Vincenzo Vinciguerra: L’onore di averli contro (su Avanguardia Ordinovista)

Vincenzo Vinciguerra: L’onore di averli contro (su Avanguardia Ordinovista)

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Stefano Manni

  

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Dal sito Archivio
Guerra Politica:

http://www.archivioguerrapolitica.org/?p=5848

L’onore di averli contro

Opera, 22 febbraio 2015
Non si era ancora arrestata l’ondata di fango
sollevata dall’inchiesta “Mafia capitale”, a Roma, che ha
chiarito fin troppo bene quali siano i vincoli di “cameratismo”
che uniscono uomini e gruppi dell’estrema destra romana, che è
esploso, per essere subito soffocato sulla stampa, il caso di
“Avanguardia ordinovista” guidata dall’ennesimo “duce”
scaturito dalla pochezza morale e intellettiva degli estremisti di
destra italiani, Stefano Manni, ex sottufficiale dei carabinieri.
Dai
delinquenti romani agli “uomini d’ordine” di “Avanguardia
ordinovista” emerge un mondo omogeneo di cui fanno parte tutti i
cosiddetti “neofascisti, compresi quelli che sfuggono
all’attenzione delle cronache, pseudo storici, giornalisti falliti,
ex ”condottieri” di questo o di quel gruppo, bombaroli a riposo,
confidenti in pensione.
Hanno, difatti, in comune la storia di un
passato dal quale non vogliono né possono distaccarsi, che hanno
ricostruito a proprio uso consumo e che perpetuano nella memoria
rifilandolo ai giovani ed ai giovanissimi che coinvolgono
emotivamente distogliendoli da un’azione politica che molti fra
questi ragazzi avrebbero la capacità e la volontà di fare.
È
l’ultimo, in ordine di tempo, servizio reso al regime da parte di
un”neofascismo” che il regime ha creato, utilizzato e alimentato
fino ad oggi.
Emerge dalle conversazioni dei personaggi coinvolti
nell’inchiesta su “Avanguardia ordinovista” il convincimento di
costoro di avere come “maestri” gli ideatori della “strategia
della tensione”, i Freda, i Signorelli, i Delle Chiaie, i Rauti e
così via, ritenuta ancora attuabile e, questa volta, vincente.
Si
ripropongono, di conseguenza, di costituire un partito politico con
una struttura palese ed ufficiale ed una clandestina e occulta, la
prima destinata a raccogliere i consensi dei cittadini che gli
attentati, anche stragisti, compiuti dalla seconda faranno confluire
su di essa.
In ambito privato, costoro si vantano di quello che
pubblicamente i loro pseudo storici e giornalisti falliti negano: di
aver aderito alla “strategia della tensione”, di aver utilizzato
l’arma della strage, di aver colluso con gli apparati delle Stato
per giungere ad un potere condiviso, prima, ed esercitato in proprio,
dopo.
Il loro è un delirio che poggia su un cumulo di menzogne
che si tramandano sottovoce, negli anni, su fatti e personaggi.
Così
si raccontano che “Borghese aveva previsto tutto, Borghese aveva
detto a Delle Chiaie tu vai al Ministero delle Telecomunicazioni,
aveva detto a Signorelli tu vai al Ministero dell’Interno”.
Junio
Valerio Borghese, con Randolfo Pacciardi, Edgardo Sogno ed altri,
aveva partecipato ad un’operazione iniziata nel 1968 e conclusa nel
1974, che doveva portare alla costituzione di un governo di
centro-destra, a maggioranza democristiana, guidato da un
democristiano (Giulio Andreotti, il candidato prescelto), capace di
porre fuori legge il Partito comunista italiano e i gruppi della
sinistra extra parlamentare utilizzando le norme vigenti del codice
penale.
Un governo che avrebbe avuto il riconoscimento diplomatico
della Grecia, della Spagna, di Israele, fra i primi, quindi di quello
americano e tedesco-federale.
Un governo sorto dalla proclamazione
temporanea dello stato di emergenza (come richiesto dal presidente
della Repubblica Giuseppe Saragat la sera del 12 dicembre 1969), nel
quale non ci sarebbe stato posto per i manovali del ” golpe” come
Delle Chiaie, Signorelli e compari ma solo per Giuseppe Pella,
Randolfo Pacciardi, ed altri esponenti dell’antifascismo
anticomunista.
Per quanti ammirano i “duci” in sedicesimo del
neofascismo di regime, lo stragismo appare come un mezzo lecito per
giungere al potere o, almeno, per racimolare voti.
Così, si
propongono di fare “6-7 mila attentati sanguinari”, di
“riprendere la strada dell’ITALICUS”, di “colpire
metropolitane tipo Bologna, Milano, Roma per incutere terrore nella
popolazione”.
Propositi che sono coerenti con quanto hanno
predicato in passato i loro “maestri”.
L’arma della strage
contro la popolazione civile venne utilizzata in maniera sistematica
dagli ebrei in Palestina, a partire dall’11 novembre 1937, per
obbligare gli arabi ad abbandonare i quartieri e le località nelle
quali volevano insediarsi.
L’arma della strage contro la
