Antonio Di Pietro poliziotto del pensiero

Paola Concia non la racconta giusta: quello che emerge infatti – dopo la bocciatura del suo ddl – è che il reato di omofobia attiene, eccome, ai reati d’opinione. Sono 13 gli stati europei che puniscono penalmente la discriminazione per motivi di orientamento sessuale, con sanzioni che riguardano proprio il cosiddetto “hate speech” contro soggetti Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali).[1]

Del resto, già nel 2005 Mons. Ignacio Barreiro scriveva al riguardo:

“La promulgazione in diversi paesi di leggi di protezione dei cosiddetti “orientamenti sessuali” è particolarmente grave per diversi versanti, perché costituiscono una seria minaccia alla libertà di espressione, compresa la religiosa”.[2]

Gli esempi non mancano: nel 2004 fu addirittura l’allora Cardinale Ratzinger, in un’intervista a Repubblica, a richiamare l’attenzione su un pastore luterano che – in Svezia – finì in carcere per aver predicato sull’omosessualità in base a un brano della Scrittura.[3]

Qualcuno si sta adoperando affinché anche qui in Italia accadano episodi del genere. Mi riferisco ad un presunto paladino dell’articolo 21 della Costituzione quale Antonio Di Pietro che, circa un anno fa, ha presentato un progetto di legge sui reati d’opinione molto più duro del ddl Concia.[4]

Il tentativo è quello di reintrodurre in toto la famigerata Legge Mancino[5] estendendone l’applicazione, appunto, alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale. Non è che, in questo, Di Pietro abbia fatto un grande sforzo: il suo progetto è costituito da un solo articolo, copiato integralmente dall’articolo 1 del ddl Mastella 1694 del 2007[6], quello presentato per reprimere il “negazionismo” (e ritirato dopo l’imprevisto appello degli storici capitanati dal prof. Marcello Flores[7]).

Non è curioso, che su una materia delicata come questa il “paladino” Di Pietro si comporti come un clone del suo odiato antagonista di Ceppaloni?

In questi casi, l’occasione fa l’uomo demagogo, e quella di cogliere due piccioni con una fava, mietendo consensi presso due lobby potenti come quella sionista e quella gay, ha conquiso entrambi.

Nel suo approccio poliziottesco, Di Pietro va più in là persino dell’analogo ddl “antinegazionista” Fiano-Allam[8] di qualche mese fa: le pene “rieducative” da lui previste non sono più alternative al carcere (come auspicato da Emanuele Fiano) ma tornano ad essere “accessorie” come nella Legge Mancino (e quindi aggiuntive al periodo da trascorrere dietro le sbarre dai “criminali del pensiero”, revisionisti o cattolici imprudenti che siano).

Qualcuno a questo punto potrebbe dire: per fortuna che Silvio c’è!

Il punto è che un Berlusconi, per come agisce, ha il torto precisamente di spianare la strada – alla lunga – a demagoghi come Di Pietro.

[1] http://www.abruzzo24ore.tv/articolo/Roma-dice-no-all-omofobia-Ma-la-politica-italiana-resta-indietro/479.htm
[2] Alfa e Omega, Anno II, N°2 – Marzo/Aprile 2005, p. 26.
[3] http://paparatzinger2-blograffaella.blogspot.com/2008/12/intervista-tutto-campo-di-marco-politi.html
[4] http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/stampati/pdf/16PDL0014740.pdf
[5] http://xenu.com-it.net/txt/mancino.htm
[6] http://www.astrid-online.it/Le-pari-op/Atti-parla/XV-legisla/AS-1694.pdf
[7] http://www.micciacorta.it/articolo.php?id_news=375
[8] http://emanuelefiano.it/home/index.php?option=com_content&task=view&id=127&Itemid=30

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