispetto a quegli Stati, con popolazione maggioritariamente sunnita,
guidati da governi prossimi al fondamentalismo. In ultima analisi, il “fronte”
Mosca-Damasco-Teheran pare il più idoneo per contenere l’avanzata del caos
politico che attualmente minaccia gli equilibri internazionali.
Il giovane Gheddafi con Nasser
 

[1] Andrea Celli, Ritorni medievali: Europa e Oriente nella
reinvenzione moderna dell’età di mezzo
, Unipress, 2004, pag. 73.
[2] Enrico Galoppini, Perché i salafiti distruggono i santuari
islamici?
, Europeanphoenix.it, agosto 2012.
[3] Ibidem.
[4] Enrico Galoppini, Chi manovra i “modernisti islamici”?,
Europeanphoenix.it, agosto 2012.
[5] Don Curzio Nitoglia, Salafismo e Wahabismo,
Doncurzionitoglia.wordpress.com, agosto 2012.
[6] Ibidem.
[7] Enrico Galoppini, Chi manovra i “modernisti islamici”?,
Europeanphoenix.it, agosto 2012.
[8] Don Curzio Nitoglia, Salafismo e Wahabismo,
Doncurzionitoglia.wordpress.com, agosto 2012. Si aggiunga a quanto detto, un
ulteriore dato presente nello stesso testo: «In un articolo presente nel sito
web di Elaph (arabo: إيلاف, Īlāf, “L’Alleanza“), giornale ritenuto uno dei più
letti su internet, OTHMAN AL-OMEIR, il suo Direttore, denuncia il
fondamentalismo wahabita per il suo aspetto anti-cristiano , pur collaborando
con gli Usa negli affari esteri. Così scrive: “Quegli imam diffondono un Credo
totalitario intriso di violenza, che trova eco persino in alcuni documenti
ufficiali del governo di Ryad, la Capitale dell’Arabia Saudita. Si sostiene che
è un obbligo religioso per ogni musulmano odiare i cristiani e che non bisogna
imitarli, né fraternizzare con loro né aiutarli in alcun modo […]”».
[9] Cfr.: Leonid Mlecin, Perché Stalin creò Israele?, Sandro Teti
Editore, 2008.
[10] Yakov M. Rabkin, Una minaccia interna. Storia
dell’opposizione ebraica al sionismo
, Ombre Corte, 2005.
[11]
PRESSTV.ir, Armed groups in Syria receive
weapons from Israel: Reports

Saturday Aug 11, 2012,
[12] RADIOSPADA.org, Israeliani aggrediscono la Siria/ Flotta
russa di fronte alle coste siriane
, 31 gennaio 2013
[13]
Nel corso della storia non sono
stati pochi i cambi di posizione e i riallineamenti. Si pensi, ad esempio, allo
scandalo Iran-Contras (metà anni’80),
nel quale il governo statunitense fu accusato dell’organizzazione di un
traffico di armi con l’Iran sotto embargo, oppure all’abbraccio tra
l’amministrazione di Washington e il governo di Saddam Hussein ai tempi della
“Guerra Imposta” e i successivi interventi contro Baghdad (1990-2003).
[14]
Moshe Gammer, Ethno-Nationalism, Islam
and the State in the Caucasus: Post-Soviet Disorder
, Routledge, 2008, pag.
121.
[15]
Jill Dougherty, Chechen ‘claims Beslan,
CNN.com, Friday, September 17, 2004.
[16]
Mathieu Guidère, Historical Dictionary of
Islamic Fundamentalism
, Scarecrow Press, 2012, pag. 191
[17] Iran: Many die in Zahedan
mosque bombing
, BBC.co.uk, Thursday, 28 May 2009.

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