Intervista di Angela Corrias con Andrea Giacobazzi

Intervista di Angela Corrias con Andrea Giacobazzi

Intervista di Angela Corrias
con Andrea Giacobazzi
 

1. In questi anni alcune tue
pubblicazioni hanno suscitato un certo clamore.
I temi affrontati, in effetti, sembrano piuttosto scottanti. Come
potremmo inquadrarli brevemente?
 

L’Asse Roma Berlino Tel Aviv e Il
fez e la kippah
parlano dei rapporti delle organizzazioni ebraiche e
sioniste con l’Italia fascista e la Germania nazionalsocialista. Alcuni tra i
temi affrontati sono: la presenza massiccia di ebrei tra i dirigenti dello Stato
fascista, il caso del giornale ebraico-fascista La Nostra Bandiera, i progetti di fascistizzazione del sionismo, gli
intensi scambi tra i dirigenti sionisti e l’Italia in campo politico, il
rapporto privilegiato dei sionisti-revisionisti di Jabotinsky (la cosiddetta
“destra” del movimento) con le organizzazioni di regime e in particolare la
nascita, presso la scuola marittima di Civitavecchia, di un corso ebraico,
nucleo della futura marina israeliana. In ambito tedesco: l’esistenza di gruppi
organizzati di ebrei “assimilati” favorevoli all’instaurazione del
nazionalsocialismo, la presenza tutt’altro che ridotta di esponenti di origine
ebraica nelle forze armate tedesche, le fonti finanziarie del regime hitleriano,
l’importante accordo “nazi-sionista” dell’Haavara
(per il trasferimento delle proprietà ebraiche in Palestina), gli Umschulungsläger (campi di addestramento
per i pionieri sionisti presenti in Germania), le collaborazioni con i
sionisti-revisionisti ed in particolare le proposte di alleanze di guerra
avanzate dal gruppo sionista Lehi al
Terzo Reich in cambio d’aiuto per la creazione dello Stato ebraico. Ovviamente
a questi esempi se ne aggiungono molti altri che nell’insieme compongono un
quadro di relazioni tutt’altro che trascurabile. Recentemente ho scritto il
saggio introduttivo che ha accompagnato la ripubblicazione di Sionismo Bifronte (1935), un libro di
Ettore Ovazza: firma de La Nostra
Bandiera
, banchiere israelita, antisionista
convinto e fascista fierissimo. Come descritto nella Nota Editoriale, Ovazza era stato “marciatore su Roma, probo
cittadino, silenzioso mecenate, fedele ed entusiasta combattente della milizia
politica” e onorato “da due udienze del Duce”. Nel testo conduce una dura polemica contro il “sionismo
nazionalista”, visto come movimento pericolosamente ambiguo e fomentatore
indiretto di sentimenti antiebraici. 

2. Quali sono stati i problemi che hai incontrato dopo la pubblicazione? 

Diciamo che le
polemiche non sono mancate. Parlare di questi temi significa toccare
direttamente alcuni dei miti su cui si fonda una parte non secondaria degli
attuali rapporti politici, in particolare nell’area vicinorientale. Per certi
versi si può dire che lo spettro della Seconda Guerra Mondiale non è stato
ancora scacciato dall’agone della politica internazionale. A questo aspetto si
aggiunge una certa forma mentis, sovraccarica
di conformismo, in base alla quale non si può concepire l’ebraismo se non in
forma di “eterna vittima della storia”. Si tratta di una evidente deformazione
della realtà, deformazione che viene denunciata anche dai più avveduti studiosi
ebrei. Nonostante questo, continua a sussistere una irriducibile e potente
tendenza, in particolare in Europa e in Nord America, a vedere come pericolosa
qualunque ricerca che vada in una direzione diversa rispetto a quanto voluto da
certi censori.

 

3. Di cosa sei stato accusato e da chi?  

La lista
dovrebbe essere lunga, facciamo alcuni esempi. Quando presentai il mio primo
libro nella città in cui sono nato, l’Associazione dei partigiani antifascisti
arrivò a scrivere un comunicato in cui si diceva che le teorie del convegno a
cui avevo partecipato potevano addirittura favorire la diffusione di fenomeni
terroristici. Quando poi uscirono le locandine del mio secondo libro si arrivò
nell’ambito del comico. Il vice-presidente della Comunità ebraica di Milano
chiese sulla stampa la rimozione dei manifesti pubblicitari e l’annullamento
della presentazione, all’albergo dove doveva tenersi la conferenza arrivò una
lettera in cui si accusava il proprietario di ospitare la “feccia nazista e
antisemita”. Un importante sito d’informazione come Lettera43 arrivò a pubblicare un articolo dal titolo “Milano, nazi
alla Padana”. I quotidiani Repubblica
e Il Giorno non furono da meno, il
primo parlò di “manifesti antisemiti”, il secondo di “attacco agli ebrei”.
Diversi siti come FocusOnIsrael,
Osservatorio Antisemitismo e Mosaico
(sito della comunità ebraica)
ripresero la notizia denunciando a vario titolo il presunto “pericolo
antisemitismo”.

