Bartolomé de las Casas e lo sterminio degli indios: la replica di Luigi Copertino a Edoardo Spagnuolo

Bartolomé de las Casas e lo sterminio degli indios: la replica di Luigi Copertino a Edoardo Spagnuolo

Da Luigi Copertino ricevo, e volentieri pubblico, questa risposta all’intervento del dr. Edoardo Spagnuolo su Bartolomé de las Casas e lo sterminio degli indios pubblicato su questo blog sabato scorso: https://www.andreacarancini.it/2009/12/bartolome-de-las-casas-e-lo-sterminio/

Caro Signor Spagnuolo,
Lei parte lancia in resta con molto furore ma sbaglia completamente bersaglio. Perché lo scrivente non è tradizionalista lefevriano, ossia di quelli che hanno censurato i suoi studi che, sia detto per inciso, conosco (almeno uno) ed apprezzo e che trovo, a differenza di quel che mi sembra faccia Lei, complementari e non in opposizione con gli altri da me citati nella bibliografia in calce al mio articolo. E’ soprattutto con questa bibliografia che La invito a confrontarsi, con gli storici autori dei testi da me citati. Vede, il “furor mentis” può giocare brutti scherzi. Infatti, caro Spagnuolo, Lei non si è accorto che lo scrivente, a differenza di quel che mi obietta, ha messo in debito rilievo sia il fatto che Las Casas è stato elevato alla dignità episcopale con il favore di Carlo V, sia che è stato ascoltato a corte molto più di altri e che è stato preferito a Sepulveda. Né ho mai detto che le denunce di Las Casas non avessero fondamento ma solo che, ispirate da un evidente millenarismo, molto comune nel clero formatosi nel clima “mistico” della reconquista, erano portate all’eccesso. E’ questa mentalità “millenaristica”, ossia la convinzione di poter realizzare il paradiso in terra, che mi ha fatto fare una paragone tra il domenicano del XVI secolo, che quasi sembra ritenere gli indios privi del peccato originale, e Alex Zanotelli (paragone che non voleva essere affatto un salto anacronistico ma solo un modo di far comprendere a lettori ignari di cose storiche il tipo umano, la mentalità soggiacente a certa tipologia clericale). Credo che Lei non abbia affatto capito che ciò che imputo a Las Casas non è quanto egli denunciava ma il fatto che, preso dal suo misticismo chiliasta, abbia finito, esagerando i toni della denuncia, per prestare il fianco alla “leggenda nera”, che è davvero una “leggenda nera” nata per motivi politici in funzione anti-ispanica e per motivi religiosi in funzione anti-cattolica. Alla quale lo scrivente non ha mai contrapposto alcuna “leggenda aurea” (e l’ho detto chiaramente! Basta saper leggere, senza il furore della mente): di qui i “riconoscimenti” che a suo giudizio sarei stato costretto a fare. Nessuna costrizione, dunque, perché non ho mai voluto celare alcunché ma solo riequilibrare un giudizio storico inficiato da secoli da una propaganda nata per ragioni politiche e che la storiografia ha finalmente superato. Inoltre se pensa di toccarmi con la presunta accusa di fobia “cattocomunista” si sbaglia di grosso e non perché abbia simpatie di sinistra ma perché sono da anni un critico severo delle derive neoconservatrici di certi settori del mondo cattolico. Piuttosto mi sembra che Lei sia molto a digiuno circa l’importanza storica dell’elaborazione giuridica della Scuola di Salamanca che, se certo non era sic et simpliciter la soluzione universale del grave problema, è stata, però, la fonte di un successivo sviluppo sia ecclesiale (essendo stata all’origine del formarsi della coscienza cristiana circa i diritti umani, secondo legge di natura), sia extra-ecclesiale (essendo essa all’origine del moderno diritto internazionale). Quel che Lei non ha capito è che nell’articolo non c’è alcuna giustificazione dei crimini dei conquistadores ma solo l’affermazione, condivisa oggi dalla maggior parte degli storici anche non cattolici, che lo sforzo della Chiesa e della corona asburgica per la tutela degli indios fu assiduo e costante ed è innegabile. Il che non significa che i coloni non cercassero di sottrarsi alla legislazione pro-indios e che, lontani da Madrid e dalle capitali dei vice-regni coloniali, non riuscissero spesso a farla franca. Ma la repressione dei crimini, nella fase di riconversione coloniale, era perseguita dalle autorità ecclesiali e civili senza infingimenti. Per quanto riguarda la schiavitù dei negri, la invito ad evitare spiritosaggini fuori luogo. Cosa le fa ritenere che lo scrivente non sappia che in Europa essa fosse presente e che traffici del genere passassero anche per porti e terre spagnole, per motivi politici o economici? Ciò non toglie, però, che tale schiavitù non era affatto legalizzata, piuttosto tollerata, nelle terre coloniali ispaniche, mentre altrove trovava ampio riconoscimento legale. Dunque, per chiudere, un amichevole invito: maggior prudenza nel giudicare scritti altrui, cercando, piuttosto, di coglierne i veri obiettivi togliendosi gli occhiali del risentimento verso ambienti a Lei ostili e con i quali non lo scrivente non ha nulla a che fare, salvo il fatto che anche con essi lo scrivente è disposto a dialogare come lo è con Lei e con chiunque (ho amici ed interlocutori sia tra i tradizionalisti che tra i progressisti come anche tra i moderati: riconosco a tutti la stessa dignità che, però, pretendo sia dagli altri riconosciuta a me).
Un saluto e auguri di un Santo Natale e Felice Anno Nuovo.
Luigi Copertino

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