Treblinka: il tragicomico dilemma di Caroline Sturdy Colls

Treblinka: il tragicomico dilemma di Caroline Sturdy Colls

ARCHEOLOGA FORENSE INGLESE SI PROPONE DI CONFUTARE I “NEGAZIONISTI “ DI TREBLINKA

Di Thomas Kues, 13 Novembre 2010[1]

Sul sito web dell’Università di Birmingham troviamo la seguente presentazione di una giovane archeologa forense chiamata Caroline Sturdy Colls[2]:

Caroline fa parte di una piccola squadra di specialisti in Inghilterra che lavorano nell’ambito dell’archeologia forense. Caroline ha lo stomaco forte e non ha paura di infangarsi – il che aiuta quando lei lavora con la Polizia inglese su casi ‘senza cadavere’ – a quanto pare non è qualcosa di così attraente come appare nelle serie televisive CSI o Waking the Dead!

Caroline è stata recentemente una delle rare persone cui è stato permesso di entrare nella tomba egizia, da poco scoperta, KV63[3], nella Valle dei Re, e sta attualmente lavorando ad un progetto per identificare le vittime dell’Olocausto seppellite nelle fosse comuni in Polonia”.

Le fosse comuni olocaustiche che la signora Colls sta cercando di identificare sono in realtà quelle del “campo di sterminio puro” di Treblinka II. Questo è stato messo in chiaro da un film che può essere scaricato dalla medesima pagina web. Presento a seguire una trascrizione di quanto detto dalla stessa signora Sturdy Colls (grassetti miei):

L’archeologia forense è la raccolta delle prove da utilizzare in un caso giudiziario. Può essere qualunque cosa, dall’indagare un singolo omicidio ad un genocidio o ai crimini di guerra.

È difficile credere che non vi sia stata nessuna ricerca sistematica dei sei milioni di vittime morte nell’Olocausto.

Qui a Treblinka vennero uccise 800.000 persone e i loro corpi non sono mai stati trovati. È giunto il momento di cominciare a cercare.

Sono uno scienziato e se ovviamente provo le stesse emozioni di chiunque altro quando leggo delle atrocità commesse durante l’Olocausto, ho bisogno di poter fare il mio lavoro in modo obbiettivo. Così, qualche volta, ho bisogno di far tacere tali emozioni, e lasciare che le prove parlino da sé.

Vi sono alcuni negazionisti dell’Olocausto assai rumorosi che utilizzano falsa archeologia per sostenere che l’Olocausto non è mai avvenuto. Ecco perché è così importante che utilizziamo le tecniche scientifiche più aggiornate. Tutto ciò può essere fatto, e dovrebbe essere fatto”.

