Gilad Atzmon: l’Olocausto non è un racconto storico

Gilad Atzmon: l’Olocausto non è un racconto storico

VERITÀ, STORIA E INTEGRITÀ

Di Gilad Atzmon, 13 Marzo 2010[1]

Nel 2007, la famigerata organizzazione ebraica americana di destra, l’ADL (Anti-Defamation League) annunciò che riconosceva gli eventi in cui si calcola vennero massacrati un milione e mezzo di armeni come “genocidio”[2]. Il direttore nazionale dell’ADL, Abraham Foxman, sostenne di aver preso la decisione dopo aver discusso della questione con degli “storici”. Per qualche imprecisato motivo, non riuscì a menzionare chi fossero questi storici, né fece riferimento alla loro credibilità o al loro ambito di studi. Ma Foxman si consultò anche con un sopravvissuto dell’olocausto che approvò la decisione. Si trattava di Elie Wiesel, non conosciuto per essere un esperto dei massacri armeni.

L’idea di un’organizzazione sionista sinceramente preoccupata, o addirittura vagamente commossa, per le sofferenze di altri popoli potrebbe davvero essere un cambiamento epocale nella storia ebraica. Ma questa settimana abbiamo appreso che l’ADL è ancora una volta coinvolta nel dilemma delle sofferenze degli armeni. Non è più convinta che gli armeni soffrirono così tanto. Ora sta facendo pressione sul Congresso americano affinché non riconosca le uccisioni degli armeni come “genocidio”. Questa settimana ha visto l’ADL “prendere posizione contro il riconoscimento, da parte del Congresso, del genocidio degli armeni e sostenere invece l’appello della Turchia per una commissione che studi gli eventi”[3].

Come mai un evento che ebbe luogo un secolo fa suscita un tale scalpore? Un giorno viene generalmente classificato come “genocidio”, il giorno dopo viene ridotto al caso ordinario di un uomo che ne uccide un altro. È stato un documento storico che, da chissà dove, è saltato sulla scrivania di Abe Foxman? Ci sono nuove rivelazioni sostanziali che hanno portato ad un cambiamento di prospettiva così drammatico? Non penso sia questo il caso.

Il comportamento dell’ADL è un colpo d’occhio sulla nozione di storia ebraica e sulla comprensione ebraica del passato. Per l’ebreo nazionalista e politico, la storia è un racconto pragmatico, è un resoconto elastico. È estranea a ogni metodo scientifico o accademico. La storia ebraica va oltre le regole di fattualità, di veridicità o di corrispondenza rispetto ad una data visione della realtà. Ripugna ad essa anche l’integrità o l’etica. Preferisce di gran lunga la sottomissione totale al pensiero creativo o critico. La storia ebraica è un racconto fantasmatico per fare in modo che gli ebrei siano felici e che i goyim si comportino bene. Sta lì per fare gli interessi di una tribù e solo di quella tribù. In pratica, dalla prospettiva ebraica, la decisione se c’è stato o no un genocidio armeno dipende dagli interessi ebraici: se è un bene per gli ebrei o se è un bene per Israele.

È interessante notare come la storia non sia una “specialità ebraica”. È un fatto accertato che tra il 1° secolo (Flavio Giuseppe[4]) e l’inizio del 19° secolo (Isaak Markus Jost[5]) non è stato scritto neanche un solo testo storico ebraico. Per quasi 2.000 anni gli ebrei non erano interessati al passato, loro o di chiunque altro. Almeno non abbastanza da registrarlo. In fatto di interessi, un esame adeguato del passato non fu mai una priorità per la tradizione rabbinica. Una delle ragioni è che probabilmente non c’era nessun bisogno di un tale sforzo metodico. Per l’ebreo che viveva nell’antichità e nel Medio Evo, c’era nella Bibbia materia sufficiente per rispondere alle domande più importanti sulla vita quotidiana, sul senso e sul destino ebraico. Come lo storico israeliano Shlomo Sand rimarca, “il tempo cronologico profano era estraneo al “tempo della Diaspora” che veniva modellato dall’attesa per la venuta del Messia”.

Tuttavia, alla metà del 19° secolo, alla luce della secolarizzazione, dell’urbanizzazione, dell’emancipazione, e a causa della diminuita autorità dei rabbini, tra gli ebrei europei che si stavano affrancando sorse imperioso il bisogno di una motivazione alternativa.Di colpo, l’ebreo emancipato doveva decidere chi era e da dove veniva. Egli iniziò anche a congetturare quale poteva essere il suo ruolo nella società occidentale in rapida espansione.