Quello stesso
giorno un deputato del Partito Democratico – attraverso un comunicato
dell’Agenzia di stampa parlamentare – parlò 
del cartellone raffigurante la copertina de Il fez e la kippah dicendo: i manifesti “apparsi oggi nell’atrio
dell’Università Cattolica di Milano rappresentano un episodio gravissimo, sul
quale mi auguro ci saranno conseguenze in applicazione della cosiddetta legge
Mancino [legge che punisce l’istigazione all’odio razziale]. Auspico che gli
inquirenti vogliano verificare la natura e le finalità di questo gruppo studentesco
e il contenuto del convegno che in questi manifesti si annuncia. Nei prossimi
giorni chiederò un incontro al ministro della Giustizia Severino per verificare
la possibilità di una approvazione del disegno di legge presentato dal Pd per
una revisione che renda più efficace la legge Mancino contro ogni forma di
discriminazione e di intolleranza”.

Fu poi la
volta del Coordination Forum for
Countering Antisemitism
, organo composto da rappresentanti del Governo
israeliano, Anti-Defamation League,
Agenzia Ebraica
: preparò una scheda sui “fatti di Milano” tradotta in
diverse lingue tra cui francese, spagnolo, ebraico, arabo e, credo, russo.

Questi alcuni
degli episodi. Si potrebbero aggiungere anche le quasi continue richieste di mobilitazione
fatte da alcuni fora contro le presentazioni dei miei libri e altri fatti
affini. 

 
4. Perché secondo te le accuse di razzismo e di
antisemitismo non sono fondate?
 

Con la ricerca
storica il razzismo non dovrebbe avere alcuna inerenza. Quanto all’
“antisemitismo” bisogna chiarirsi sul significato della parola a prescindere
dell’uso comune. Etimologicamente significa “contro i semiti”. È interessante
notare che tradizionalmente vengono catalogati come semiti non solo gli ebrei
ma anche gli arabi, molto più numerosi. Se ogni atteggiamento antiarabo, ad
esempio nell’area vicinorientale, venisse catalogato come “antisemita” ci
troveremmo di fronte ad alcuni curiosi paradossi.

L’uso che
viene fatto qui in Europa della parola antisemita è distorto ed esagerato,
ormai vengono marchiati come “antisemiti” anche tutti quegli ebrei (israeliani
compresi) che si dissociano da certi schemi. La definizione di “ebreo che odia
se stesso”  [self-hating jew], ha colpito
ormai molti giornalisti, studiosi e ricercatori. È di alcuni mesi fa l’uscita
su un sito ebraico italiano di un articolo dal titolo: “Sono ebrei, antisemiti
e molti insegnano nelle università israeliane” [G. Meotti, su Kolòt]. In esso si distinguono diversi
nomi tra cui Naomi Chazan, Shlomo Sand, Nevè Gordon, Ze’ev
Sternhell, Ilan Pappe, Norman Finkelstein, Noam Chomsky.

Negli ultimi
anni è stato particolarmente celebre il caso del prof. Ariel Toaff, duramente
ed ingiustamente attaccato per il suo libro Pasque
di Sangue
, sugli omicidi di bambini cristiani nel Medio Evo.

5. Quali sono le influenze che la lobby ebraica ha sul
parlamento italiano?
 

Ci sono Stati
in cui esistono lobbies ebraiche dichiarate (e non solo ebraiche) che agiscono
pubblicamente per l’ottenimento dei loro scopi. Negli Stati Uniti il caso
dell’AIPAC è eclatante.

In Italia gli
ebrei sono pochi, qualche decina di migliaia. Non credo che la sera si trovino
dopo cena per elaborare le loro strategie. È però evidentissimo che anche nel
nostro Paese ci sono alcuni agguerritissimi esponenti che di tanto in tanto
fanno sentire la loro voce per cercare di imporre questo o quel provvedimento.
Ciò che ho detto prima ne è in parte la prova.

Ciclicamente
in Italia si parla di proposte di legge pericolosamente liberticide, per ora
senza nessun risultato concreto. In questo momento è allo studio il ddl Amati,
una sorta di legge-bavaglio che vuole imporre la storia per decreto.

6. Quali sono i provvedimenti che le autorità italiane
possono prendere per l’accusa di antisemitismo?
 

Nel caso in
cui il presunto “antisemitismo” rientri sotto la categoria di “odio razziale”
si fa riferimento alla già citata legge Mancino, una legge penale: prevede il
carcere per chi la trasgredisce. Detto questo, va sottolineato che è non è
frequente l’utilizzo di questa legge in casi concreti. Quando l’On. Fiano ne
richiese l’applicazione in relazione alla locandine e alla presentazione del
mio libro, il fatto fu giustamente ignorato dalle autorità competenti.

Nel resto d’Europa
però la situazione è diversa ci sono Stati in cui non è difficile essere penalmente
perseguiti per le proprie opinioni o per i risultati delle proprie ricerche.

7. Quali sono secondo te le conseguenze che tali
provvedimenti e l’atteggiamento generale hanno nei confronti della libertà
di informazione/espressione/ricerca?
 

In Italia – nonostante
i tentativi descritti poco fa in relazione al disegno di legge Amati – c’è
ancora una sostanziale libertà in questo campo ma il problema non è solo
legale, è anche mediatico. Qualunque ricercatore o giornalista che voglia
uscire dal selciato – definito da certi censori dell’ortodossia storica e
politica – deve prepararsi ad essere attaccato pubblicamente ed esposto a
contestazioni gratuite e pregiudiziali. Quasi mai questi censori si assumono la
fatica di leggere i testi e di ascoltare le conferenze che condannano. Dopo le
polemiche del 2011-2012, quando le presentazioni dei miei libri ebbero luogo
non si presentò al dibattito nessuno degli esponenti della comunità ebraica e
nessuno dei giornalisti che avevano scritto contro l’evento.
Strano, ero convinto
che avessero qualche argomentazione da esporre.

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