I miei commenti:
  1. Per qualunque osservatore razionale è davvero “difficile credere” che non vi sia stata “nessuna ricerca sistematica” dei corpi dei presunti sei milioni di vittime dell’Olocausto. Poiché è un fatto scontato che nei casi di omicidio gli inquirenti del crimine facciano del loro meglio per procurarsi prove tecniche e forensi e, soprattutto, i resti fisici della vittima, si sarebbe indotti a pensare che una tale ricerca sistematica dei corpi – come pure dell’arma del crimine: i resti delle presunte camere a gas omicide – fosse stata condotta già all’epoca dei processi di Norimberga. Come mai, signora Sturdy Colls, nessuna indagine tecnico-forense del genere venne condotta in questo caso di (presunto) omicidio di 6 milioni di persone?
  2. La signora Sturdy Colls dovrebbe parimenti chiedersi: come è possibile che nessuno sia riuscito a localizzare i resti di 800.000 persone presuntamente sepolte all’interno di un’area di pochi ettari?[4]
  3. Se la signora Sturdy Colls si fosse data la briga di leggere davvero la letteratura revisionista dell’Olocausto sui campi dell’Aktion Reinhardt pubblicati negli ultimi dieci anni saprebbe che la critica in questione alla storiografia olocaustica ortodossa dei presunti “centri di sterminio” di Belżec[5] e Sobibór[6] si basa sulle indagini condotte in questi siti dal rinomato archeologo polacco professor Andrzej Kola. Anche se Kola paga pedaggio al credo olocaustico, le sue pubblicazioni non lasciano dubbi che l’immagine storiografica ortodossa di questi campi è insostenibile, che i presunti edifici delle camere a gas non sono mai esistiti, e che il numero delle persone che morirono e che sono seppellite in questi siti è molto più piccolo di quello sostenuto dagli storici dell’Olocausto. In realtà, i risultati della ricerca di Kola a Sobibór si sono rivelati così imbarazzanti per i difensori della storiografia ufficiale che l’articolo in cui vennero presentati (nel 2001) non è mai stato ufficialmente tradotto. È stato solo grazie alle studio da me pubblicato insieme a Jürgen Graf e a Carlo Mattogno che i lettori non di lingua polacca hanno finalmente appreso della loro esistenza. A tale riguardo, è emblematico che il principale esperto mainstream di Sobibór, Jules Schelvis, (che attualmente compare tra i querelanti (Nebenkläger) al Processo Demjanjuk di Monaco) nelle edizioni aggiornate del suo – per il resto approfondito – volume Sobibór. A History of a Nazi Death Camp [Sobibór. Storia di un campo nazista della morte], uscite dopo il 2001[7] non spende neppure una parola sulla ricerca del prof. Kola – e ciò, nonostante il fatto che Schelvis, che sta in contatto con diversi musei e istituti polacchi sull’Olocausto[8], non può non esserne al corrente. Sicuramente, la signora Sturdy Colls non insinuerà che la ricerca del prof. Kola sia “archeologia falsa” o che lui sia in combutta con i malvagi “negazionisti”.
  4. Spero davvero che la signora Sturdy Colls sia realmente in grado di svolgere il suo lavoro con obbiettività, nonostante la sua conclusione a priori che a Treblinka vennero uccise 800.000 persone. Riguardo a ciò, dovrebbe dare ascolto alle parole degli archeologi Isaac Gilead, Yoram Haimi e Wojciech Mazurek: “È generalmente riconosciuto che una delle sfide che gli archeologi si trovano di fronte è la dicotomia manufatto/testo. […] Se le contraddizioni sono apparenti e reali, parliamo di spazi tra o all’interno del manufatto e del testo, delle discrepanze, che possono rivelare ulteriori aspetti finora sconosciuti […]. Tuttavia, per stabilire se in un dato caso le discrepanze esistono, dovrebbero essere attentamente riesaminate la natura e la qualità delle prove, sia dei dati archeologici che storici[9]. O, in parole povere: se la storiografia costituita viene contraddetta da solide prove archeologiche allora deve essere riesaminata e quindi scartata o riscritta. Anche se i futuri risultati della signora Sturdy Colls dovessero sostenere l’ipotesi revisionista di Treblinka quale campo di transito piuttosto che l’ipotesi ortodossa del “campo della morte”, il suo dovere scientifico sarebbe di presentarli apertamente e senza falsificazioni. Avvertenza: la signora Sturdy Colls dovrebbe stare attenta a non annunciare pubblicamente nessun risultato “scomodo” prima di essere tornata sana e salva in Inghilterra, visto che la Polonia punisce il “negazionismo” con pene fino ai 3 anni di prigione[10]. Forse sarebbe meglio, allora, procedere come il professor Kola: pagare il pedaggio necessario, e lasciare che i risultati parlino da soli. Nel 2007-2008, i tre archeologi suddetti (Gilead, Haimi e Mazurek) cercarono di fare quello che Kola non era riuscito a fare: trovare a Sobibór il presunto edificio della camera a gas. Si avvalsero a tal fine di esperti in geofisica, di metal detector ad alta definizione, di un gradiometro magnetico, di un misuratore di conduttività del terreno, di un radar di rilevazione del terreno, di foto aeree, e di strumenti di mappatura GPS – esattamente delle “tecniche scientifiche più aggiornate” di cui parla la signora Sturdy Colls. Nonostante il fatto che la squadra fin dall’inizio “sapeva grosso modo dov’era ubicata la camera a gas”, e che l’area che dovevano perlustrare ammontava a meno di 3 ettari, dovettero concludere nel 2009 che “l’ubicazione delle camere a gas è una questione complessa che deve essere risolta, un obbiettivo importante della futura ricerca archeologica a Sobibór[11]! Sul numero dell’Agosto 2010 del Reader’s Digest Yoram Haimi lo disse in modo anche più bruscamente: “Stiamo ancora cercando le camere a gas”[12]. Altra avvertenza: è facile fare la figura degli stupidi se ci si aggrappa a dei dogmi scientificamente indifendibili!

