Il 24 gennaio 2012 inizia a Budapest il processo contro Elie Wiesel

Il 24 gennaio 2012 inizia a Budapest il processo contro Elie Wiesel

Miklos Gruner
L’AZIONE LEGALE PER LA FALSA IDENTITÀ INTENTATA DA GRÜNER CONTRO ELIE WIESEL FISSATA PER IL 24 GENNAIO A BUDAPEST[1]
Di Carolyn Yeager
Miklos Grüner avrà finalmente in tribunale il giorno che aspettava!
La sottoscritta parlò al telefono con Grüner in Svezia nel settembre 2010, quando lui le assicurò che avrebbe sfidato l’identità di Wiesel in un tribunale di Budapest nel successivo mese di gennaio. Sappiamo quanto le date dei tribunali possano essere rinviate, e persino cancellate, ma Grüner si è dimostrato un uomo perseverante e, sebbene con un anno di ritardo, sembra che ora possa presentare davvero le sue prove in tribunale. Tuttavia, l’imputato non sarà il protettissimo Wiesel, bensì il rabbino ungherese Slomó Köves, che aveva invitato Wiesel in Ungheria nel 2009, pur “sapendo che (lui) non è un vero sopravvissuto dell’Olocausto” ma “ha rubato l’identità di un detenuto”, secondo Grüner.
In un articolo[2] scritto da Stefan J. Bos per il servizio BosNewsLife, datato venerdì 18 novembre, a Grüner viene attribuita la seguente affermazione: “Sarebbe stato meglio perseguire Wiesel direttamente, ma ciò è impossibile. Dopo 26 anni di ricerche, il tribunale ungherese fornisce la prima opportunità di presentare il mio caso, che spero di portare avanti perseguendo il rabbino”.
Ha spiegato Grüner: “Elie Wiesel, che vive negli Stati Uniti, è un uomo molto difficile da prendere. Tutto il mondo lo protegge, da Barack Obama ad Angela Merkel. Hanno tutti paura che la verità venga fuori, per via del prestigio e del denaro. Sto anche facendo pressione sul Parlamento tedesco affinché mi mostri gli archivi sul passato di Wiesel”.
Grüner viene citato da Bos in un’intervista privata dello scorso venerdì per aver fatto la seguente affermazione: “Non cerco un risarcimento economico, ma voglio che [Köves] dica al mondo chi è davvero il suo amico Elie Wiesel. Wiesel non è mai nato in Ungheria o in Romania come sostiene e non stava in un campo di concentramento. Non parla neanche ungherese”. (Non so quali prove abbia Grüner che Wiesel non è nato in Ungheria o in Romania, ma sarò sicuramente contenta se ne ha qualcuna).
Elie Wiesel con Shlomo Koves (al centro) a Budapest nel 2009
Köves nega le accuse contro Wiesel. “Sono stato con lui due giorni e Wiesel ha parlato con me in ungherese. Ha parlato in ungherese anche in parlamento. Queste sono le accuse di un uomo anziano con qualche sorta di complesso”, ha detto a BosNewsLife. Köves ha anche detto a Bos di non essere ancora stato convocato per l’udienza del 24 gennaio. L’ottantaduenne Grüner ha detto di essere arrabbiato con Köves per averlo accusato di “falsificare la storia”, e averlo paragonato all’accademico americano Norman Finkelstein, che ha scritto L’industria dell’Olocausto.
È possibile che tutto ciò possa degenerare in una baraonda, ma si spera di no. Grüner considera il processo di Budapest come un grande passo in un viaggio personale lungo e doloroso, secondo l’articolo di BosNewsLife. Da quindicenne ritrovatosi ad Auschwitz, e il cui padre era morto, egli venne “aiutato da Lázár Wiesel, che fu tra coloro che lo protessero. Nel gennaio 1945, mentre l’esercito russo stava arrivando, i detenuti vennero trasferiti da un campo satellite di Auschwitz-Birkenau a Buchenwald in Germania”. Il campo satellite era Monowitz, o Auschwitz III, destinato ai lavoratori della fabbrica IG Farben.
Grüner esagera la lunghezza del tempo impiegato dai detenuti di Auschwitz per arrivare a Buchenwald, ma fece davvero parte di quella marcia (la marcia stessa durò solo due giorni, dopo di che essi andarono in treno). Sia Grüner che Lázár che Abram Wiesel vennero registrati a Buchenwald, ma l’uomo che conosciamo come Elie Wiesel non vi mise mai piede. Tutto ciò è provato dai documenti tenuti a Buchenwald. Grüner afferma nell’articolo di Bos che Abram Wiesel, il fratello maggiore di Lázár, morì durante il tragitto, ma ciò non corrisponde a quanto da lui descritto nel suo libro Stolen Identity, né a quanto risulta dai registri di Buchenwald, che ascrivono la data della morte di Abram Wiesel al 2 febbraio 1945, nella baracca 57.
La famosa foto dei sopravvissuti di Buchenwald: Wiesel non c’è
Miklos Grüner, come la maggior parte dei sopravvissuti dell’olocausto, ha problemi di memoria e abbellisce i fatti…tuttavia era lì, e sta lì nella famosa fotografia (estrema sinistra, cuccetta inferiore) mentre Elie Wiesel non è l’uomo all’estrema destra (cuccetta superiore) che dice di essere. Tutto ciò è stato provato su questo sito web Elie Wiesel Cons the World [Elie Wiesel raggira il mondo], ultimamente e in modo approfondito qui: http://www.eliewieseltattoo.com/gigantic-fraud-carried-out-for-wiesel-nobel-prize .
Servizio apparso all’epoca su un quotidiano svedese d’epoca sull’incontro, avvenuto nel 1986, tra Gruner (a sinistra, nella foto) e Wiesel
A quanto riferisce Bos, Grüner sostiene anche che quando venne invitato a incontrare il vincitore del Premio Nobel Elie Wiesel nel 1986, pensava che avrebbe incontrato il suo vecchio amico. Si trattò invece di un uomo che, sostiene Grüner, non aveva mai visto prima. “Wiesel si rifiutò di mostrarmi il suo tatuaggio. Fu un incontro molto breve”. A Grüner non importa che Wiesel, per una conferenza di 45 minuti, “guadagni 25.000 dollari”. “Ma non voglio che faccia soldi sulla morte dei membri della mia famiglia e sui milioni degli altri che sono morti nell’Olocausto”, ha detto, con la voce tremante. “Voglio lasciare questo mondo sapendo di aver detto la verità alla prossima generazione…Voglio anche un dialogo con gli antisemiti e con la Chiesa Cattolica, per la quale ho in seguito dipinto nella mia qualità di artista”.
Speriamo che Grüner abbia in tribunale il giorno che aspetta e che vinca il processo. Sembra che almeno il servizio notizie di BosNewsLife lo coprirà, e che per noi ci siano buone notizie. Sappiamo chi si ritrova contro, eppure speriamo.      
One Comment
  1. Tutti costoro sono dispensati da analisi e verifiche, già il richieder le quali apparirebbe come delitto contro il popolo eletto e la religione dell'Olocausto. Che le greggi televisive dei gentili devono senza requie incensare devote. Nel caso del braccio di Elie Wiesel ci si trova dinanzi a un esempio incredibile e, allo stesso tempo, paradigmatico: il tatuaggio dovrebbe esserci, ma non c'è… e tuttavia… esiste! – credo quia absurdum. Quel vecchio, che lo vuole alla sbarra degli imputati fra due mesi, farebbe bene a guardarsi le spalle.

    Joe Fallisi

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