Ecco dov’è che la storia ebraica, nella sua accezione moderna, venne inventata. Ecco, anche, dove il giudaismo venne trasformato da religione mondiale in un “catasto” dalle implicazioni razziali ed espansionistiche chiaramente devastanti. Come sappiamo, la tesi di Shlomo Sand sulla “Nazione ebraica” come invenzione favolistica deve essere ancora confutata a livello accademico. Tuttavia, la liquidazione della realtà fattuale o dell’impegno alla veridicità è effettivamente sintomatica di ogni forma di ideologia e di politica collettiva ebraica contemporanea. L’atteggiamento dell’ADL verso la questione armena è solo un esempio. La liquidazione da parte dei sionisti di un passato e di un retaggio palestinese è solo un altro esempio. Ma di fatto ogni visione collettiva ebraica del passato è intrinsecamente giudeo-centrica e ignara di ogni procedura accademica o scientifica.

Quando ero giovane

Quando ero giovane e ingenuo consideravo la storia come una seria materia accademica. Poiché avevo capito che la storia ha a che fare con la ricerca della verità, i documenti, la cronologia e i fatti. Ero convinto che la storia dovesse trasmettere un resoconto sensato del passato basato su una ricerca metodica. Credevo anche che essa si basasse sul presupposto che capire il passato possa gettare una qualche luce sul nostro presente e persino aiutarci a delineare la prospettiva di un futuro migliore. Sono cresciuto nello stato ebraico e mi ci volle un bel po’ per capire che il racconto storico ebraico è molto differente. Nel ghetto intellettuale ebraico, si decide come deve essere il futuro, poi si costruisce un “passato” alla bisogna. È interessante notare che questo stesso metodo è prevalente anche tra i marxisti. Essi plasmano il passato in modo che quadri graziosamente con la loro visione del futuro. Come dice la vecchia battuta ebraica: “quando i fatti non si conformano all’ideologia marxista gli scienziati sociali comunisti correggono i fatti (piuttosto che rivedere la teoria)”.

Quando ero giovane, non pensavo che la storia fosse una questione di decisioni politiche o di accordi tra una fanatica lobby sionista e il suo sopravvissuto dell’olocausto preferito. Consideravo gli storici come degli studiosi impegnati in adeguate ricerche che seguivano procedure rigorose. Quando ero giovane ho persino pensato di diventare uno storico.

Quando ero giovane e ingenuo ero anche convinto, in qualche modo, che quello che ci veniva detto sul nostro passato ebraico “collettivo” fosse realmente accaduto. Credevo a tutto, al Regno di Davide, a Masada, e poi all’Olocausto: al sapone, ai paralumi[6], alle marce della morte, ai sei milioni.

Mi ci sono voluti molti anni per capire che l’Olocausto, il nocciolo della fede ebraica contemporanea, non era affatto un racconto storico perché un racconto storico non ha bisogno della legge e dei politici. Mi ci sono voluti anni per afferrare che la mia trisavola non era stata trasformata in una “saponetta” o in un “paralume”. Ella probabilmente morì di sfinimento, di tifo o forse addirittura in una fucilazione di massa. Tutto ciò era già abbastanza brutto e tragico, eppure non molto differente dal destino di molti milioni di ucraini che impararono cos’era davvero il comunismo. “Alcuni dei peggiori sterminatori della storia furono ebrei”, scrive il sionista Sever Plocker[7] sul sito israeliano Ynet, divulgando l’Holodomor[8] e il convolgimento ebraico in questo crimine colossale, probabilmente il più grande crimine del 20° secolo. Il destino della mia trisavola non fu in alcun modo differente da quello di centinaia di migliaia di civili tedeschi che morirono, perché erano tedeschi, a causa di bombardamenti deliberatamente indiscriminati. In modo analogo, gli abitanti di Hiroshima morirono solo perché erano giapponesi. Un milione di vietnamiti morirono solo perché erano vietnamiti e 1.3 milioni di iracheni sono morti perché erano iracheni. In breve: le tragiche circostanze della mia trisavola non furono così speciali, dopo tutto.

Non ha senso

Mi ci sono voluti anni per accettare che il racconto dell’Olocausto, nella sua forma corrente, non ha alcun senso storico. Ecco qui soltanto un piccolo aneddoto da elaborare:

se, per caso, i nazisti volevano gli ebrei fuori del loro Reich (Judenrein – libero dagli ebrei) o addirittura che morissero, come sostiene il racconto sionista, come mai ritornarono nel Reich a centinaia di migliaia alla fine della guerra? Questa semplice domanda mi ha intrigato per un pezzo. Alla fine, mi sono buttato in una ricerca storica sull’argomento e ho finito con l’apprendere dal professore israeliano di storia dell’olocausto Israel Gutman[9] che i prigionieri ebrei in realtà si unirono alle marce volontariamente. Ecco una testimonianza tratta dal libro di Gutman:

