L’Olocausto: sterminio o assimilazione?

Il rabbino Israel Meir Lau, ex rabbino capo di Israele e attuale presidente dello Yad Vashem, ha detto che “l’assimilazione è oggi per il popolo ebreo la più grande minaccia, anche più dell’antisemitismo e del terrorismo” (http://www.ejpress.org/article/35149 ). Dicendo questo, il rabbino ha citato statistiche riguardanti gli Stati Uniti che mostrano che su 100 ebrei della prima generazione solo tre rimangono ebrei una volta arrivati alla quarta generazione.

Questa notizia (e il relativo articolo) ha suscitato il seguente commento di Friedrich Paul Berg:

Le implicazioni del detto articolo sono enormi.

Ci si può chiedere se oggi è all’opera qualche sorta di processo di sterminio. Negli Stati Uniti, in tutto il periodo postbellico, su 100 ebrei ne sono rimasti solo tre [a conservare la propria identità] arrivati alla quarta generazione. Questo articolo conferma il mio punto di vista che la grande maggioranza degli ebrei “scomparsi” alla fine della seconda guerra mondiale NON erano stati uccisi dai nazisti ma avevano semplicemente abbandonato la propria identità ebraica. E, perché no? Non c’è dubbio, molti “convertiti” ripresero dopo la guerra la propria identità – ma molti altri non lo fecero. Quanti furono questi ultimi è la domanda importante. A giudicare dalla volontà degli ebrei di abbandonare la propria “ebraicità” – a partire dalla fine della guerra – in base al detto articolo, il numero degli ebrei che agirono in tal modo durante la guerra va valutato in milioni.
Dovremmo iniziare a parlare di un olocausto mediante conversione e collaborazione – e assolutamente NON mediante sterminio fisico. E allora, che fare? Ne importerà qualcosa alle persone ragionevoli? Penso di no, tranne che questa cosa rivela, in generale, la pazzia dell’olocausto.

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