Tripoli, 1997: quando Nelson Mandela ruppe l’embargo contro la Libia

Tripoli, 1997: quando Nelson Mandela ruppe l’embargo contro la Libia

Jean-Paul Pougala è uno scrittore di origine camerunese, direttore dell’Institut d’Etudes Géostratégiques e professore di sociologia all’Université de la Diplomatie di Ginevra. Ha scritto qualche giorno fa un articolo molto importante intitolato LE MENSONGES DE LA GUERRE DE L’OCCIDENT CONTRE LA LIBYE[1]. Da tale articolo, che mi riprometto di tradurre integralmente quanto prima, presento ora il 4° paragrafo:
GHEDDAFI: L’AFRICANO CHE HA PERMESSO DI LAVARE L’UMILIAZIONE DELL’APARTHEID
Gheddafi è nel cuore di quasi tutti gli africani come un uomo molto generoso e umanista per il suo sostegno disinteressato alla lotta contro il regime razzista del Sudafrica. Se Gheddafi fosse stato un uomo egoista, nulla lo avrebbe obbligato ad attirarsi le ire degli occidentali per aver sostenuto finanziariamente e militarmente l’ANC[2] nella sua lotta contro l’Apartheid. È per questo che, appena liberato dai suoi 27 anni di prigione, Mandela decise di rompere, il 23 ottobre 1997, l’embargo delle Nazioni Unite contro la Libia. A causa di questo embargo, anche aereo, da 5 lunghi anni nessun aereo poteva atterrare in Libia. Per arrivarci, bisognava prendere un aereo per la Tunisia; arrivare a Gerba e continuare in macchina, per 5 ore, per Ben Gardane, passare la frontiera e risalire, in tre ore di rotta, il deserto fino a Tripoli. Oppure, passare per Malta e fare la traversata di notte, su delle imbarcazioni malridotte, fino alla costa libica. Un calvario per tutto un popolo, solo per punire un solo uomo. Mandela decise di rompere questa ingiustizia e, rispondendo all’ex presidente americano Bill Clinton, che aveva giudicato questa visita «illegale», insorse: «Nessuno Stato può arrogarsi il ruolo di gendarme del mondo, e nessuno Stato può ordinare agli altri quello che devono fare», e aggiunse: «Quelli che ieri erano gli amici dei nostri nemici, hanno oggi la faccia tosta di propormi di non visitare il mio fratello Gheddafi, ci consigliano di essere ingrati e di dimenticare i nostri amici di ieri». In effetti, per l’Occidente, i razzisti del Sudafrica erano i fratelli che bisognava proteggere. È per questo che tutti i membri dell’ANC erano considerati dei pericolosi terroristi, ivi compreso Nelson Mandela. Bisognerà attendere il 2 luglio 2008, perché il Congresso americano voti una legge per togliere il nome di Nelson Mandela e dei suoi compagni dell’ANC da questa lista nera, non perché hanno compreso l’idiozia di una tale lista ma perché si voleva fare un gesto per i 90 anni di Nelson Mandela. Se gli occidentali sono veramente pentiti del loro sostegno di ieri ai nemici di Mandela e sono veramente sinceri quando gli intitolano delle strade e delle piazze, come continuare a fare la guerra a colui che ha permesso la vittoria di Mandela e del suo popolo: Gheddafi?  

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