Il ruolo degli ebrei nelle primarie

DOZZINE DI SUPERDELEGATI EBREI POTREBBERO AVERE LA CHIAVE DELLE PRIMARIE

Di Jennifer Siegel, 20 Marzo 2008[1]

Secondo una nuova indagine condotta dal Forward, una percentuale sproporzionatamente alta di super-delegati del Partito Democratico è ebraica. Molti di loro hanno dichiarato il proprio sostegno a Hillary Clinton, fino a costituire più del 15% dei suoi attuali sostenitori.

Come in genere accade tra i super-delegati – il cui sostegno rimane mutevole – diversi sostenitori ebrei della senatrice di New York hanno detto nel corso di interviste che i loro voti rimangono a disposizione di chi li vuole. Detto questo, più di 70 super-delegati ebrei faranno il viaggio per Denver, la prossima estate, per il raduno della nomina del candidato democratico alle presidenziali. Essi costituiscono circa un decimo degli 800 circa super-delegati del partito (il termine super-delegato designa gli eletti e i funzionari di partito il cui status come delegati al raduno non dipende dalle primarie e dai caucus[2] degli stati).

Se le primarie dei democratici si decideranno al foto-finish, questi ebrei accreditati potrebbero esercitare un ruolo preponderante nel consacrare il candidato al raduno del partito di Agosto. E sarebbe un’esperienza memorabile: sebbene gli ebrei vengano da lungo tempo considerati un formidabile blocco elettorale, e siano super-rappresentati tra i ranghi degli attivisti e dei pensatori liberali del paese, sono diventati solo ultimamente membri abituali dell’establishment del Partito Democratico, con una rappresentanza senza precedenti sia per quanto riguarda i funzionari eletti che i dirigenti di partito.

“La politica in America è diventata una professione ebraica, proprio come le arti liberali e la giurisprudenza”, ha detto Ira Forman, direttore esecutivo del National Jewish Democratic Council, e autore di un libro sugli ebrei e la politica americana. “Adesso siamo super-rappresentati in tutti questi settori”.

Il numero relativamente alto di ebrei tra i super-delegati evidenzia un più vasto mutamento politico avvenuto negli ultimi decenni, secondo Forman. Sebbene gli ebrei siano sempre stati ben rappresentati nella sinistra americana, egli dice, storicamente tendevano a gravitare più verso obbiettivi particolari, come i movimenti per il lavoro e per i diritti civili, piuttosto che verso una partecipazione attiva alla politica di partito.

Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, tuttavia, il numero dei politici ebrei è cresciuto in modo significativo, con 33 esponenti ebrei eletti al Congresso nel 2006, dai 13 che erano nel 1950. Inoltre, negli ultimi 15 anni, il DNC (Democratic National Committee) è stato guidato da tre presidenti ebrei – il capo degli “Americans for Peace Now” Debra DeLee; l’attivista del Massachusetts Steve Grossman, e il Governatore della Pennsylvania Ed Rendell, tutti sostenitori adesso della Clinton – mentre il presidente attuale, l’ex governatore del Vermont Toward Dean, è sposato a una donna ebrea e ha educato i propri figli come ebrei. Dei nove funzionari nazionali del DNC, tre sono ebrei.

Susan Turnbull, che è diventata vice-presidente del DNC nel 2005, ha detto al Forward che ha iniziato a organizzare incontri per membri ebrei del DNC alle riunioni nazionali del partito negli ultimi anni, e comunica occasionalmente via e-mail su problemi di interesse comune come quando, alcuni anni fa, ha aiutato a far passare in seno al DNC una risoluzione contro il disinvestimento da Israele.

Per compilare una lista di super-delegati ebrei, il Forward ha incluso funzionari eletti e membri del DNC conosciuti sui giornali come ebrei, La Turnbull ha identificato ulteriori membri ebrei del DNC, e la lista del Forward è stata verificata dai responsabili delle campagne della Clinton e di Obama. Tale lista può aver omesso dei super-delegati ebrei la cui appartenenza religiosa non è notoria.

Nelle attuali primarie presidenziali, il sostegno dei super-delegati ebrei è particolarmente importante per la Clinton, che ha vinto le competizioni di New York, del New Jersey e della California e ha il sostegno assicurato di una maggioranza di super-delegati ebrei del Golden State e del Nordest – inclusa una dozzina circa del suo stato di provenienza di New York.

Nelle ultime settimane, mentre il senatore dell’Illinois Barack Obama si è assicurato un numero maggiore di nuovi super-delegati e ha strappato alla Clinton alcuni super-delegati che all’inizio si erano impegnati in favore della sua avversaria, i sostenitori della Clinton si sono adoperati per rafforzare il suo consenso e per contrastare la crescente percezione da parte di molti all’interno del partito che se Obama conserva la sua attuale supremazia nel voto popolare, come pure nel numero totale di stati e di delegati, i super-delegati finiranno per associarsi a lui.

I super-delegati “non sono stati selezionati dal partito a livello nazionale per essere come piante dentro i vasi o come timbri di gomma”, ha scritto Grossman, uno dei principali raccoglitori di fondi della Clinton, in una lettera aperta da lui spedita nei giorni scorsi ai membri del DNC. La lettera ha invitato coloro che sono ancora indecisi a sospendere la propria decisione sulla competizione in corso fino a quando saranno concluse tutte le primarie all’inizio di Giugno.

In un’intervista al Forward, Grossman sosteneva che se il risultato della combattuta Florida verrà conteggiato e se la Clinton andrà forte nelle restanti primarie, il risultato complessivo sarebbe non risolutivo e rientrerebbe nella responsabilità dei super-delegati votare secondo coscienza.

Ma a dispetto degli sforzi per assicurarsi il loro sostegno nelle ultime settimane, diversi super-delegati ebrei che sono attualmente già schierati hanno detto al Forward che essi potrebbero cambiare il loro voto.

“Mi trovo tra l’incudine e il martello”, ha detto June Fisher, 76 anni, membro del DNC proveniente dal New Jersey, che ha lavorato per diversi democratici nel corso di una lunga carriera politica, e che attualmente lavora come coordinatrice part-time di progetti speciali per il senatore Bob Menendez. Mentre la Fisher aveva appoggiato la Clinton dopo che la sua scelta iniziale – il senatore Joseph Biden del Delaware – era uscita di scena, ella ha detto che sarebbe disponibile a riconsiderare la propria decisione – e questo a dispetto di due telefonate ricevute dall’ex presidente Bill Clinton, delle quali una proprio nelle ultime due settimane.

Rachel Binah, un’attivista democratica di lungo corso proveniente dalla California settentrionale, ha detto di essersi impegnata in favore della senatrice di New York dopo aver ricevuto “pesanti pressioni”, incluse telefonate sia da parte di Chelsea che di Hillary Clinton. Binah ha spiegato il suo dilemma in termini alquanto più spicci.

“Chiunque abbia un po’ di buon senso non lo avrebbe dichiarato, e se io fossi intelligente non lo direi”, ha detto Binah al Forward. “Ma come si può dire di no alla ex first lady, e potenzialmente prima donna presidente, che ti parla di persona per 20 minuti al telefono?”
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.forward.com/articles/12998/
[2] Il caucus è, in senso generico, un incontro che si svolge tra i sostenitori di un partito politico o di un movimento.

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