“Uno dei miei amici e parenti al campo venne da me la notte dell’evacuazione e mi offrì un luogo per nasconderci insieme da qualche parte sulla strada dal campo alla fabbrica…L’intenzione era di lasciare il campo con uno dei convogli e di fuggire vicino al cancello, utilizzando l’oscurità per allontanarci un po’ dal campo. La tentazione fu molto forte. Ma, tutto considerato, decisi poi di unirmi (alla marcia) con tutti gli altri detenuti e di condividere il loro destino” (Israel Gutman [curatore], People and Ashes: Book AuschwitzBirkenau, Meravia, 1957).

Qui sono rimasto perplesso: se i nazisti ad Auschwitz-Birkenau dirigevano una fabbrica della morte, perché i prigionieri ebrei si unirono a loro alla fine della guerra? Perché gli ebrei non aspettarono i loro liberatori rossi?

Penso che 65 anni dopo la liberazione di Auschwitz dovremmo avere il diritto di cominciare a porre le domande necessarie. Dovremmo chiedere prove e argomenti storici conclusivi invece di seguire un racconto religioso che è tenuto in piedi dalle pressioni politiche e dalle leggi. Dovremmo privare l’olocausto del suo status eccezionale giudeo-centrico e trattarlo come un capitolo storico che appartiene ad una certa epoca e ad un certo luogo.

65 anni dopo la liberazione di Auschwitz dovremmo reclamare la nostra storia e chiedere: perché? Perché gli ebrei erano odiati? Perché gli europei insorsero contro i loro vicini della porta accanto? Perché gli ebrei sono odiati in Medio Oriente? Sicuramente hanno avuto la possibilità di aprire una nuova pagina nella loro storia travagliata. Se pensavano sinceramente di agire in tal senso, come i primi sionisti affermavano, perché hanno fallito? Perché l’America inasprì le sue leggi sull’immigrazione quando gli ebrei europei erano minacciati da un crescente pericolo? Dovremmo anche chiedere: che scopo hanno le leggi contro il negazionismo dell’olocausto? Cosa nasconde la religione dell’olocausto? Fino a quando non riusciremo a fare domande, saremo soggetti ai complotti dei sionisti e dei loro agenti neocon. Continueremo a uccidere in nome delle sofferenze ebraiche. Manterremo la nostra complicità nei crimini imperialisti occidentali contro l’umanità.

Per quanto ciò sia devastante, in un dato momento di una certa epoca, ad un capitolo orribile è stato concesso uno status di eccezionalità metastorica. La sua “fattualità” è stata blindata con leggi draconiane e il suo discorso è stato protetto da disposizioni sociali e politiche. L’Olocausto è diventato la nuova religione occidentale. Purtroppo, è la religione più sinistra a memoria d’uomo. È una licenza di uccidere, di distruggere, di usare armi nucleari, di violentare, di rubare e di compiere pulizie etniche. Abbiamo fatto della vendetta e della rappresaglia dei valori occidentali. Ma molto più preoccupante è il fatto che essa priva l’umanità del suo retaggio: sta lì per impedirci di guardare il nostro passato con dignità. La religione dell’Olocausto priva l’umanità del suo umanesimo. Per amore della pace e delle future generazioni l’Olocausto deve essere privato immediatamente del suo status di eccezionalità. Deve essere sottoposto ad un esame storico approfondito. La verità e la ricerca della verità sono un’espeirenza umana elementare. Devono prevalere.

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.gilad.co.uk/WRITINGS/TRUTH-HISTORY-AND-INTEGRITY-BY-GILAD-ATZMON.HTML
[2] http://www.adl.org/PresRele/Mise_00/5114_00.htm
[3] http://www.wickedlocal.com/watertown/news/x776893655/Jewish-Armenian-coalition-launches-Armenian-Genocide-recognition-effort
[4] http://www.ccel.org/j/josephus/works/JOSEPHUS.HTM
[5] http://en.wikipedia.org/wiki/Isaak_Markus_Jost
[6] Durante e dopo la seconda guerra mondiale venne largamente creduto che dai corpi delle vittime ebree venissero prodotti saponette e paralumi. In anni recenti, il museo israeliano dell’Olocausto ha ammesso che non c’era verità in nessuna di queste accuse.
[7] http://engforum.pravda.ru/showthread.php?t=264714 , tradotto qui: https://www.andreacarancini.it/2008/03/gli-ebrei-di-stalin/ .
[8] http://www.holodomorthemovie.com/
[9] http://www.youtube.com/watch?v=jhDu_Y1sPiE

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