Gianfranco La Grassa sulla Germania e sui Trattati di Versailles

Gianfranco La Grassa sulla Germania e sui Trattati di Versailles

 
Il professor Gianfranco
La Grassa
ha condiviso martedì scorso su Facebook un’interessante
riflessione che non potevo non condividere qui, stante la sua valenza
revisionista. Il tema è ancora quello della sovranità nazionale – del nostro
paese e delle altre nazioni europee. Lo spunto, in questo caso è quello
dell’ultimo post del blog di Marcello
Foa
. Scrive La Grassa che “La Germania della Merkel non ha alcuna reale
autonomia”. Affermazione vera dal punto di vista ideologico-culturale, meno
vera – mi sembra – dal punto di vista meramente economico: la Germania, ad
esempio, non ha avuto problemi a portare avanti, con la Russia, il gasdotto North Stream, a differenza dell’Italia, che non è riuscita a portare avanti
il gasdotto South Stream.
Come scrivevo infatti in un precedente post
[1],
delle tre nazioni uscite sconfitte dalla guerra, alla Germania e al Giappone è
stata concessa un’impetuosa crescita economica – pur nell’ambito
dell’asservimento ai valori occidentali. All’Italia, invece, neppure quella. Comunque,
ripeto, il testo di La Grassa – in particolare la considerazione storica
conclusiva – è interessante e mi sembra curiosamente in sintonia con quanto
affermano da tempo i revisionisti dell’Olocausto, specie quelli tedeschi vittime
delle persecuzioni giudiziarie: basta con i complessi di colpa per il “passato
che non passa”. Ma per l’”Occidente” (e per la sua “nazione guida”) il passato non deve passare: le
olocaustiche “Giornate della Memoria” servono appunto a questo …

Citazione:

“Ma soprattutto non si accorgono che
l’effetto ultimo di ogni crisi finanziaria non è di rendere più equa la Ue,
bensì di erodere sempre di più la sovranità popolare dei Paesi membri. Con però
un solo colpevole: la Germania che ormai tutti odiano additandola come unica
responsabile di un rigore punitivo, mentre la realtà è più sofisticata,
bizantina, machiavellica. Quel “rigore” che assomiglia sempre di più a una dittatura
finanziaria, che porta sul lastrico i popoli generosamente “salvati” è voluto
anche (anzi, persino con maggior determinazione) dalla Bce di Mario Draghi,
dall’Unione europea, dal Fmi, dalla Banca Mondiale, dall’Ocse ovvero dalle
organizzazioni e dagli ambienti che si prodigano per imporre un’Europa federale
aggirando la sovranità popolare. Quell’élite tecnocratica, europea e
sovranazionale riesce così usare a proprio vantaggio il moralismo germanico,
lasciando che il biasimo dei popoli europei umiliati, impoveritie
arrabbiati ricada sui tedeschi”[2].

Ottimo questo pezzo di Marcello
Foa (vedi il suo blog). Non mi si accusi di cercare il pelo nell’uovo, ma devo
precisare qualcosina. Lascio perdere la dimenticanza, certo non voluta, di
Brandt, che forse era un po’ migliore e più lungimirante degli altri citati,
soprattutto di Kohl (vengono citati in altra parte del post di Foa qui non
riportato). Però chiarirei sempre chi è Draghi (colui che “parla un giorno sì e
l’altro pure” con Napolitano; in specie nell’attuale situazione di crisi e
sfascio istituzionale oltre che sociale italiano); e anche l’FMI, la Banca
Mondiale ecc. ecc. (e perfino l’Onu nella sua azione ormai nefasta
dappertutto). Non esiste quindi alcun “sovranazionalismo”. Basta con questa
mistificazione: esiste una nazione che sta sopra a quelle europee e a gran
parte di quelle asiatiche (ma non sopra, ad es., al BRICS). La Germania della
Merkel non ha alcuna reale autonomia; questa la miopia della Cancelliera,
questa la “mala via” imboccata dai tedeschi; e da cui essi devono riscattarsi,
finalmente abbandonando ogni complesso di
colpa e rivendicando che i metodi nazisti furono orrorifici, condannabilissimi,
ma che l’intenzione di rivendicare un degno posto alla Germania, umiliata,
vessata, annientata dai Trattati di Versailles era del tutto legittima. Non
debbono più esserci nazisti, ma tedeschi orgogliosi del loro paese, questo sì.
E dovrebbero insegnare anche a questi disadattati e miserabili di italiani ad
esserlo pure loro.
 
Berlino, Museo dell’Olocausto
 

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