popolazione civile venne utilizzata anche dall’Oas,
l’organizzazione militare atlantica sostenuta dagli americani, nel
tentativo di mantenere l’Algeria sotto il controllo francese.
In
Italia, a farsi promotore dello stragismo come lecito mezzo di lotta
è Clemente Graziani, gregario di Pino Rauti, che nel mese di aprile
del 1963, sulla rivista “Quaderni di Ordine nuovo”, nell’articolo
intitolato “La guerra rivoluzionaria”, spiega i massacri compiuti
dall’Oas, scrivendo:
“Questo concetto implica la possibilità
di uccidere vecchi, donne e bambini. Queste forme d’intimidazione
terroristica sono, oggi, non solo ritenute valide, ma, a volte,
assolutamente necessarie per il conseguimento di un determinato
obiettivo”.
Il radicamento di questo concetto nelle deboli menti
di tanti estremisti di destra alle dipendenze dei servizi segreti
nazionali ed internazionali ha prodotto le stragi italiane da piazza
Fontana a Bologna.
Nessuno nel mondo del neofascismo di regime lo
ha rimosso, tant’è che nel 2014 personaggi che screditerebbero
qualsiasi ideologia politica ritengono che massacrare italiani nelle
metropolitane, nelle stazione e sui treni sia il modo più adeguato
per andare al potere e salvare il Paese, non più dai comunisti ma
dagli immigrati.
Quanti, ancora oggi, si affannano a smentire che
gli “utili idioti” del neofascismo di regime siano stati i
protagonisti della stazione delle stragi sono ora smentì ti
dall’interno dai loro “camerati” che, con loro, condividono
l’ammirazione per Franco Freda, Mario Tuti, Valerio
Fioravanti.
Sarà proprio per questa ragione che la stampa ha
fatto calare un silenzio totale sui protagonisti dell’inchiesta
relativa ad “Avanguardia ordinovista”.
La corretta lettura
degli eventi storici relativi al neofascismo di Stato, difatti, non
conviene alla stampa ed ai suoi storici asserviti.
Privi di una
identità politica e culturale, incapaci di comprendere la differenza
che passa fra l’ideologia e la dottrina del fascismo ed il pensiero
dello studioso non fascista Julius Evola, smarriti
nell’autocompiacimento di ritenersi una “élite di eroi”, una
“minoranza eroica”, spiriti liberi e uomini della Tradizione che
combattono “soli contro il mondo”, alla prova dei fatti riescono
solo a concepire “colpi di Stato” da fare con l’appoggio ed il
sostegno delle forze politiche e militari del regime che dovrebbero
combattere.
Non è un caso che Stefano Manni, ex carabiniere,
abbia inventato per rallegrare i suoi “camerati” l’esistenza di
un “centro studi Ordine nuovo” di cui sarebbe stato a capo un
generale dei carabinieri in pensione.
Leo Longanesi diceva che in
Italia la rivoluzione si fa con l’autorizzazione dei carabinieri,
ma i neofascisti di regime non hanno mai osato pensare di fare una
rivoluzione che si sviluppa partendo dal basso, cioè dal popolo, ma
hanno solo concepito di porsi agli ordini dei’ “corpi sani”
dello Stato per fare il “golpe” che può essere compiuto solo da
persone che si trovano ai vertici del potere, cioè dall’alto.
Fra
bevute di birra, qualche rissa, concerti rock, commemorazioni,
stolide alleanze con gli ex secessionisti della Lega nord, gli stessi
che con il Tricolore si vantavano di “pulirsi il culo”, saluti
romani, croci e corna celtiche, i neofascisti del sistema brancolano
nel buio dell’ignoranza, della stupidità, della codardia
sostanziale che li spinge a stare sempre dalla parte dei più forti,
ad avere come prostitute i loro protettori nei partiti politici e
nelle Questure, perché a tutto pensano meno che a combattere “soli
contro il mondo” ,”eroi” sì ma con prudenza.
Nessuna
autocritica su un passato costellato di infamie, anzi se ne vantano e
si propongono, in privato, come gli inventori della ”strategia
della tensione”, per i quali i massacri indiscriminati sono onore e
merito così come la dipendenza da i servizi segreti e dai corpi di
polizia spacciata come furbissima operazione di “infiltrazione”
nei “gangli vitali” del regime.
Peccato che questi
“infiltrati” siano finiti a pedate nel sedere nelle galere e
nelle aule dei Tribunali senza poter ricattare loro lo Stato che,
vice-versa, hanno dovuto proteggere con la loro pavida omertà per
essere, a loro volta, protetti e salvati.
A conti fatti, rivendico
l’onore di averli contro, di averli come nemici contro i quali è
sufficiente il disprezzo di chi appartiene all’aristocrazia dello
spirito e mai è curato dei giudizi e degli attacchi della plebe,
delle “piccole scimmie saltellanti” che urlano il loro furore
contro chi vive al di sopra delle loro miserie e delle loro
viltà.
Fascista si, neofascista mai.
Vincenzo Vinciguerra

Bruno Di Luia arringa la folla ai funerali di Pino Rauti

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