Posso solo augurare alla signora Sturdy Colls buona fortuna nel suo lavoro, che è precisamente il genere di tentativo che noi revisionisti auspichiamo. Nel frattempo le consiglio di leggere lo studio di Carlo Mattogno e Jürgen Graf Treblinka: Extermination Camp or Transit Camp?[13], e in particolare i capitoli sulle precedenti indagini forensi e sulle presunte sepolture e cremazioni di massa (pp. 77-110, 137-157).

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.revblog.codoh.com/2010/11/uk-forensic-archeologist-sets-out-to-refute-treblinka-deniers/#more-1367

[4] Secondo la mappa tracciata da Peter Laponder il “campo della morte vero e proprio” di Treblinka II occupa un’area di circa 3 ettari: http://www.deathcamps.org/treblinka/pic/bmap12.jpg

[5] Carlo Mattogno, Bełżec in Propaganda, Testimonies, Archeological Research, and History, Theses & Dissertation Press, Chicago 2004, pp. 71-96. In rete: http://vho.org/dl/ENG/b.pdf . Carlo Mattogno, Bełżec e le controversie olocaustiche di Roberto Muehlenkamp: http://ita.vho.org/BELZEC_RISPOSTA_A_MUEHLENKAMP.pdf

[6] Jürgen Graf, Thomas Kues, Carlo Mattogno, Sobibór. Holocaust Propaganda and Reality, TBR Books, Washington D. C. 2010, pp. 107-162. Vedi anche: T. Kues, “New ‘Memorial Center’ Planned for the Sobibór Death camp”, in rete: http://www.revblog.codoh.com/2010/08/new-memorial-center-planned-for-the-sobibor-death-camp/

[7] J. Schelvis, Sobibór. A History of a Nazi Death Camp, Berg Publishers, Oxford 2007; J. Schelvis, Vernietigingskamp Sobibór, De Baatafsche Leeuw, Amsterdam 2008.

[8] Vedi J. Schelvis, Sobibór. A History of a Nazi Death Camp, op. cit., p. xiv. La tavola 2 nella sezione fotografica non numerata successiva alla p. 144 mostra lo stesso Schelvis sul monumento commemorativo di Sobibór in un’immagine del 2006.
[9] I. Gilead, Y. Haimi, W. Mazurek, “Excavating Nazi Extermination Centres”, Present Pasts, Vol. 1, 2009, p. 22.

[11] J. Graf, T. Kues, C. Mattogno, Sobibór. Holocaust Propaganda and Reality, op. cit., pp. 162-167.

[12] Leonard Felson, “The Secrets of Sobibor: An Oral History”, Reader’s Digest, Agosto 2010, in rete: http://www.rd.com/your-america-inspiring-people-and-stories/the-secrets-of-the-sobibor-death-camp/article183235.html

[13] Theses & Dissertation Press, Chicago 2004, in rete: http://vho.org/dl/ENG/t.pdf

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